Per una Benevento più verde Ambiente

L’autunno è arrivato, chi ha ben lavorato raccoglie. Tutti, però, preparano il terreno per la semina e l’impianto di nuove essenze. Se qualcuno crede che Benevento possa diventare città-giardino (noi ci  crediamo) è tempo di rimboccarsi le maniche. Ecco qualche proposta in pillole.

Colorare i percorsi

Benevento ha avuto una espansione qualcuno dice esagerata. Ne conseguono tratti stradali sicuramente urbani ma privi di insediamenti abitativi. Ecco i luoghi meglio vocati per sperimentare forme di abbellimento e di sanificazione ambientale. Il verde si può manifestare con macchie di diverse colorature e può essere arricchito dalle fioriture lungo tutto l’arco dell’anno. Specie ideali per macchie di abbellimento anche per scarpate? Solo qualche esempio: oleandro, biancospino, spirea bianca e blu, corbezzolo, rosellina, glicine,lavanda, corbezzolo (sempreverde con frutti rossi in inverno), alloro, ginestra, bosso, felce, hibiscus siriacus (quello rustico di colore azzurro), erica, plumpago (fiori di color celeste da maggio ad ottobre), pyracantha (fiori bianchi a primavera e palline rosse da settembre a tutto l’inverno), pesco selvatico (fiori da dicembre a tutto febbraio). E poi  perenni che tollerano l’aridità: aloe, echeria, agavi, fichi d’India; rampicanti, viti canadese, campanule, o resistenti alla siccità. Vogliamo provare a riempire con tratti di cinque metri per ogni gruppo di essenze via Aldo Moro, discesa via Luigi Intorcia, le scarpate dell’anello tangenziale, piazzale dei terminal bus, lungofiumi?

Aiuole rotatorie chi le ha rasate?

E’ giusto, per le aiuole al servizio delle rotatorie, pensare ad essenze che non ostacolino la visibilità e non distraggano i conducenti. Il ligustrino potrebbe rappresentare una soluzione di facile gestione, basta tenerlo a trenta centimetri e non fa crescere neanche l’erbaccia. Impossibile mantenere un prato inglese, anche perché quando arrivano i rasatori distruggono tutto. A proposito, il Comune consegna ai rasatori una mappa delle piante esistenti nelle aree di verde pubblico? O ha autorizzato, nelle campagne di devastazione selvaggia, la estirpazione delle magnolie japoniche a via Aldo Moro o gli arbusti alla rotatoria davanti al palazzo Nardone di Via Meomartini?

Igiene vegetale

Anche le piante hanno bisogno di igiene, l’operazione principale è la potatura. Ma pure la eliminazione di essenze infestanti fa parte della toletta che un bell’albero storico si merita. Il principale infestante è l’ailanto, volgarmente chiamato cazzone. Succede che, invece, riceva cure e attenzioni, vedi quello lungo il muro di recinzione della Provincia in Via del Sole. O quelli più maestosi dell’Ospedale Rummo, ma lì non sappiamo se ci deve pensare il Comune o il direttore generale dipendente da De Luca.

Spontaneismi e caturanismo

I cazzoni nascono spontaneamente, il vento prova un piacere matto a portarne in giro i semi. E mai che un seme non riesca nella fatica di far nascere il cazzoncello. Bisogna estirpare, non affidarsi al tagliaerbe, perché quello mette una infinità di germogli. Altra questione è quella delle migliaia di alberi (tra pini e cipressi amazzonici) messi a dimora negli anni ‘60 dal bememerito Centro Turistico Giovanile (CTG) di don Luigi Caturano. Al prete della Pietà non si poteva negare ciò che la Forestale distribuiva di buon grado. Ebbene, quegli alberelli così graziosi e quindi piantati dappertutto anche a distanza minima da alberi già fatti, in certi casi devono solamente sparire. Prendete i due pini di fronte alla chiesa dell’Angelo. Danno fastidio ai più prestigiosi abeti e crescono storti per la legittima necessità di cercare la luce.

