Addio, care cabine telefoniche Cronaca

Non andartene docile in quella buona notte. Infuriati, infuriati contro il morire della luce”, sono i versi iniziali di una celebre poesia del gallese Dylan Thomas. È un invito a non arrendersi senza combattere, nemmeno di fronte all’ineluttabilità della morte. Nelle ultime settimane invece abbiamo assistito ad una morte che è avvenuta dinanzi ai nostri occhi, senza alcuna furia, senza nessuna lotta. Una morte silenziosa della quale probabilmente molti non si sono nemmeno resi conto. Sto parlando della cessazione definitiva dei telefoni pubblici.

Tra agosto e settembre infatti, il gestore telefonico TIM (ex Telecom) ha fatto rimuovere gli ultimi telefoni pubblici ancora presenti nelle strade d’Italia. Una morte annunciata: i telefoni pubblici scompaiono definitivamente, ma già da molto tempo non erano più in funzione. Gli ultimi sopravvissuti erano stati danneggiati, vandalizzati o addirittura rubati. E d’altronde, chi di voi si ricorda l’ultima volta che ne ha utilizzato uno? Con l’avvento del telefonino, anzi dello smartphone, nessuno ha più bisogno di ricorrere ad un telefono pubblico per effettuare una chiamata, dunque la loro fine era inesorabile.

Ma c’è stato un tempo in cui i telefoni pubblici erano tutt’altro che un elemento quasi impercettibile nell’arredo urbano. I telefoni della vecchia SIP (come si chiamava la società telefonica statale, prima di divenire Telecom) hanno segnato più di un’epoca. I meno giovani senz’altro ricorderanno la loro presenza in stazioni, aeroporti, pubblici uffici. Quando i telefoni cellulari non esistevano, chi si trovava fuori casa o lontano dal proprio posto di lavoro aveva una sola scelta per telefonare: affidarsi ad un telefono pubblico. D’estate, nelle località di vacanza, capitava addirittura di dover fare la fila per poter chiamare casa. Se oggi è facile ascoltare una conversazione altrui perché il vicino di posto in treno o la persona che è in fila con noi all’ufficio postale parla a voce troppo alta, un tempo capitava di doversi sorbire lunghe, interminabili telefonate mentre si aspettava il proprio turno dinanzi ad una cabina del telefono.

Nel corso dei decenni, anche i telefoni pubblici hanno subito restyling ed aggiornamenti tecnologici: inizialmente l’apparecchio era dotato di un disco per comporre il numero, in seguito sostituito da una tastiera. Poi sono comparsi i display, che indicavano lo scorrere del credito durante la chiamata. E se i primi telefoni funzionavano con le monete o con i gettoni telefonici, più avanti sono nate le schede telefoniche, protagoniste negli anni ’90 anche di un notevole mercato collezionistico.

Il declino dei telefoni pubblici è iniziato in parallelo con il diffondersi dei cellulari, ha poi avuto un’accelerata con il passaggio dalla lira all’euro: convertire gli apparecchi alla nuova valuta in corso aveva un costo, così molti esercizi pubblici hanno preferito disfarsene piuttosto che aggiornarli.

E non solo in Italia, ma in tutto il mondo oramai i telefoni pubblici sono passati dal diventare obsoleti ed invisibili allo scomparire definitivamente dalle strade. Con loro se ne va un pezzo di storia, il ricordo di un’abitudine desueta appartenuta a più di una generazione. I più giovani nemmeno sanno cosa fossero, gli altri dovranno accontentarsi d’ora in poi di vederli nei vecchi film.

Rimane da chiedersi, adesso che le cabine telefoniche non esistono più, come farà Clark Kent a cambiarsi d’abito e diventare Superman senza che nessuno se ne accorga.

CARLO DELASSO