Va bene così Società

Tutto sommato, va bene così. Nella seconda repubblica, abbiamo sempre avuto l'alternanza. Adesso abbiamo realizzato pure il bipartitismo. Poiché dal parlamento nazionale sono scomparsi i comunisti e i socialisti, qualcuno azzarda l'ipotesi che possa essere iniziata la terza repubblica. La cosa potrebbe fare piacere al Cavaliere, sospettato di pensare che in tale terza repubblica l'alternanza sarebbe ampiamente scongiurata dalle difficoltà dei Democratici Non Più di Sinistra (vale a dire il PD) di riaversi dalla mazzata, soprattutto se si eserciteranno a darsele di santa ragione nel prospettato governo ombra.
Ma parliamo di quello che è successo il 13 e 14 aprile 2008. Del futuro ci occuperemo mano a mano che esso ci passerà davanti agli occhi.

A livello di elezioni nazionali è di tutta evidenza l'affermazione del fattore Berlusconi. Quando lui scende in campo si compattano i nemici e si ringalluzziscono i sostenitori. Stavolta Veltroni ha rifiutato la grande accozzaglia. Egli, infatti, immagina un partito nuovo, buono per il domani (soprattutto quando Berlusconi non ci sarà più, magari perché fatto salire al Quirinale). Per questo ha scaricato i gruppuscoli della sinistra che, pur spolverando la nuova livrea dell'Arcobaleno - parente prossimo della bandiera della pace che tanto giovò in tempi non remoti -, si rifanno chiaro e tondo a idee comuniste, o quantomeno classiste. Veltroni, insomma, ha impedito il coagularsi dell'antiberlusconismo. Con ciò ha innegabilmente aiutato il Cavaliere ed ha messo fuori strada Pierferdinando Casini, illuso dai tanti ex democristiani che a lui chiedono di rifare la DC ma all'atto pratico danno il voto a Berlusconi.

La conseguenza è che al parlamento dal 29 aprile ci saranno PDL, Lega Nord, Movimento per l'Autonomia, PD, Italia dei Valori e UDC. Almeno potremo vedere in tre quarti d'ora di diretta tv le dichiarazioni di voto.
Poiché i candidati erano messi in ordine dai capi partito, nessuna possibilità essendo data all'elettore di dare o negare una preferenza, il Sannio si ritrova con Mino Izzo e Viespoli al Senato e con Costantino Boffa, Mario Pepe e Nunzia De Girolamo alla Camera. Tre a due per il centrodestra, con due new entry: la giovane avvocatessa berlusconiana Nunzia De Girolamo e lo stagionato democratico (ex cristiano) Mario Pepe, tenacemente convinto di essere un parlamentare in aspettativa. Resta a casa Erminia Mazzoni, numero due dell'UDC, candidata solo al Senato nella convinzione che lo sbarramento dell'8 per cento il partito l'avrebbe certamente superato in Campania, forte dell'apporto di Ciriaco De Mita e di qualche voto in libera uscita dalla galassia Mastella. Bastava che si fosse candidata anche alla Camera, adesso anche la Mazzoni starebbe a Monteictorio.

A Benevento, però, si giocava un'altra partita, con altri giocatori, altri allenatori e altre tattiche. Per la elezione del consiglio provinciale e del presidente della Provincia il Partito Democratico si era alleato con Mastella e con tutto il variopinto settore di sinistra e ambientalista. Solo Antonio Medici andava da solo, per contestare la scelta dei suoi di mischiarsi con i mastelliani dopo aver demonizzato Mastella. Non solo. Carmine Nardone, il presidente uscente (e non rientrabile per aver fatto le due consiliature) presentatore della candidatura Nista in contrapposizione a Del Basso De Caro, con ciò provocando l'intervento del Partito che calava il nome di Aniello Cimitile, rientrava nell'antica lealtà-disciplina e approntava due liste di supporto a Cimitile. Insomma, alla fine Mino Izzo aveva quattro liste in appoggio e Cimitile giusto il doppio.
Né Izzo né Cimitile erano riusciti a fare un accordo con l'UDC, sicché Erminia Mazzoni era una candidata presidente forte del solo voto del suo partito, che negli ultimi due anni aveva avuto una, per così dire, discussione interna e aveva perduto alcuni pezzi importanti.

Molti a sinistra si illudevano di poter replicare i successi di Nardone, ipotesi oggettivamente irreale non per demerito di Cimitile (già ottimo rettore dell'Università del Sannio, combattivo e convincente manovratore dell'apparato partitico), ma per il contesto molto diverso nel quale le votazioni del 2008 andavano a cadere (il vento che era stato alle spalle di Prodi e Bassolino, stavolta era sostenuto alle spalle di Berlusconi).
A destra Mino Izzo, già non convintissimo in partenza, confessava involontariamente una irresolutezza allorché prospettava una coabitazione tra le fatiche di senatore e la guida della Rocca dei Rettori. Non si galvanizzano così i sostenitori.

C'era da vedere che cosa avrebbe fatto Mastella. Un'altra lista, secondo tradizione tattica, oltre all'UDEUR era stata buttata nell'arena. Si trattava di vedere quanti tradizionali votanti per il Campanile sarebbero andati in libera uscita verso il vecchio ex democristiano ed ex mastelliano Mino Izzo.
Le due liste hanno retto egregiamente. Mastella può essere contento della tenuta dei suoi fedelissimi. Senza la sua personale discesa in campo, gli hanno portato in dote 4 consiglieri (su 24 che costituiscono il consiglio provinciale), solo uno in meno del PD (corazzata risultante da ciò che furono DS e Margherita).
Contento Mastella, contenti tutti. Nessuno ha fatto cappotto, nessuno è al di sopra di un democratico controllo. Comune e Provincia sono governati da coalizioni di centrosinistra. Il centro destra avrà un filo diretto (e qualche sottosegretario) con il governo. Il nostro augurio è che ciascuno lavori con impegno. Ci sono tutte le condizioni perché nessuno prenda sonno. Insomma, va bene così.

MARIO PEDICINI

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