Una elegante custodia Società

Nel 1990, fu varata la riforma delle autonomie locali. I comuni divennero soggetti giuridici inquadrati in quella concezione dell'autonomia iconosciuta dalla Repubblica e consacrata nell'articolo 5 della Costituzione. Lo strumento simbolo di questa nuova personalità giuridica fu lo statuto. Costituzione, leggi e statuto sono, quindi, l'orizzonte giuridico al quale riferirsi nella individuazione del ruolo della città. E ad essi faremo riferimento in questo tentativo (avviato sullo scorso numero di Realtà Sannita) di estrarre dal dibattito, lungo cinquant'anni, una idea di città per Benevento nel secondo decennio del terzo millennio.

Lo Statuto della città, entrato in vigore nel 1991, stabilisce un ruolo nei confronti del territorio. Non è l'unico ruolo possibile, ma è un ruolo che non può essere dismesso. Il giorno in cui chi governa il comune ritenesse di non condividere questa logica, dovrebbe porre mano allo statuto e cambiarlo. Finché c'è questo statuto, i consiglieri comunali, il sindaco e gli assessori devono perseguire l'obiettivo di dare alla città questo ruolo di propulsore dello sviluppo del territorio, in vista del quale il Comune di Benevento è impegnato ad assicurare servizi sociali a scala provinciale, a promuovere occasioni di cooperazione con altri enti locali...(così l'art. 6 dello Statuto).

E' evidente che lo Statuto, come qualsiasi altro strumento normativo, non si traduce automaticamente in programma politico-amministrativo. Ogni programma politico-amministrativo, tuttavia, non può porsi in conflitto con ciò che prescrive lo Statuto.

Eccoci, allora, al primo, chiaro, obiettivo funzionale assegnato ai governanti. Fare di Benevento, nel contesto di ciò che accade attorno a noi, il centro motore della progettualità amministrativa e il propulsore-attuatore di una politica orientata a realizzare una prassi operativa (culturale e politica in senso stretto) capace di radicare in tutti i gangli amministrativi operanti in provincia questo unum sentire, che possiamo anche chiamare identità.

Benevento attrattore e propulsore, concentratore di servizi a scala territoriale, luogo (non solo fisico) di concertazione e decisioni, laboratorio di ascolto e di progettazione, residenza degli essenziali strumenti di elaborazione del sapere e del confronto culturale. Il tutto immaginato come il vissuto moderno abitato in ciò che la storia ha costruito, in coerenza stretta con il patrimonio ereditato dai millenni di storia inteso come talenti da far fruttare.

Ecco, allora, la entusiasmante prospettiva di dare nuova vita ad un organismo che è già fortemente strutturato e la cui crescita deve sapientemente armonizzare l'antico con il nuovo.

Si tratta, come ognun vede, di una straordinaria occasione alla quale devono guardare gli amministratori eletti. Ai quali è richiesto un supplemento di impegno: di studio e di conoscenza.

Il compito che è affidato agli eletti, infatti, è propriamente quello di far lievitare idee e proposte. La democrazia non pretende di mandare al governo i competenti. Il voto seleziona chi abbia sensibilità all'ascolto e capacità di lettura della realtà. Si decide dopo aver valutato, si valuta dopo aver conosciuto, si conosce non solo per scienza infusa.

Per l'assolvimento del compito che lo Statuto affida alla città, dunque Benevento deve avere forma e servizi coerenti. Le prime cose a cui si pensa sono le strade, i parcheggi, le strutture di accoglienza, i servizi di mobilità interna.

Scendendo a fare qualche esemplificazione, occorre completare l'anello di circumvallazione esterna, rendendolo adatto ad un traffico di transito e a quello di spostamento locale, caratterizzandolo tutto a due corsie di marcia e due carreggiate saparate, dotando gli svincoli di corsie di accelerazione-decelerazione, piazzole di sosta, impianti di illuminazione o comunque di segnalamenti luminosi. Attorno a questo anello si possono sistemare distributori di carburanti, punti di ristoro, punti informativi.

Dall'anello esterno si entra in città attraverso assi di penetrazione. Gli assi interquartiere furono avviati negli anni ottanta-novanta. Non solo bisogna completare quelli progettati allora, ma bisogna pensare ad altri. La galleria tra Avellola e il Viale Mellusi va aperta. Altro che rattoppare il solo tratto tra via dei Mulini e Via Avellino (a proposito, come mai il cantiere si è fermato?) e altro che smantellare a Cellarulo il già costruito.

Gli assi di penetrazione non devono essere stradine che vanno ad imbottigliarsi verso improponibili parcheggi. Gli assi di penetrazione devono avere una configurazione organizzata sia per gli accessi e sia per le soste. Dagli assi di penetrazione al centro storico la mobilità privata deve essere assicurata da servizi pubblici. Non solo autobus scaglionati a ritmi convenienti per l'utenza, ma anche taxi. Il centro storico, infatti, non può essere preservato se tutto attorno è assediato da automobili che non riescono a muoversi. Non solo. L'area di centro storico da sottrarre alla mera funzione di circuito automobilistico deve necessariamente essere allargata. Prima o poi tutta la città longobarda deve diventare isola pedonale.

Altre direttrici di possibile sfogo (e di valorizzazione ulteriore) sono i fiumi. Completare il sistema dei lungo fiumi potrà significare anche superare l'attuale contrapposizione tra le attività umane e le esigenze dei fiumi. Non è il muraglione ciò che serve. Al cittadino automobilista servono spazi per circolare e spazi per fermarsi. Lungo il Calore e lungo il Sabato di spazi se ne possono organizzare a milioni di metri quadrati.

Che l'architetto Portas, in qualità di consulente del Comune per la redazione del Piano Urbanistico Comunale, abbia attirato l'attenzione degli amministratori sulla peculiarità di Benevento città fluviale, mi fa molto piacere. Quando Bruno Zevi tenne una conferenza di servizio a Palazzo Paolo V, mi permisi di sottolineare tale peculiarità al rovescio. Benevento si era difesa dai fiumi erigendo i muraglioni. Di una ricchezza potenziale si era sdegnosamente disfatta e la gente non si era mai posta la questione di abbattere quelle barriere per ritrovare una convivenza pacifica.

Bene, adesso che l'ha detto lo straniero, può darsi che saremo di più quelli convinti che, partendo dai fiumi, e circondandoli di interventi intelligenti e rispettosi potremo, tra dieci anni, avere una città più larga, meno caotica, più funzionale e più idonea ad essere la elegante custodia dello scrigno prezioso che è la città antica.

MARIO PEDICINI

info@mariopedicini.it