Le grandi conversioni: perché, come e quando Società

Ho avuto modo di leggere e riflettere su alcune clamorose conversioni che hanno riguardato personaggi di alto livello culturale, sociale, politico, economico e religioso.

Io voglio soffermarmi maggiormente sulle conversioni che avvengono in campo religioso che, ordinariamente, consistono in un cambiamento psicologico dal male al bene, dalla irreligiosità alla religiosità, o da una religione all'altra.

Si sono verificate conversioni all'improvviso in cui l'anima si è sentita cambiata come da una forza a sé esterna (S. Paolo) e quelle dovute ad un lungo travaglio psicologico e spirituale (S. Agostino).

Secondo alcuni la conversione si verifica quando la ragione non ha più niente da dire, perché l'uomo si sente signore e padrone di se stesso e della sua vita.

Io non sono di quest'avviso, perché penso che sia proprio la ragione, facoltà specifica dell'essere umano, a farci riconoscere la nostra finitezza ed è la sola che ci consente di superare ogni forma di individualismo, di relativismo, di scetticismo e di nichilismo che sono stati e sono i mali che affliggono l'umanità e la orientano a negare sempre più i veri valori della vita.

La ragione non ha più niente da dire, cosa impossibile, solo per il presuntuoso, per colui che si ferma dinanzi agli ostacoli, li elude e non si impegna a superarli.

Convertirsi, perciò, non deve significare aver trovato la strada per riposarsi, porre la ragione in pensione, anzi, per me, la conversione deve essere solo un punto di partenza per spingere la ragione ad attivare tutte le sue forze per aiutare anche gli altri a guardare in alto e a non accontentarsi del contingente.

Occorre far capire all'uomo che deve ispirare le sue azioni ad altri principi.

Ne è testimonianza concreta la conversione di S. Paolo, conversione che ha un significato del tutto particolare, perché avvenne in una imprevedibile circostanza che fu contemporaneamente drammatica ed esaltante: drammatica, perché Paolo, accanito persecutore del Cristianesimo, aveva avuto l'incarico di abbattere la Chiesa di Damasco; esaltante, perché proprio mentre si recava a Damasco, fu fulminato dalla Grazia di Dio che lo trasformò da persecutore in apostolo.

Testimonianza significativa di conversione è stata anche quella di S. Agostino, anima ardente ed inquieta, bramosa di verità e di bene.

Nelle Confessioni ci narra egli stesso la drammatica storia della sua formazione spirituale e della sua conversione.

Molto influirono le omelie di Ambrogio, Vescovo di Milano, dal quale apprese il vero significato delle dottrine cristiane, riuscendo a liberarsi dai pregiudizi, cosa che lo indusse ad iniziare un'intensa ricerca della verità.

Per lui la certezza non è data dall'esperienza sensibile, che è pure un mezzo di conoscenza, ma dalla propria interiorità.

Bellissime e commoventi alcune riflessioni fatte nelle Confessioni: «Interrogai la terra e rispose ‘Non sono io'; interrogai il mare, gli abissi, gli animali nelle acque e risposero ‘Non siamo noi il tuo Dio, cercalo sopra di noi'; interrogai l'aria, il cielo, la luna, le stelle e mi diedero la stessa risposta. E allora dissi loro - Se mi avete detto che non siete il mio Dio, ditemi almeno qualcosa di Lui - e tutti in coro gridarono a gran voce ‘Egli è colui che ci ha fatti'. E allora mi rivolsi a me stesso e dissi - E tu chi sei? - E risposi: Un uomo».

E continua affermando che inutilmente l'uomo cerca nelle cose l'umiltà, la bellezza e la bontà; tutto ciò che non è contenuto nell'esperienza dei sensi, è intuìto dalla mente umana.

Altra testimonianza parimenti esaltante fu quella di S. Francesco d'Assisi, giovane intelligente, allegro, giocherellone, amava vestirsi da ‘trovatore', incantava le ragazze con emozioni d'amore provenzali, oppure vestiva da ‘cavaliere'.

La vera conversione avvenne nel febbraio del 1206 nella chiesa a Santa Maria della Porziuncola quando il celebrante lesse il brano evangelico che diceva: Andate, predicate e non portate con voi né oro, né argento, né rame, né due tuniche, lasciate tutto e dedicatevi ad annunciare il Vangelo e mettetevi al servizio dei più poveri.

Assisi rimase sbalordita quando nel 1206 lo vide in piazza, presente il Vescovo Guido, spogliarsi di tutti gli abiti e restituirli al padre.

Giunge a prendere questa decisione dopo una lunga meditazione.

S. Francesco non disprezzò la vita, non condannò il lavoro, mise a disposizione i suoi beni per gli altri in piena letizia, che per lui era celeste sorgente di libertà interiore, l'unica capace di farci riconoscere la superiorità dei beni spirituali rispetto a quelli terreni.

La povertà deve essere predicata in letizia da chi sa di essere affidato alla Divina Provvidenza in un mondo creato bello da Dio, perché gli uomini in uno slancio fraterno ne godano.

La sua conversione, perciò, non fu un distacco dal mondo e ‘mettere a riposo la ragione', ma un ritornarvi per operare al servizio degli altri, dando vita a molte iniziative.

La sua conversione non fu subitanea e folgorante, ma meditata e voluta.

Quando nei primi anni dopo la morte lo si dovette inquadrare in uno schema agiografico, la commossa ammirazione dei posteri lo designò Alter Christus (un secondo Cristo).

Queste conversioni devono essere per noi tutti fulgido esempio per impostare nel migliore dei modi i nostri pensieri e le nostre azioni.

Un pensatore ha affermato che: L'uomo può ben fuggire di fronte a Dio, ma non può sfuggirgli.

E Schmitt dice: Fui abitato dal sentimento dell'Assoluto da una forza così pressante che non potevo essere io l'origine.

Ciò dimostra che la religione è un'esigenza naturale, un sentimento avvertito da ogni uomo e non può avere origine, come alcuni pensano, dall'ignoranza, ma solo dalla saggezza, dalla consapevolezza che fanno notare all'uomo l'insufficienza a spiegarsi ciò che avviene nel mondo e lo inducono a salire dalla creatura al Creatore.

Dante nel XIX canto del Paradiso afferma Or chi tu se' che vuoi sedere a scranna. E giudicar di lungi mille miglia. Con la veduta corta di una spanna?.

Da quanto riportato si deduce che la religione è un fatto, perché riempie gran parte dell'umanità; è un bisogno, perché l'uomo tende ad una felicità eterna e perfetta; è un dovere, perché se l'uomo riconosce Dio come Principio, lo deve riconoscere anche come Fine Supremo di tutte le cose.

A ben ragione Tertulliano diceva che La Chiesa deve temere una cosa sola: di essere condannata senza essere conosciuta.

E Plutarco conferma questa necessità dicendo Troverete più facilmente una città senza mura, senza re, senza case, senza monete, ma non uno Stato senza templi e senza Dei.

Due considerazioni che stanno a dimostrare che è impossibile giudicare senza avere la conoscenza chiara di ciò su cui si vuole esprimere un giudizio, anzi si rivela solo incapacità.

La conversione vera, attiva e sveglia la ragione alla quale chiede solo di essere attenta su quanto afferma.

La ragione non conosce il riposo!

GAETANO COPPOLA