Le malefatte della Regione Società

Aboliamo le regioni non è un tormentone, ma un tema sul quale ragionare con il solo intento di approfondire le questioni in gioco. Il governo Renzi sta sollecitando il parlamento per la definizione di alcune tappe importanti sulla via delle riforme. Ma, prima o poi, si imporrà il ridisegno complessivo delle istituzioni pubbliche, perché inevitabilmente le riforme parziali non sempre possono perfettamente combaciare con i pezzi di edificio che resta in piedi dopo aver sbancato pareti e solai.

L'urgenza è data dalla necessità di ridurre i costi della spesa pubblica. Laddove è possibile fare dei risparmi, la tentazione è quella di non toccare l'organismo che ha potuto tollerare i tagli. Ma se Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza, Corpo Forestale dello Stato, Polizie Provinciali, Guardia Costiera e compagnia bella devono, a causa dei tagli, ridursi ad una sostanziale impotenza, non è meglio pensare a fare tre o due polizie nazionali, mandando al macero i gruppuscoli che si sono formati nei periodi del consociativismo, padre di tutte le immaginarie vacche grasse?

Che le regioni riescano a tagliare il loro costo non significa che non si debba ragionare se sia giusto lesinare risorse alle grandi regioni che hanno in carico grosse strutture sanitarie di cui si servono gli italiani anche di altre regioni. Sulla stessa riforma del senato, si è costretti ad ammettere che mandare al nuovo organismo i presidenti di ogni regione significa alterare il valore della rappresentanza. Perché certamente i presidenti di Basilicata, Molise e Umbria (per tacere della Val d'Aosta) non possono vantare un portafoglio di interessi paragonabile con quello dei colleghi di Campania, Lombardia e Emilia-Romagna.

E viene fuori, quindi, anche il discorso di “attaccare” l'attuale configurazione della rete regionale.

Voglio dire che il tema delle regioni, anche se non è nell'agenda del governo oggi, prima o poi verrà come nodo al pettine. Quindi, continuare a discutere non è operazione oziosa. E' compito della stampa non solo fare il resoconto delle conferenze stampa o degli omicidi, ma anche di tenere informata l'opinione pubblica sugli scenari, affinché il lettore possa, se opportunamente informato, essere messo in condizione di decidere come orientare i gruppi sociali nei quali è inserito (siano i partiti, i sindacati, le associazioni, il vasto mondo del volontariato: tutti efficaci strumenti di emersione delle idee della pubblica opinione).

Che, poi, sulle province sia caduta la tagliola, non direi proprio. Ciò che si sta decidendo è una sorta di moratoria. Anche qui il motivo riguarda l'impossibilità di sopprimerle senza una legge di riforma costituzionale. E, opportunamente, si è deciso che non si possono fare riforme costituzionali a casaccio, perché si mette a rischio l'armonia dell'intero edificio. Quello che è successo con la riforma del 2001 del titolo V della Costituzione è illuminante in proposito.

Continuiamo a ragionare, allora, sulla esperienza negativa della nostra regione, con due esempi comprensibili a tutti.

La regione Campania, avida di statalismo clientelare, avocò a sé il trasporto pubblico. Tra l'altro si prese la vecchia Ferrovia di Cartone, che pur tra tante lamentele dell'utenza, è sempre stata affollata di studenti, professionisti e massaie, al punto che si diceva che non avesse passività di gestione. Il primo treno delle sei e quaranta portava a Napoli chi doveva cominciare a lavorare (o a studiare) alle otto. La sera, da Napoli partiva un treno alle ventuno per riportare a casa chi aveva passato la giornata (o il solo pomeriggio) a sbrigare faccende o fare acquisti nel capoluogo.

Come mai i treni, nel 2013, sono diminuiti e la domenica addirittura scomparsi? La nostra cara Ferrovia di Cartone entrò prima nell'orbita di MetroCampania Nordest, poi è entrata a far parte di EAVBus. Due carrozzoni che, trovatisi in difficoltà, hanno pensato di fare i famosi tagli lineari. Con la conseguenza che sono state ridotte le corse, perché non ci sono soldi per la manutenzione dei treni. Il servizio non risponde alle esigenze dell'utenza e si perdono viaggiatori. La Regione è responsabile o no di scelte sbagliate, di magniloquenza e di sperpero del pubblico danaro, ma anche, contemporaneamente, di aver sottratto ai cittadini che pagano le tasse un servizio che prima, in forme più artigianali, funzionava?

Il secondo esempio è più eclatante. Quando il governo centrale ha promosso iniziative di riorganizzazione della rete scolastica, affidandone la pratica attuazione alle regioni, in Campania (ma in altre regioni s'è fatto anche di peggio) si è dato sfogo a deroghe ed eccezioni. Fino alla conclamata “ribellione” di un tal assessore Corrado Gabriele che, venuto a presiedere un incontro tecnico in sede di conferenza provinciale, affermò che in Campania non si procedeva a fare ciò che il governo aveva deciso.

Tra ribellismo e fanfaronate consociative con l'applauso dei sindacati, la Regione ha buttato soldi e non ha affrontato le questioni. Un ente del genere non ci serve. Va abolito. Se il direttore me lo consente, continuerò.

MARIO PEDICINI

mariopedicini@alice.it

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