Il mangiar bene non fa ingrassare Società

Le diete fanno soffrire e non servono a nulla. Seguiamo l’sempio dei francesi. No al mangiar male degli americani Constatiamo sempre più che il mangiare, gesto apparentemente ovvio e banale che scandisce la nostra quotidianità, è divenuto un problema che ci assilla: facciamo attenzione al cibo, scegliamo i prodotti genuini, leggiamo le etichette, osserviamo i prezzi e poi controlliamo il peso, la dieta. Tutto questo per raggiungere l’obiettivo della buona salute e di una linea accettabile se non proprio perfetta. Ma non è facile, perché troppo spesso seguiamo, senza averne consapevolezza, abitudini alimentari e stili di vita inadeguati. Un libro appena uscito tratta con tono leggero e ironico il problema del sovrappeso, che pare non riguardare le donne francesi in prevalenza longilinee e sane. L’autrice è, per l’appunto, una francese, Mireille Guiliano, direttrice della Champagne Veuve Cliquot e anche presidente della Cliquot Inc. di New York, che, soggiornando in America per motivi di lavoro e per essersi lì sposata, è rimasta enormemente sconcertata nell’osservare quanto vi sia diffuso il problema dell’obesità che investe il 65% delle donne, ascrivibile a schemi alimentari privi di controllo. Da queste constatazioni, è nata l’idea del libro uscito per prima negli USA col titolo French women don’t get fat , salito subito in testa alle vendite e poi uscito in Italia col titolo Le francesi non ingrassano (*). Il libro risulta interessante non tanto come un testo di suggerimenti dietetici à la française, ma come uno strumento di confronto tra due culture, due modi differenti, francese e americano, di porsi di fronte al cibo. Alle donne americane angosciate dai chili di troppo, si contrappongono le francesi che, al contrario, non ingrassano pur mangiando senza restrizioni. Come mai? Le francesi, sostiene l’autrice, non seguono alcuna dieta, si limitano semplicemente a mettere in pratica una “saggezza alimentare “ che consente loro di mangiare praticamente tutto, compresi gli alimenti più a rischio, come pane, cioccolato, dolci. Il principio applicato è quello del mangiare inteso come piacere e come savoir faire. Perché fare rinunce o torturarsi con diete mortificanti che tolgono buonumore e senso del gusto? Le francesi mangiano con la testa prima che con lo stomaco, riconoscono e apprezzano la qualità del cibo, lo sanno scegliere e preparare, affinano il palato, evitano abitudini dannose e non rinunciano ad almeno due calici di buon vino al giorno che, suggerisce l’autrice, “tolgono il medico di torno meglio di una mela”. Osservare , come ha fatto Mireille Guiliano, gli eccessi e gli errori dell’alimentazione delle donne americane che fanno uso e abuso di junk-food o convenience- food, di quegli orribili cibi precotti consumati in fretta, l’ha portata a concludere che esse hanno subito una sorta di deprivazione del gusto e di perdita del piacere e della gioia più semplice ed elementare: preparare una buona pietanza, presentarla visivamente attraente e sedere in buona compagnia intorno alla tavola che è da sempre, il luogo dove si coglie la pienezza della vita e si esaltano i valori della tradizione. Tutto questo è bien français! E qui mi viene di citare il più classico degli scrittori d’oltralpe, Marcel Proust, che in una celeberrima pagina della Recherche, la sua poderosa opera letteraria, associa al sapore di un cibo emozioni capaci di scavare nella memoria e far affiorare momenti per lungo tempo dimenticati. L’autore racconta come un giorno mangiando la “petite madeleine”, è invaso da una sensazione deliziosa, il gusto del dolcetto gli ricorda una sensazione identica avvertita anni addietro e a poco a poco la sensazione si traduce nel ricordo della sua infanzia. Chi non ha mai provato l’effetto evocativo degli odori e dei sapori della cucina materna o di quella del proprio paese d’origine? Salviamoci allora dalla perdita di queste emozioni, e. in tale prospettiva noi italiani non possiamo che concordare con i suggerimenti di Mireille Guiliano che peraltro, nella prefazione all’edizione italiana del suo libro ci mette in guardia dal farci contagiare dal malbouffe, il mangiar male americano e riconosce che per fortuna “molti valori della cultura gastronomica francese si riscontrano anche in quella italiana”e poi aggiunge che spera sinceramente con il suo libro di “celebrare, rinvigorire e illustrare un patrimonio (quello italiano) impareggiabile che non va assolutamente perso”.

ORNELLA CAPPELLA

(*) Il libro è stato presentato nel corso della serata inaugurale del nuovo anno sociale della sezione di Benevento della S.I.DE.F.(Società Italiana dei Francesisti).