Etica e politica: le nuove prerogative del vecchio dualismo. Come uscire dalla 'gabbia ovattata' Politica

Ecologia, ecoenergy, ecogreen, ecoincentivi, e poi ancora ecografia, economia, ecodiesel e cosi' via. In un ecomondo che si rispetti, e soprattutto in clima di campagna elettorale, verrebbe voglia di parlare di ecopolitica.

Vorrei fare un po’ di chiarezza, soprattutto nella mia immaginazione. Da sempre ho pensato che la politica, sia quella nazionale sia quelle più nostrane, fossero appannaggio dei grandi, immaginando che la sfera di estensione fosse legata anche alle competenze e non solo a fattori anagrafici.

Col tempo mi sono convinto che i due fattori di misura non erano strettamente legati tra loro, e si poteva propendere a modificarli, con la massima disinvoltura possibile, senza cambiare di molto il peso della dote che ne sarebbe derivata.

Una cosa però è rimasta costante nel tempo e nella mia memoria; quando si parla di politica si ragiona sempre contemplando dei dualismi: maggioranza ed opposizione, uomini contro donne (ricordiamo le quote rosa), idealismo e materialismo, cultura e  inciviltà, incompetenza e capacità, e così via.

Vuoi vedere, mi sono detto, che tutto ciò non avvenga per caso e che il premio finale sia la gestione del potere?

Tutto ciò che compare sulla terra è natura e tutto ciò che ha necessità di creare spazio intorno a sé è il tentativo di sottomettere, quantomeno ad un controllo, una vigilanza, questo che spesso è definito come il regno delle necessità, che si contrappone (un altro dualismo) al regno delle libertà. Dominio, il primo, che l’uomo, essere predominante tra tutte le creature che popolano il pianeta, deve prima intuire, poi governare e organizzare, e alla fine trascendere.

Ma Murray Bookchin, illustre filosofo, ha dimostrato nella sua opera “Freedom and necessity in nature” che una natura rigida ed inflessibile in realtà nasconde un ulteriore, radicato dualismo, come quello tra natura e cultura, da cui scaturiscono molte altre separazioni, tra le quali una  vagamente sottile, quella tra soggetto ed oggetto, che si basa sull’idea che traspaia una natura deterministica slegata dalla cultura, che è privilegio dell'essere umano.

Privilegio ma non vanto, né virtù. Nella sua Asinaria Plauto aveva già determinato, oltre due millenni innanzi, che l’egoismo umano, di natura anch’esso, è combustibile potente per provocare lotte per la sopravvivenza. Ma non solo.

Nel nostro tempo di smisurata crescita la salvaguardia di sé è solo l’evidenza, l’apparenza, perché l’egoismo di cui innanzi determina semplicemente lo stravolgimento delle leggi di natura.

Ma un dualismo continua ad esistere, sebbene con nuove prerogative. Alla coppia degli opposti sono assegnati dei valori, uno per componente, e in questa maniera si determina una scala di qualità che genera un dominio reale, attraente, da far prevalere su condizioni meno desiderabili e per questo detestabili.

Appare logico che una fredda e consapevole comunicazione, poggiata sull’inganno e sulle falsità, spesso riesce a far pendere la bilancia dal lato dove le realtà e le verità sono solo apparenza. Come uscire allora da questa gabbia ovattata?

Andrebbe, forse, riscoperta quella prerogativa dell’essere umano, quella cultura spesso citata a casaccio, senza riflettere sul vero significato del termine, dove invece la natura umana potrebbe essere considerata nella sua componente di libertà, socialmente ecologica. Quindi politicamente ecologica. Quindi eticamente politica.

Andrebbe allora rivalutata la ricchezza delle nostre qualità mentali, dove solo una selezione insana, che abbiamo definito come naturale cammino di crescita, ha represso la capacità di connetterci in maniera equilibrata con tutto ciò che ci circonda, compreso quelli che sono apparentemente simili nella scala naturale che ci siamo data.

Abbandonare i dualismi è il primo passo, perché sarebbe già una vittoria, soprattutto negli agoni elettorali, lasciare da parte le logiche devianti e ordinarie nella loro banalità che, nell’apparente modernità della comunicazione, mostrano rigidità ed insensatezza.

Il passo successivo dovrebbe essere quello di potenziare le dinamiche forse più oscure della nostra energia più intima, quelle che toccano i sentimenti, l’immaginazione, le sensibilità, i sogni, recuperando, invece di dividerle, le reciprocità, gli scambi, le interazioni e soprattutto le idee che uniscono, in una logica di vera crescita, dove invece la sterile competizione è sinonimo di miseria e decadimento.

UBALDO ARGENIO

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