Valentino Ferarra, il sorriso di Dio Chiesa Cattolica

Sembra appena ieri ed invece sono passati già 14 anni da quando nel 2010, presso il Palazzo dei Congressi delle Terme di Telese, dinanzi ad una fiumana di persone, presentai il libro di Nicola Ferrara “La mia seconda vita”. Un volume di 187 pagine dove l’autore racconta in sei capitoli la storia drammatica e commovente della esplosione di una bomba, residuato bellico della seconda guerra mondiale, che mutilò le sue braccia e lo rese cieco, causando anche la tragica morte del fratello maggiore Valentino, di 16 anni di età.

Invece dello sconforto e della ribellione Nicola scelse di mettere al servizio degli altri la sua seconda vita: ritiro spirituale con l’Unitalsi di Benevento, il primo viaggio a Lourdes, la scelta coraggiosa del volontariato, l’incontro con la futura sposa Nunzia, i due figli Valentino e Angelo, la fondazione dell’Amasi con il riconoscimento ufficiale di Mons. Michele De Rosa, Vescovo della Diocesi di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata de’ Goti, la dedizione totale per gli ammalati e i disabili, molteplici iniziative, campi scuola, viaggi ai Santuari di Lourdes, Fatima, Loreto, Siracusa, straordinarie “cliniche dello spirito per il mondo moderno”, come ebbe a definirle il Papa Paolo VI.

Dunque il 14 aprile 1971, il giorno della sua “morte”, ma anche il giorno della sua “rinascita”. Tutto questo non poteva avvenire senza una forte motivazione ed una fede granitica capace di “spostare le montagne” (cf. Matteo 17,20). Introdussi perciò la prefazione a quel volume con questo titolo: “Dal dolore fiorisce l’amore”. Il giorno della presentazione del libro, Valentino, primogenito di Nicola, lesse dinanzi a tutti l’ “Inno alla Vita” di Madre Teresa di Calcutta, che ebbi la gioia di incontrare il 23 maggio 1997 in Roma, ma Valentino, giunto alle parole “la vita è preziosa, abbine cura” con voce spezzata dalla commozione, esplose in un pianto dirotto che gli impedì di giungere alla conclusione. Poi, Valentino subito si riprese, concluse la lettura e col suo ammaliante sorriso e la sua premurosa accortezza che lo distinguevano portò acqua freschissima a Mons. De Rosa ed a me.

Chi lo avrebbe mai immaginato che a distanza di 14 anni sarebbe toccato ancora a me correggere le bozze e provvedere alla prefazione di un altro libro di Nicola Ferrara dal titolo: “Voglio toccare il cielo” sgorgato ancora una volta da un fiume di dolore umanamente incomprensibile ed indescrivibile: la morte dell’amatissimo primogenito Valentino, ad appena 16 anni di età.

Un antico adagio, recita: “fare un libro è meno che niente, se il libro scritto non rifà la gente”. La lettura attonita e attenta di questa pubblicazione di Nicola Ferrara ha ferito e conquistato la mia anima e sono certo non lascerà indifferente il lettore che attraverso questa storia di lacrime e di speranze percorrerà la via di una sincera conversione per abbandonare le vertigini del vuoto assiologico ed esistenziale, scegliendo ciò che nella vita è realmente essenziale e prezioso in ordine alla Storia da abitare ed amare e all’ Eternità da preparare ed attendere: “Parliamo di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria…Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano (Prima Lettera ai Corinzi 2, 6-9).

Così Nicola Ferrara, aiutato e sostenuto dalla straordinaria ed eroica bontà di Nunzia, dalla dolcezza disarmante, di Angelo e dal sostegno di una moltitudine di amici e collaboratori, ricorrendo il decimo anniversario dell’ingresso in cielo di Valentino, raccoglie le “foglie sparse del gelido autunno” e realizza un corposo volume in dieci capitoli, dove le dolci e pesanti memorie ed i ricordi recenti si mescolano insieme ad una folgorante scintilla d’ispirazione sincera che trasfigura il tutto in un poema d’amore stile “Amarcord”.

Valentino alla nascita prende il nome dello zio morto tragicamente alla sua stessa età, vive un’adolescenza satura di amore, campione e capitano nello sport, sorridente, premuroso, generoso, felice, vuole “Toccare il Cielo”, il dragone infernale della malattia del secolo “come un tessitore arrotola la sua giovane vita” (cf. Isaia 38,12) e l’11 giugno 2014 il giovanissimo atleta fa il suo ingresso trionfale in Paradiso e poiché, oltre la morte rimane l’amore, Valentino rimane, con sogni e segni straordinari “con noi”, continua a vivere immerso in Dio ma, affacciato alla finestra del Cielo, illumina il nostro cammino, esorta, incoraggia, sfida le nostre lentezze e paure e con soprannaturale audacia e potenza ci invita ad abbandonare il pianto, abbracciare la Croce gloriosa, servire i fratelli e costruire col sorriso “la civiltà dell’amore”.

Il linguaggio dell’autore è semplice, immediato, perché Nicola Ferrara detta come parla ma giunge sempre al cuore del lettore perché le sue parole tracimano come torrente carsico dalla roccia ruvida del dolore vissuto e della “speranza che non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Lettera ai Romani 5,5).

