Arcidiocesi di Benevento-Eucaristia e vissuto cristiano:i risultati d’una indagine. Chiesa Cattolica
Si è appena concluso il Primo Congresso Eucaristico della Chiesa beneventana, voluto tenacemente dall’Arcivescovo mons. Serafino Sprovieri. Tante le personalità intervenute: card. Caprio in apertura e card. Ratzinger alla conclusione, i vescovi Agostino, Lambiasi e Zerrillo, i monsignori Mazza e Bonetti, don D’Ercole e don L’Arco, lo scienziato Zichichi e Maria Fido Moro.
Uno dei contributi più significativi ed appropriati è stato offerto dagli studenti dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Redemptor Hominis” di Benevento che hanno portato a termine un’indagine su “Eucaristia e vissuto cristiano nell’arcidiocesi di Benevento”, pubblicata il 25 maggio 2002 per i tipi dell’Auxiliatrix di Benevento e distribuita a sacerdoti, religiosi, religiose, studenti dello Studio Teologico, dello stesso Istituto e ai numerosi operatori pastorali. Il lavoro, dopo la prefazione del Direttore, si divide in quattro parti: L’Eucaristia nel vissuto cristiano e nella società; Il culto eucaristico nella diocesi di Benevento;
Il pane e il vino nel culto religioso;
Il miracolo eucaristico di Lanciano. Il tutto in una pubblicazione agile ed elegante di 71 pagine.
Le schede, strumento mirato dell’indagine, sono state distribuite su di un saggio significativo e rappresentativo della società della provincia.
Si è cercato di raggiungere le realtà territoriali più rappresentative della diocesi senza, tuttavia, tralasciare paesi più piccoli, normalmente ritenuti, a torto, marginali rispetto a tendenze e ad orientamenti.
I questionari sono stati organizzati per fasce anagrafiche, attività lavorative e grado d’istruzione. Ampio spazio è stato riservato a domande tendenti a chiarire il grado di assiduità alla pratica religiosa per coloro che si dichiarano credenti. In definitiva si è cercato di avere un quadro complessivo e significativo del modo di rapportarsi del credente sannita nei confronti del mistero eucaristico e del bagaglio di conoscenze storiche, teologiche e sociali che esso possiede.
I risultati dell’indagine, analizzati per ogni singola domanda prima ed in generale poi, appaiono significativi e insieme poco consolanti: oltre il 40% “si va a sentire la Messa”, una buona percentuale partecipa più attivamente ma sempre in modo automatico e distratto alla celebrazione, pochi coloro che “vivono” il mistero eucaristico; solo un’esigua minoranza (25%) ha affermato di partecipare ai canti; per oltre il 90% è solo il sacerdote il celebrante ed è bassissima la consapevolezza del ruolo della comunità;
la stragrande maggioranza considera la Chiesa come il luogo fisico dove “si dice la Messa”; altro dato sorprendentemente alto è quella della recita del Rosario e di orazioni personali durante la Messa; ancora alta la convinzione che per dare validità alla celebrazione basti “arrivare al vangelo” mentre per altri basterebbe arrivare “prima della consacrazione”; quanto alla conoscenza biblica si rileva che il libro più diffuso (almeno il 70% delle famiglie ne possiede una copia) è il meno letto e il meno conosciuto;
per molti fedeli, inoltre, le omelie sono “troppo lunghe e pesanti”e soprattutto “poco attuali”. Nella stragrande maggioranza (94%) gli intervistati si sono dichiarati credenti, appena un 5% non credenti ed un residuo 1% dichiara di appartenere ad altre religioni (in maggioranza Testimoni di Geova).
Francamente è difficile conciliare tale dato con la realtà, a meno di non voler individuare un generico “credere” personale che ognuno ha o presume di avere; per molti questa pratica è di natura occasionale (54%) mentre solo un 30% è assiduo. L’impressione, suffragata dalle risposte, è che ad un generico senso religioso e di appartenenza, ampiamente diffuso anche nelle nuove generazioni, si accompagna una superficialità ed un indifferentismo preoccupante, quasi bastasse dichiarare la propria appartenenza per surrogare la fede, la conoscenza e la pratica.
E’ grave infine constatare che le risposte errate vengono soprattutto da quelli che sono in possesso di un titolo di studio superiore, segno che non basta il diploma o la laurea per vincere la sconcertante e diffusa ignoranza religiosa. Dunque aveva veramente ragione l’Arcivescovo mons. Sprovieri a volere tenacemente questo Primo Congresso Eucaristico della Chiesa beneventana perché costituisse un momento serio ed onesto di verifica. Se l’Eucaristia è il “cuore della Chiesa” allora bisogna dire che i credenti sono ammalati di cuore ed occorre, dopo la diagnosi, una puntuale ed energica terapia. Quella che Giovanni Paolo II ama definire “La nuova evangelizzazione”.
