Colloquiando con il mio Dio. Nel libro di Pasquale Bizzarro un inno gioioso alla vita Chiesa Cattolica

Personalmente ricordo l’autore Pasquale Bizzarro poco più che adolescente, quando di sovente faceva visita alla nonna paterna, Augusta, nella mia stessa frazione di origine, la Pirozza, nel Comune di Cervinara. Ammirato da tutti per bellezza, gentilezza, bontà e intelligenza vivacissima. E’ nato a San Leucio del Sannio nel 1949 nella casa dei nonni materni. Ha poi vissuto a Benevento dove, nel 1968, ha conseguito la licenza liceale scientifica all’Istituto “Rummo”. Si è poi laureato in Ingegneria Civile all'Università “Federico II” di Napoli e si è tuffato generosamente nell’impegno professionale e sociale.

Ha progettato e diretto lavori molto importanti come il rifacimento della stazione ferroviaria Appia di Benevento, danneggiata dal sisma del 1980, il restauro del Palazzo De Simone e del Teatro La Salle, il restauro della Basilica Delle Grazie, la nuova Piazza dei Commestibili nel capoluogo sannita e la direzione dei lavori in diverse chiese di Cervinara.

A 40 anni è stato colpito dal morbo di Parkinson, evento che lo ha profondamente segnato, spingendolo con vivissima sensibilità alla presidenza dell’Associazione Parkinson Campana. E’ sposato e padre di una figlia.

Il libro: “Colloquiando con il mio Dio” - Europa Edizioni, Roma 2019, riporta in copertina la sagoma di un uomo che contempla il mare in un rosso tramonto. 142 pagine con 5 immagini capofila interpretative di 67 composizioni poetiche, più 18 illustrazioni tra fotografie, dipinti e annunci giornalistici. La dedica alla sorella Augusta e al nipote Alberto, molto presenti nella solitudine scaturita dalla sua malattia, e agli zii Marino e Annamaria Varricchio, icone senza tempo di giorni felici.

Nella prefazione Pamela Michelis sottolinea l’originalità del testo che appare come una sorta di vademecum sulla realtà odierna, interpretata dalla riflessione e dall’esperienza umana dello stesso autore, segnata intensamente dalla sofferenza, dalla puntuale conoscenza biblica e da un amore superiore a quello effimero che scaturisce dalla fede insieme ad una grande forza di volontà che tutto sublima e trasfigura.

Due le icone poste dall’autore a conclusione del suo tormentato e luminoso percorso:

1) quella del pittore norvegese Edward Munch “L’urlo” o “Il grido di Munch”, incarnazione di tutta l’umanità e di ogni essere umano che si libera della sua angoscia con un urlo straziante, dove il tramonto color rosso sangue vuole rappresentare una sensazione di terrore e di disperazione e, nelle linee ondeggianti risucchiate da un vortice, la perdita di equilibrio, la precarietà dell’essere umano, l’inarrestabilità del tempo e la ineluttabilità del destino;

2) quella del disegno ad inchiostro del volto di Padre Pio da Pietrelcina impregnato di una trascendenza che profuma di Eternità. Dunque un sincero, faticoso e cordiale abbraccio tra Terra e Cielo! Il messaggio teologico-esistenziale di questa fatica letteraria compiuta dall’ingegner Pasquale Bizzarro può essere così sintetizzato dalle parole di luce della poetessa Alda Merini: «E poi la vita ci insegna che bisogna sempre volare in alto... Più in alto dell’invidia, più del dolore, della cattiveria... Più in alto delle lacrime, dei giudizi. Bisogna sempre volare in alto, dove certe parole non possono offenderci, dove certi gesti non possono ferirci, dove certe persone non potranno arrivare mai».

Il dono di una fede schietta e vivace comunica sempre, al nostro poeta, la forza per volare in alto come un aquilone. Pasquale Bizzarro conosce molto bene l’antico detto: «Fare un libro è meno che niente, se il libro scritto non rifa’ la gente» e Pasquale Bizzarro è riuscito ad offrirci un valido contributo per la formazione di un costume, di un ethos di notevole spessore etico-religioso che, mentre distoglie dalla vertigine del vuoto, assiologico ed esistenziale, orienta gli animi all’accettazione empatica e gioiosa della vita.

PASQUALE MARIA MAINOLFI