L’excursus fotografico ricco, puntuale e variegato, rende ancora più avvincente la trama del racconto. Grazie a questo incandescente percorso di fede, Valentino non si arrende dinanzi alle sfide della vita, è un giovane sorprendentemente già maturo per il Cielo, sprigiona empatia e simpatia, fratellanza amabile e squisita, è solare, pieno di energia e di vita, colmo di fede limpida e contagiosa, serio, dolce, affettuoso, oltremodo premuroso, disponibile in ogni situazione e nel travaglio psicofisico dell’età adolescenziale, con cuore puro e sincero confida agli amici sacerdoti la sua straordinaria stima per la vocazione e missione sacerdotale, Valentino è il “sorriso di Dio” per tutti noi che abbiamo avuto la grazia di conoscerlo, stimarlo ed amarlo.

Valentino è un formidabile testimone dell’amore che “tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta; l’amore che non avrà mai fine” (Prima lettera ai Corinzi 13, 7-8).

Sono certo che, come quaggiù in terra cosi anche in cielo, il Signore e la Vergine Maria, da lui tanto amati, hanno assegnato a Valentino una “mission” unica e speciale per soccorrere i nostri passi incerti verso la Patria beata.

Ha ragione il poeta e drammaturgo francese Paul Claudel, quando scrive che: “Il dolore è una mandorla amara che si getta sul ciglio di strada. Ripassi un giorno per questa strada di pianto. Ed ecco il prodigio. Ritrovi un mandorlo in fiore”.

La Croce è scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani, ma per coloro che sono chiamati, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio (Prima Lettera ai Corinzi 1, 23).

In mezzo alla dominante cultura della rimozione del mistero del dolore, schiacciati dalla cultura del piacere che moltiplica “specialisti senza spirito ed edonisti senza cuore”(filosofo tedesco Max Weber), immersi nelle sabbie mobili di una “società liquida che vive nel segno della precarietà e instabilità” (sociologo Zigmunt Bauman), Valentino e la sua splendida famiglia ci aiutano a ricordare che “noi siamo eredi di Dio e coeredi di Cristo se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria” (Lettera ai Romani 8, 17).

Scrive San Giovanni Crisostomo: “Gli alberi che crescono nei luoghi ombrosi e riparati dai venti, mentre esternamente si sviluppano rigogliosi, diventano deboli e fragili, cosi che facilmente qualunque cosa li ferisce; invece gli alberi che vivono sulle cime dei monti più alti, agitati da molti e forti venti, continuamente esposti alle intemperie e a tutte le inclemenze del tempo, colpiti da tempeste fortissime, spesso coperti di neve, diventano più robusti del ferro”(Homilia de gloria in tribulationibus).

Il mistero del dolore fa parte delle vie imperscrutabili dell’azione divina nelle anime. Dio ci parla nella nostra coscienza, ma ci grida attraverso le nostre sofferenze: “Il dolore è il megafono di Dio per svegliare un mondo addormentato” (teologo britannico Clive Lewis).

Giovanni Paolo II ha scritto che il martirio rappresenta “il vertice della testimonianza della verità morale”, a cui pochi possono essere chiamati ma vi è “una coerente testimonianza che tutti i cristiani devono essere pronti a dare ogni giorno, anche a costo di sofferenze e di gravi sacrifici. Il cristiano è chiamato, con la grazia di Dio, invocata nella preghiera, a un impegno eroico, sostenuto dalla virtù della fortezza, mediante la quale egli può amare le difficoltà di questo mondo in vista del premio eterno… lo Spirito Santo che rinnova la faccia della terra rende possibile il miracolo del compimento del bene (Enciclica Veritatis splendor, 18).

L’unico vero male è il peccato.

Il valore insostituibile della Croce ci rende veri discepoli del Crocefisso resuscitato.

San Tommaso d’Aquino, chiamato “Doctor communis”, cioè dottore universale, afferma che “Bonum est diffusivum sui”, cioè il bene è qualche cosa che tende a diffondere il bene stesso, il bene è per sua natura “comunicativo”. Noi creature razionali fatte ad “immagine e somiglianza del Creatore” (Genesi 1, 27), siamo trafitti dal desiderio di Dio. In modo misterioso, ma reale, la vita del cristiano viene assunta nella vita di Cristo, “il Verbo fatto carne, venuto ad abitare in mezzo a noi” (Giovanni 1, 14), e trascinata nella corrente dell’Amore divino che fluisce dal Verbo Incarnato.

Il Cristianesimo infatti, prima che una questione di “dimostrazione” filosofica o teologica è fenomeno di “attrazione” solare e seducente che brilla come verità sul nostro cammino, ci sconvolge, ci coinvolge, ci conquista e infine ci rende testimoni credibili dell’Amore che è Dio, perché “Deus caritas est” (Prima Lettera di Giovanni 4, 16): “Dio è amore”.

Dio esiste ed io in Valentino Ferrara l’ho incontrato.

Carissimo e amatissimo Valentino, grazie per la tua ammirabile testimonianza, tu sei per tutti noi un miracolo dell’infinito Amore!

MONS. PASQUALE MARIA MAINOLFI