I pini del Viale degli Atlantici

Il Viale degli Atlantici, a differenza del Viale Castello al quale furono dedicati i lecci, subì il fascino dei pini di Roma. Ma era un Viale che si snodava in aperta campagna e la maggior parte dei pini è cresciuta diritta. Poi sono arrivati i palazzi e, dopo la ripavimentazione sotto il sindaco D’Alessandro, anche un’ardita potatura per far superare alla chioma l’altezza delle lampade della pubblica illuminazione. Condizioni ottimali per costringere gli alberi a contorsioni che oggi chiamano in causa decisioni drastiche. Ma prima di passare ad una demolizione sommaria, si possono abbassare le chiome installando lampioni più corti e salvare alcuni esemplari in salute a titolo di reperto storico-culturale. Non si dimentichi che gli alberi sono costitutivi del paesaggio, tutelato espressamente dalla Costituzione. Anche quello originato, come il nostro Viale, per opera del Fascismo.

Lecci, peri e querce a Via Aldo Moro

I nuovi marciapiedi si sono meritati una alberata. Bene, piante di una certa consistenza non sono state spuntate e ora crescono come se fossero pioppi. La spuntatura è la prima operazione per conferire una forma. Si ha idea di quale forma devono prendere le querce e i peri selvatici del rinnovato viale? Lo stesso dicasi dei lecci, sempre lungo via Aldo Moro, nei pressi dei palazzi Bocchino, lasciati senza uno straccio di potatura: è tempo di dar loro una forma di albero. Idem per i quattro pini a via Pacevecchia. Sarebbe meglio sostituirli con qualche oleandro, ma se devono sopravvivere meritano una sostanziosa potatura.

No capitozzatura

Quando fu assessore Enrico Castiello, venne emanato il regolamento comunale del verde. Il prossimo 1° dicembre cade il decennale della sua entrata in vigore. L’art. 38 vieta la capitozzatura, sanzionata con una multa da 50 a 300 euro. Quando scrisse I promessi sposi, Alessandro Manzoni avrebbe inserito tra le “Grida” anche il regolamento Castiello, sol che l’avesse conosciuto.

Colorare il sottobosco

Un pensiero gentile per la nostra bella villa comunale. Oltre a dotare di targhette le specie pregiate che ci sono, perché non convincersi che per buona parte si tratta di un bosco? Quindi lasciar perdere il prato (avete mai visto pecore pascere in un bosco?) e cominciare con i bulbi dei ciclamini e lasciamo fare alla natura...

Utilizzare l’acqua piovana

Gli alberi hanno bisogno di spazio per attingere la luce naturale e per ricevere l’acqua piovana necessaria (e gratuita) per le radici. Le aiuole di fine viale degli Atlantici si possono pavimentare lasciando uno spazio adeguato nei pressi degli abeti dove far confluire, dando l’opportuna pendenza alla pavimentazione, l’acqua piovana. Quelle aiuole sempre spelacchiate non servono a niente. Per la storia, le aiuole inizialmente avevano le palme. La nevicata e le gelate di febbraio 1956 ne decretarono la fine. Per la sostituzione si pensò ad alberi adatti a climi freddi e gli abeti scelti hanno un loro pregio. E una certa età.

Rinforzo e grazia per le scarpate

Le scarpate dell’anello periferico, tagliate le robinie, se ne stanno scendendo: occorre rimpallarle di terreno e affidare a piante adatte il loro consolidamento. Anche le scarpate del ponte Morandi meriterebbero un po’ di colore. E che dire della passeggiata di asfalto rosso sul greto del fiume Calore? Salici, giunchi, sambuco, felci e canneti. La desertificazione delle zone ripariali, auspicata da quelli che vogliono la morte delle zoccole, è espressamente vietata da convenzioni internazionali che intendono tutelare le biodiversità. D’altra parte, se ci fate caso, zoccole e affini sono comparsi lungo i viali della Ferrovia proprio quando si è provveduto in maniera dissennata a desertificare il letto del fiume. Se si lascia vivere (beninteso con qualche controllo) l’ambiente vegetale fluviale, zoccole e affini non avranno più bisogno, per alimentarsi, di andare al bar.

Alternanza scuola-lavoro

Perché il Comune non propone un accordo di consulenza con l’Istituto Professionale per l’Agricoltura “Mario Vetrone”? Sarebbe una seria occasione per sperimentare l’altrimenti chiacchierologica e inutile alternanza scuola-lavoro. Impegnandosi nella manutenzione di una parte del patrimonio vegetale comunale, i ragazzi farebbero vera esperienza e potrebbero coltivare l’ambizione di fare un domani il mestiere di giardiniere, magari costituendo piccole società per la gestione dei giardini privati. Ce ne sono tanti e i diplomati IPA andrebbero a svolgere un lavoro decoroso, piuttosto che mirare alla noia di una scrivania a stipendio fisso (e di fame).

Testi e foto Mario Pedicini

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