Un fenomeno crescente: vivere da reclusi per libera scelta Società

In Giappone il fenomeno sociale di coloro che scelgono di vivere da reclusi in casa ha assunto dimensioni tali che è stato persino coniato un termine per indicare queste persone: li chiamano “hikikomori”, che letteralmente vuol dire stare in disparte, isolarsi. Non si tratta di uomini o donne anziani con problemi di mobilità o handicap gravi, bensì principalmente di giovani in perfetta forma fisica, che per motivi vari (timidezza, agorafobia, problemi a stabilire relazioni con gli altri) scelgono di condurre la propria vita entro le mura domestiche, mantenendo i contatti con il mondo esterno unicamente tramite il telefono e, soprattutto, il computer.

Non so quanto sia diffusa in Italia la presenza di hikikomori, ma proviamo ad analizzare la questione, anziché da un punto di vista psicologico e sociale, da un’ottica meramente pratica: è possibile condurre la propria vita senza mai uscire di casa, anzi rimanendo per la maggior parte delle 24 ore rinchiusi nella propria stanza? Io dico di sì, a certe condizioni.

Innanzitutto, se in Giappone il problema riguarda in larga parte gli adolescenti, che per prima cosa rinunciano ad andare a scuola, noi dobbiamo figurarci un immaginario hikikomori che abbia perlomeno superato l’età della scuola dell’obbligo. Diciamo un giovane disoccupato, lavoratore o persino studente universitario. Tutto ciò di cui ha bisogno per condurre questo discutibile stile di vita sono un conto in banca ed una carta di credito. Partendo da questi presupposti, dobbiamo poi immaginare che abbia una fonte di reddito, o in alternativa che studi presso qualche istituto universitario telematico.

Oggi entrambe le possibilità sono plausibili: sebbene rari, esistono dei lavori che si possono svolgere da casa tramite pc. Magari non sono particolarmente remunerativi, ma una persona in gamba, con adeguate capacità e conoscenze informatiche, può trovare un regolare guadagno nella gestione o moderazione di siti, scrivendo per blog o addirittura facendo trading online. E le università telematiche al giorno d’oggi sono una realtà, sebbene la maggior parte di esse non godano di riconoscimento ufficiale, e quindi i titoli di studio da esse rilasciati sono nient’altro che eleganti pezzi di carta.

Diciamo quindi che il nostro hikikomori studia, e magari guadagna anche qualcosa lavorando al computer. Ma oltre al denaro, avrà bisogno di beni di prima necessità: cibo, bevande, vestiario. Tutto ciò si può avere senza uscire di casa? La risposta è sì: il commercio telematico è da parecchi anni una realtà e, se in Italia ancora fatica a farsi strada, all’estero (soprattutto negli Stati Uniti e, manco a dirlo, in Giappone) in alcuni settori le vendite tramite internet hanno da tempo superato quelle nei negozi tradizionali.

Questo giovane recluso potrà quindi fare la spesa in qualche negozio virtuale, scegliendo i prodotti delle marche preferite, e vedersela consegnare dinanzi alla porta di casa, pagando con la sua carta di credito. Allo stesso modo, potrà comprare scarpe e vestiti su siti specializzati, così come libri, prodotti elettronici e, iscrivendosi ad uno dei numerosi siti di aste online, potrà anche procurarsi oggetti meno comuni, dai fumetti ai giocattoli, dai francobolli da collezione ai videogiochi, e persino i medicinali.

Insomma, oggi vivere da reclusi contando sul computer per soddisfare ogni necessità è possibile. Che sia anche conveniente, o piacevole, questo magari è un altro discorso. Adesso scusate, ma dopo queste righe mi è venuta proprio voglia di uscire di casa e farmi una bella passeggiata.

Saluti dalla plancia.

CARLO DELASSO 

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