Pasquale Maria Mainolfi
(Da Realtà Sannita n. 10 / 1.15 giugno 2002 pag. 1)
Uno dei contributi più significativi ed appropriati è stato offerto dagli studenti dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Redemptor Hominis” di Benevento che hanno portato a termine un’indagine su “Eucaristia e vissuto cristiano nell’arcidiocesi di Benevento”, pubblicata il 25 maggio 2002 per i tipi dell’Auxiliatrix di Benevento e distribuita a sacerdoti, religiosi, religiose, studenti dello Studio Teologico, dello stesso Istituto e ai numerosi operatori pastorali. Il lavoro, dopo la prefazione del Direttore, si divide in quattro parti: L’Eucaristia nel vissuto cristiano e nella società; Il culto eucaristico nella diocesi di Benevento;
Il pane e il vino nel culto religioso;
Il miracolo eucaristico di Lanciano. Il tutto in una pubblicazione agile ed elegante di 71 pagine.
Le schede, strumento mirato dell’indagine, sono state distribuite su di un saggio significativo e rappresentativo della società della provincia.
Si è cercato di raggiungere le realtà territoriali più rappresentative della diocesi senza, tuttavia, tralasciare paesi più piccoli, normalmente ritenuti, a torto, marginali rispetto a tendenze e ad orientamenti.
I questionari sono stati organizzati per fasce anagrafiche, attività lavorative e grado d’istruzione. Ampio spazio è stato riservato a domande tendenti a chiarire il grado di assiduità alla pratica religiosa per coloro che si dichiarano credenti. In definitiva si è cercato di avere un quadro complessivo e significativo del modo di rapportarsi del credente sannita nei confronti del mistero eucaristico e del bagaglio di conoscenze storiche, teologiche e sociali che esso possiede.
I risultati dell’indagine, analizzati per ogni singola domanda prima ed in generale poi, appaiono significativi e insieme poco consolanti: oltre il 40% “si va a sentire la Messa”, una buona percentuale partecipa più attivamente ma sempre in modo automatico e distratto alla celebrazione, pochi coloro che “vivono” il mistero eucaristico; solo un’esigua minoranza (25%) ha affermato di partecipare ai canti; per oltre il 90% è solo il sacerdote il celebrante ed è bassissima la consapevolezza del ruolo della comunità;
la stragrande maggioranza considera la Chiesa come il luogo fisico dove “si dice la Messa”; altro dato sorprendentemente alto è quella della recita del Rosario e di orazioni personali durante la Messa; ancora alta la convinzione che per dare validità alla celebrazione basti “arrivare al vangelo” mentre per altri basterebbe arrivare “prima della consacrazione”; quanto alla conoscenza biblica si rileva che il libro più diffuso (almeno il 70% delle famiglie ne possiede una copia) è il meno letto e il meno conosciuto;
per molti fedeli, inoltre, le omelie sono “troppo lunghe e pesanti”e soprattutto “poco attuali”. Nella stragrande maggioranza (94%) gli intervistati si sono dichiarati credenti, appena un 5% non credenti ed un residuo 1% dichiara di appartenere ad altre religioni (in maggioranza Testimoni di Geova).
Francamente è difficile conciliare tale dato con la realtà, a meno di non voler individuare un generico “credere” personale che ognuno ha o presume di avere; per molti questa pratica è di natura occasionale (54%) mentre solo un 30% è assiduo. L’impressione, suffragata dalle risposte, è che ad un generico senso religioso e di appartenenza, ampiamente diffuso anche nelle nuove generazioni, si accompagna una superficialità ed un indifferentismo preoccupante, quasi bastasse dichiarare la propria appartenenza per surrogare la fede, la conoscenza e la pratica.
E’ grave infine constatare che le risposte errate vengono soprattutto da quelli che sono in possesso di un titolo di studio superiore, segno che non basta il diploma o la laurea per vincere la sconcertante e diffusa ignoranza religiosa. Dunque aveva veramente ragione l’Arcivescovo mons. Sprovieri a volere tenacemente questo Primo Congresso Eucaristico della Chiesa beneventana perché costituisse un momento serio ed onesto di verifica. Se l’Eucaristia è il “cuore della Chiesa” allora bisogna dire che i credenti sono ammalati di cuore ed occorre, dopo la diagnosi, una puntuale ed energica terapia. Quella che Giovanni Paolo II ama definire “La nuova evangelizzazione”.
Pasquale Maria Mainolfi
(Da Realtà Sannita n. 10 / 1.15 giugno 2002 pag. 1)