Ecco cosa è un dissociatore molecolare In primo piano

L'intesa sottoscritta da 7 sindaci della Valle Vitulanese (Campoli del Monte Taburno, Cautano, Castelpoto, Paupisi, Vitulano, Torrecuso e Tocco Caudio), il 14-02-08, per la realizzazione di un dissociatore molecolare, nel territorio di Castelpoto, ha dato vita ad un vivace dibattito. Il documento non è stato firmato dal Primo Cittadino di Foglianise, che non ha condiviso l'iniziativa intrapresa. Inoltre, un comitato No dismo si è costituito per evitare la realizzazione dell'impianto.

Dopo le polemiche, un ulteriore documento è stato redatto dai Sindaci, in data 11-02-08, il quale ha ribadito che non è stata fatta ancora alcuna scelta definitiva in merito.

Per dipanare l'intricata matassa abbiamo intervistato Edoardo Farina, laureato in Ingegneria per l'Ambiente e il Territorio con indirizzo in difesa del Suolo, e gestore del sito web Ingegneria & Ambiente.

La questione dei rifiuti in Campania è un'emergenza tutt'altro che risolta. Secondo Lei, perché permangono ancora resistenze culturali per gli impianti di smaltimento dei rifiuti solidi urbani?

La popolazione campana non è del tutto contraria agli impianti di smaltimento dei rifiuti, ci sono varie correnti di pensiero, alcune di carattere luddista, contrarie a qualsiasi innovazione tecnologica che hanno avuto e, continuano ad avere, serie responsabilità riguardo l'emergenza avendo rallentato la costruzione delle opere necessarie ad una corretta gestione del ciclo dei rifiuti. Ci sono poi altre correnti più moderate che, pur essendo favorevoli alla costruzione delle opere, hanno perso la fiducia nelle istituzioni che in quindici anni di emergenza hanno sperperato ingenti fondi pubblici senza approdare a nulla.

A proposito del dissociatore molecolare nella Valle Vitulanese. Quali sono i vantaggi e gli svantaggi che un impianto di questo tipo porterebbe alle comunità della zona?

Seguo le vicende relative all'emergenza rifiuti in Campania da anni e, non è la prima volta che una proposta di questo genere provoca scompiglio e confusione nella vita politica di una comunità. I dissociatori molecolari sono impianti molto moderni che utilizzano dei processi chimici già noti in passato dai carbonai, la pirolisi e la gassificazione. In un dissociatore molecolare avviene infatti un processo simile a quello che in passato consentiva ai carbonai di produrre carbone da grandi cataste di legno, il rifiuto portato a circa 500 C° viene trasformato in ceneri e gas tramite una piro-gassificazione possibile solo in difetto di ossigeno. Questo processo consente di avere un prodotto finale chiamato syngas (gas di sintesi) che ha un potere calorifico simile al metano e quindi riutilizzabile in vari usi civili e industriali. Alla fine del processo rimangono delle ceneri inerti nella percentuale del 5% rispetto al volume iniziale da smaltire in discarica, gli altri inquinanti prodotti dalla gassificazione vengono filtrati e trattenuti da vari sistemi a secco e ad umido per evitare che rimangano nel gas finale. Quindi oltre al vantaggio di un corretto smaltimento dei rifiuti , c'è anche una valorizzazione di quest'ultimi con conseguente recupero energetico.

E gli svantaggi?

Sono costituiti principalmente da una ridotta letteratura scientifica su queste tipologie di impianti, in Europa c'è un solo impianto in Islanda di cui si sa poco o niente sui costi di gestione e i benefici ambientali. In un documento del 2007 che porta la firma degli ex ministri Nicolais e Pecoraro Scanio i dissociatori molecolari vengono classificati come impianti in via di sperimentazione, dei quali ancora non si conoscono le reali prestazioni ambientali ed energetiche.

Considerando le tecnologie attualmente sul mercato, qual è, a suo avviso, la soluzione più adeguata per la Valle Vitulanese?

Senza alcun dubbio bisogna partire subito con una raccolta differenziata porta a porta che è stata già testata in contesti simili a quello della Valle Vitulanese con ottimi risultati, in alcuni comuni virtuosi italiani, tra cui alcuni anche campani, si è arrivati a percentuali di differenziata del 60-70%. Le materie prime differenziate non costituiscono un problema di smaltimento perché sono tranquillamente ritirate dai consorzi di riciclaggio e da industrie specializzate, l'umido potrebbe essere trattenuto in valle avviandolo ad un processo di compostaggio per poterlo riutilizzare come fertilizzante nelle colture di pregio della zona. Rimane così una percentuale del 30-40% di rifiuto indifferenziato che, calcolato su una popolazione di circa 15000 abitanti, è un volume abbastanza esiguo da smaltire.

E per quest'ultima frazione quali potrebbero essere le soluzioni?

Se fossi io a scegliere il tipo di impianto da inserire azzarderei per un dissociatore molecolare che è comunque un sistema chiuso che non rilascia direttamente inquinanti in atmosfera e, inoltre, mi garantirebbe un ritorno di immagine che non guasterebbe all'economia enoturistica del Parco del Taburno. Una volta avviata la raccolta differenziata e l'impianto, si potrebbero organizzare dei tour turistico-ecologici durante i quali illustrare la virtuosità del ciclo dei rifiuti locale e la genuinità dei prodotti locali, non contaminati da microdiscariche, diossine e furani. Data però la poca conoscenza di questi impianti sarebbe preferibile farli funzionare inizialmente solo con i rifiuti della comunità, in seguito grazie alla modularità dell'impianto lo si potrebbe ingrandire creando sviluppo ed occupazione. In ogni caso qualsiasi sia la soluzione proposta è necessaria una preventiva fase informativa che riesca a coinvolgere la popolazione, i cittadini infatti saranno i fornitori della filiera e dal loro contributo dipende il successo del ciclo.

In merito alla collocazione sul territorio degli impianti di smaltimento, Lei è più propenso per dispositivi di maggiore portata o per piccoli impianti?

Riguardo a materiali come la plastica, il vetro e la carta sono preferibili consorzi su larga scala che possono contare su grandi bacini di raccolta in modo da garantire il continuo funzionamento degli impianti e l'economicità del processo. Un discorso a parte merita il compost che è preferibile trattarlo in piccoli impianti locali, in modo da garantirne il rigoroso controllo necessario al suo futuro utilizzo come fertilizzante nelle colture a scopo alimentare.

NICOLA MASTROCINQUE