'Peppe 'o craparo' nel ricordo del nipote Società
Per puro caso ci siamo imbattuti in un giovane lavoratore, dipendente della nota concessionaria di automobili SARA s.r.l. di Roberto Ricciardi ed abbiamo scoperto che questi è un nipote di Giuseppe Sorice, più comunemente conosciuto come “Peppe ‘o craparo”, “Peppe ‘o pecuraro” e da alcuni apostrofato anche come “Peppe piglianculo” (foto in basso).
Un’espressione quest’ultima abbastanza forte ma sicuramente non irriverente, anzi tutt’altro perché in chi la pronunciava c’era sempre tanta simpatia.
La verità è che Peppe era molto amato dai beneventani, i quali di sera, di solito negli anni ‘60/70 potevano trovarlo lungo il Corso Garibaldi.
E lì salutava tutti e per tutti aveva una battuta, una parola simpatica e per di più chiamando tutti per nome e cognome.
Spesso, così a volo d’uccello, recitava anche qualche verso della Divina Commedia, dell’Iliade e dell’Odissea.
Sì perché il nostro, che certamente non aveva svolto un corso di studi regolare, conosceva però a memoria non solo queste opere, ma anche la storia dei paladini di Francia e molte altre opere.
Di questo e di altro ne parliamo con Cosimo Sorice (foto in alto), che incontriamo nell’officina meccanica della Opel presso la concessionaria di contrada Pezzapiana.
E’ coniugato con Doriana Micco ed ha una figlioletta, Ilaria.
“Mio zio Peppe - ricorda oggi con orgoglio questo simpatico giovane - non era affatto un ignorante come molti potrebbero pensare essendo lui un semplice pecoraio. Egli era solito portare con sé sempre un po’ di libri e gli studenti quando lo incontravano per strada spesso gli chiedevano di aiutarli a fare i compiti e lui, sempre disponibile, dimostrava quanto profonde fossero le sue conoscenze in ogni campo ed è per questo che fu anche conosciuto come ‹Poeta pastore di Benevento›”.
Ed ora Cosimo è come un fiume in piena e vuole parlarci ancora del suo caro zio dimostrando di avere tanta voglia di fare giustizia di tante dicerie e recuperare così la sua memoria.
“Grazie alla sua cultura partecipò e superò brillantemente i provini del noto programma di Mike Bongiorno ‘Lascia o raddoppia’, ma a causa del suo carattere irascibile venne espulso. Negli anni ’70, quando purtroppo non aveva più le sue pecore, era solito passare il tempo seduto su uno sgabello sull’uscio di casa, nel centro storico di Benevento al Vico I° Trescene, con i suoi amati libri e spesso chiamava ‘a rapporto’ i nipotini che giocavano in strada per far leggere loro alcune pagine di qualche opera e poi faceva un’attenta spiegazione. Morì nel luglio del 1990 a seguito di un’enfisema polmonare”.
Giuseppe Sorice era nato ad Altavilla Irpina il 3 novembre 1924, figlio di Pietro (nato nel 1899), pastore beneventano molto conosciuto in città, e Antonietta D’Aunno (nata nel 1900).
Dopo le scuole elementari continuò gli studi presso il collegio “La Salle”, dove si verificò il primo spiacevole episodio: nonostante fosse uno studente esemplare, a seguito di un’accesa discussione, lanciò un professore giù dalla finestra e fu condannato per la prima volta a circa sei anni di carcere.
Scontata la sua pena iniziò a lavorare con il padre come pastore e usava chiamare le sue pecore “i soldati” e le comandava come tali, portandole perfino al corso Garibaldi, in piazza Roma per assistere ai comizi dei politici e per questo fu nuovamente arrestato.
Nel 1956, l’anno di una fortissima nevicata a seguito della quale scarseggiava l’erba per far mangiare le pecore, portò, insieme al fratello minore Vincenzo, tutto il suo gregge davanti alla Prefettura, in segno di protesta, al fine di ottenere un contributo per sfamare i suoi animali.
Era perennemente in contrasto con le forze dell’ordine, in particolar modo con i vigili urbani: un giorno un vigile urbano tentò di sequestrargli una delle sue pecore perché pascolavano nel centro della città, ma lui reagì a suo modo colpendolo con un bastone e per il vigile fu necessario fare ricorso alle cure dell’ospedale.
Negli anni collezionò varie condanne, tutte per rissa. Le uniche persone di cui aveva timore erano il padre e il fratello Damiano.
SILVIA RAMPONE