Verso la democrazia diretta digitale Società
L’Italia, com’è noto a tutti, è una democrazia di tipo rappresentativo, ovvero in cui un gruppo di cittadini, scelti in base a libere elezioni, prende le decisioni a nome di tutta la collettività. Sorvolando sull’attuale legge elettorale o sui privilegi di cui godono questi cittadini una volta eletti, tale forma di democrazia al momento attuale sembra essere la migliore possibile.
Le alternative sono tutte meno democratiche, ad eccezione della cosiddetta democrazia diretta, nella quale cioè tutte le decisioni riguardanti uno Stato vengono prese a maggioranza dall’intero corpo elettorale. Esistono forme di democrazia diretta anche in Italia (i referendum, ad esempio) ed esistono paesi in cui l’istituto referendario è utilizzato molto spesso (come in Svizzera), ma tuttora nessun paese al mondo è governato da un sistema di democrazia diretta.
Eppure i mezzi oggi esistono e già da oltre un decennio vi sono filosofi e studiosi della rete che ipotizzano un futuro non troppo lontano in cui le assemblee rappresentative (Parlamenti, giunte, consigli a livello nazionale e locale) saranno abolite ed al loro posto i cittadini verranno interpellati su ogni decisione d’interesse collettivo attraverso internet. I vantaggi di questa democrazia immediata sono molteplici ed appaiono abbastanza evidenti: innanzitutto si smantellerebbe il sistema che da alcuni anni a questa parte è stato ribattezzato, in maniera dispregiativa, “casta”.
In secondo luogo, i processi legislativi sarebbero velocizzati e snelliti, eliminando le farraginose pastoie burocratiche ed i tempi bizantini con cui in Italia viene presa ogni decisione riguardo le leggi (approvazione nei due rami del Parlamento, vagonate di emendamenti, rinvii dall’una all’altra Camera e possibile rinvio da parte del Presidente della Repubblica) in favore di un metodo che garantirebbe realmente ad ogni cittadino lo stesso peso nelle decisioni che interessano l’intera cittadinanza.
Meno evidenti forse sarebbero i lati negativi di quest’avveniristica forma di democrazia: fermo restando che andrebbero risolti parecchi problemi relativi ai brogli (come impedire agli utenti di votare più volte o di falsificare i risultati del voto telematico), i sostenitori della democrazia diretta tramite web sottovalutano il problema del digital divide, ossia il fatto che al giorno d’oggi non tutti hanno a disposizione un computer ed una connessione internet, ma soprattutto che non tutti sono in grado d’usarli.
Se infatti la legge dispone che possano votare solo i cittadini che abbiano compiuto 18 anni, un sistema di voto telematico nella realtà taglierebbe fuori una grossa fetta dell’elettorato più anziano e, in alcune fasce d’età, la maggioranza assoluta degli aventi diritto al voto non sarebbe in grado d’esprimerlo.
Il che porterebbe ad un risultato paradossale: sin dalla nascita del suffragio universale (solo maschile) il voto era consentito anche agli analfabeti. È questo il motivo per cui ancora oggi votiamo tracciando una X sulla scheda ed è per questo che ogni partito o lista ha un simbolo immediatamente riconoscibile, per permettere anche a chi non è capace di leggere d’esprimere la propria preferenza. Una democrazia digitale invece priverebbe de facto del diritto al voto tutti i moderni analfabeti, coloro che non sono capaci d’usare un computer e di navigare in internet.
La democrazia diretta digitale potenzialmente è uno strumento favoloso che potrebbe portare ad un autentico cambiamento del nostro modo di concepire la partecipazione alla gestione degli affari dello Stato. Ma non è ancora giunto il momento di sostituire la democrazia rappresentativa attuale e forse non verrà per molti decenni ancora.
Saluti dalla plancia,
CARLO DELASSO