Faville sannite nella ricerca. Ma ancora una volta all'estero Società
Quanto dista la parola ricerca dalla parola casa? È una domanda che un/a italiano/a che ha voglia di fare ricerca ad un certo punto deve farsi. E scegliere. Ammirare la bella dormiente o le nuvole da un aereo?
Questa è l'ennesima storia di un esodo. Per passione e per urgenza di ingegno. Quello che nella nostra bella Italia non trova spazio. Ed è ben accolto altrove. È la storia di un giovane beneventano Daniele Cavallo, solo 26 anni, laureatosi nel 2007 in Ingegneria delle Telecomunicazioni all'Università degli Studi del Sannio, con lode e menzione d'onore. Ma la laurea è solo un trampolino di lancio. Daniele vola in Olanda già durante la preparazione della tesi spinto dal Prof. Vincenzo Galdi. Poi la decisione di rimanere in Olanda come dottorando presso l'Università Tecnica di Eindhoven nei Paesi Bassi e come ricercatore nel gruppo di antenne al Netherlands Organization for Applied Scientific Research (TNO) dell'Aia, un ente di ricerca no profit focalizzato sulle scienze applicate. Qui gli oltre 5400 dipendenti analizzano brevetti e software specializzati, testando i prodotti e valutandone la qualità, ed offrendo poi i risultati a compagnie, enti governativi e organizzazioni pubbliche. Il team antenne è qualificatissimo. Tutor della ricerca sono il Prof. Giampiero Gerini, manager scientifico del programma di antenne al TNO, e Andrea Neto, che vanta 4 brevetti ed una serie di pubblicazioni, premi e riconoscimenti scientifici internazionali.
Da questo momento per Daniele Cavallo comincia una serie di successi: in due anni 18 articoli scientifici in conferenze internazionali, di cui due negli Stati Uniti ed altri due su invito; 1 articolo scientifico sulla rivista internazionale IEEE (Institute of Electrical and Electronics Engineers), una delle più prestigiose al mondo, ed il recente Best Innovative Paper Prize 2008, premio internazionale per la publicazione accademica che abbia dimostrato eccellenza nella ricerca a scopo tecnico e industriale. Il premio è stato consegnato in occasione del trentesimo seminario sulle antenne organizzato dall'European Space Agency (ESA) in Olanda, dove l'Ing. Cavallo, alla sua prima presentazione internazionale, ha mostrato il lavoro svolto nel primo anno di ricerca al TNO, aumentando il prestigio scientifico di quest'ultimo.
È proprio l'ESA a finanziare il progetto di Daniele Cavallo e del gruppo antenne. La ricerca si concentra sulla formulazione teorica del cosiddetto Connected Array, una nuova tecnologia di antenne inventata dagli americani circa dieci anni fa. Il team del TNO ne ha sviluppato la teoria trovando un modo innovativo di alimentare l'antenna ed ottenendo nel 2009 il brevetto europeo. L'antenna in questione non è direzionale come le comuni antenne paraboliche e quindi perfettamente funzionante indipendentemente dall'orientamento. In più è sottile e leggera e quindi adattabile a qualsiasi forma e necessità aerodinamica. Le sue caratteristiche la rendono ideale come radar civile e militare, e potrà essere montata sugli aerei di linea per ricezione e trasmissione satellitare con lo scopo del cosiddetto in flight entertainment: tv in diretta, internet, fax e telefonate.
La realizzazione vera e propria è ancora lontana. I passi sono piccoli e lenti perché il campo delle antenne rimane ancora fortemente sperimentale e persino le certezze di base vengono spesso messe in discussione dall'osservazione matematica dei fenomeni in laboratorio. Il lavoro che si fa oggi è principalmente teorico. Non una teoria sterile ed accademica, ma piuttosto quella che dà conoscenza, confidenza, libertà, e consente di immaginare gli scenari di possibili applicazioni. E su questo gli italiani sembrano essere imbattibili: ben 7 degli 11 ricercatori del gruppo antenne al TNO sono italiani. E sempre gli italiani (che troppo spesso non vivono in Italia) sono tra i più pubblicati al mondo su elettromagnetismo e antenne, solo dopo USA e Cina. E cioè, se si fa una relazione con il numero di abitanti, di gran lunga i più produttivi e all'avanguardia. Ma allora perché emigrare?
Il Politecnico di Torino è ad altissimo livello scientifico e lì potrei fare una ricerca simile a quella che sto svolgendo al TNO dice l'Ing. Cavallo Certo lì sarebbe più teorica, perché qui i laboratori e gli apparecchi di misura sono sicuramente migliori. Ma la vera differenza è che un dottorando italiano percepisce un salario che è meno della metà del corrispettivo olandese. E soprattutto il dottorato è un titolo che viene apprezzato qui in tutte le aziende mentre in Italia un ricercatore ha un ruolo solo nelle Università. Dove ci sono di conseguenza liste interminabili di ricercatori che sperano di diventare professori e probabilmente non lo saranno mai.
Sembra insomma che le nostre Università soffrano la mancanza di strutture e laboratori, oltre al frustrante sistema delle cattedre. E risentano di un problema politico, con la costante riduzione dei fondi governativi. Ma c'è anche il disinteresse di investimenti privati, che riflette una sorta di mentalità diffusa che per qualche motivo non riconosce il valore scientifico, tecnologico e sociale della ricerca. E intanto giovani talentuosi finiscono intrappolati nella burocrazia di università locali. O loro malgrado scappano all'estero. Un vero peccato.
(Non basta il morso ad una Mela Stregata per guarire dalla sindrome dell'emigrante)
LILIA ROSSI