Tre e Quattro Settembre Società

Via Tre Settembre ce l'abbiamo già. E' la vecchia Via della nevera, perché sotto le corti degli antichi palazzi si conservava la neve per farne, d'estate, sorbetti. Nasce dal Corso Garibaldi all'angolo della palazzina dove abitava l'avvocato Enrico Rossi, presidente-fondatore dell'Associazione della Stampa, e dove elaborava saporiti gelati il Bar Fucci. Nel vicolo, che dal Corso Garibaldi giunge fin nelle vicinanze dell'Arco di Traiano, ha avuto sede la redazione de “Il Mattino” quando il suo capo era l'avvocato Michele Portoghese.

Se il Corso fu costruito ex novo, demolendo gli edifici meno presentabili, dopo l'unità, e non a caso fu dedicato a Giuseppe Garibaldi (il fascismo completò l'opera di consacrazione risorgimentale con la creazione di piazza Roma, a spese della chiesa del Gesù), la strada del tre settembre preesisteva e mutò generalità a causa delle vicende risorgimentali. Essa ricorda, infatti, il giorno nel quale Salvatore Rampone e i suoi prodi si presentarono alla Rocca dei Rettori e pregarono gentilmente il Delegato Pontificio Odoardo Agnelli di togliere il disturbo.

Il 3 settembre 1860 Benevento si liberava dal “giogo pontificio” e, non intendendo annettersi al declinante Regno delle Due Sicilie, si proclamava città libera. Da questa circostanza nasceva la legittimazione di Salvatore Rampone di presentarsi a Garibaldi, appena questi mise piede a Napoli il 7 settembre, per contrattare un reciproco affare. Benevento era a disposizione del Re di Piemonte a patto che lui, Garibaldi, in qualità di “dittatore” gli cucisse attorno una nuova provincia facendone il capoluogo.

Rampone aveva scosso l'albero, ma i frutti li colse Carlo Torre. Si era creata una provvidenziale spaccatura unendo la quale Garibaldi divenne padre della Patria e patrono di Benevento.

Non per banale disattenzione, ma sicuramente con senso di delicatezza, il Governo Monti ha fissato al 4 settembre 2012 la fine della creatura garibaldina. Mi auguro che la civica amministrazione dell'ingegner Fausto Pepe provveda ad identificare, senza indugio, una strada alla quale appiccicare la targa Via Quattro Settembre. Se le maestranze della civica amministrazione fossero indaffarate oltremisura, si potrebbe chiamare Via Quattro Settembre quella corsia in giallo che da poco è stata istituita (presago sospetto) in piazza IV novembre come via di sola uscita degli inquilini attuali della Rocca dei Rettori.

Si potrebbe anche organizzare una cerimonia protocollare che veda, che so, gli eredi di Salvatore Rampone (della squadra fa parte la nostra simpatica Silvia Rampone) recarsi alla Rocca e pregare il presidente professor Aniello Cimitile di preparare le valigie imitando nei gesti e nello stile il delegato Agnelli. Trovandoci in piena estate e col caldo che fa, riterrei di soprassedere alla apposizione di una targa marmorea. Del resto pure quella dedicata a Garibaldi sulla facciata di fianco alla torretta dell'orologio fu posta con comodo qualche anno dopo gli accadimenti evocati.

Si potrebbe pensare, con il contributo dell'assessorato comunale al commercio, ad una straordinaria sparatoria di fuochi d'artificio con incendio simultaneo della Rocca e della Prefettura, perché con la fine della Provincia saranno finalmente esauditi anche i desideri del già citato Enrico Rossi, il quale - costituzione alla mano - saliva di mal grado lo scalone d'onore del Palazzo del Governo insultando garbatamente i questurini chiamandolo “scelbotti”. Salivano, peraltro, quelle scale a celebrare la Festa della Repubblica, negli '50 e seguenti del secolo scorso, formidabili campioni della Monarchia (di Alfredo Covelli e di Achille Lauro), nonché sindaci dal passato e dal fulgido presente di fascisti non pentiti.

Ci sarà, con tutta probabilità, una vacatio. Dal 4 settembre non saremmo più abitanti della provincia di Benevento, ma potrebb'essere che non sapremo ancora di quale altra provincia dovremo prendere la obbediente subordinazione. Il governo può chiudere, ma non può rimpastare i territori. Qui inizia a funzionare l'autonomia locale.

In attesa che parta la procedura e che animosi sostenitori della sovranità popolare trovino i soldi per organizzare esercizi di democrazia dal basso, propongo che venga momentaneamente ricostituito un mini Ducato Longobardo.

Nell'anno della certificazione dell'Unesco, sarebbe bello innalzare sulle strade il cartello del Ducato. Voi dite che, a questo punto, potrebbe scattare l'idea di sopprimere anche il Comune?

Non diamo, per favore, altre occasioni di mal di testa ai nostri deputati e senatori. Gli basta l'ansia della ricandidatura.

MARIO PEDICINI

mariopedicini@alice.it 

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