Nuove pale eoliche nel Sannio... Preoccupazione per agricoltura e paesaggio Cronaca
La presentazione dell’ennesimo progetto eolico destinato alle colline guardiesi, in particolare all’agro fertile di San Lorenzo Maggiore, sta suscitando una crescente preoccupazione tra i cittadini e le istituzioni locali del Sannio.
L’iniziativa, infatti, secondo molti, rischia di compromettere - attraverso una logica speculativa, incompatibile con i dettami delle normative nazionali ed europee - i sacrifici compiuti dagli agricoltori della zona, che continuano a sostenere il settore primario, nonostante le pressioni di un mercato vitivinicolo sempre più instabile.
A suscitare le reazioni più critiche è la collocazione dell’impianto, prevista nel cuore del Sannio DOC: un’area regolata da uno stringente disciplinare di produzione, volto a garantire la valorizzazione commerciale e identitaria dei vini sanniti.
Una zona che, oltre a racchiudere una tradizione agricola secolare, rappresenta un presidio ambientale di pregio, oggi messo a rischio da interventi considerati invasivi e poco coerenti con la vocazione del territorio.
Non sono mancate perplessità anche in merito alla posizione assunta dai vertici del Parco Regionale della Campania, i quali - ignorando la recente definizione dell’iter costitutivo del Parco Nazionale del Matese da parte del Ministero dell’Ambiente - anno di fatto avallato il progetto, suscitando critiche per una condotta ritenuta poco attenta al patrimonio agricolo e paesaggistico della provincia di Benevento.
A rafforzare il fronte critico è intervenuto, nei giorni scorsi, anche l’economista Fabrizio Barca, da tempo impegnato sui temi dello sviluppo territoriale, il quale ha ribadito l’importanza strategica delle aree collinari e montane. Secondo Barca, il cambiamento climatico - sempre più rapido e imprevedibile - restituisce centralità a quelle “terre alte”, capaci di offrire risorse produttive, ambientali e sociali, da valorizzare con lungimiranza nei futuri programmi agricoli.
Oltretutto, i Comuni di media e alta collina presentano spesso caratteristiche ideali per la qualità della vita: temperature miti, aria pulita e una piacevole escursione termica tra giorno e notte, che consente di riposare bene senza ricorrere a condizionatori o sistemi artificiali.
A differenza delle città metropolitane, dove in estate si soffre tra il cemento rovente, il traffico e il rumore dei climatizzatori, le colline offrono un’alternativa sostenibile, permettendo un risparmio energetico naturale.
Gli inverni sono meno rigidi rispetto alla montagna; le estati, calde ma asciutte, sono prive di quell’umidità soffocante che rende faticoso persino uscire di casa.
Qui, l’ambiente è a misura d’uomo, modellato da un clima temperato mediterraneo che rende tutto più vivibile: dalla cura dell’orto al piacere di un calice di vino al tramonto, senza il sottofondo assordante dei clacson.
Mentre nelle metropoli si lotta per un angolo d’ombra o un parcheggio sotto l’unico albero del quartiere, in collina si vive - e si respira - meglio. E non è solo una questione climatica.
Perché sacrificare tutto questo per un vantaggio economico limitato e temporaneo? Perché mettere a rischio la buona commercializzazione del vino e dell’olio - e dunque il giusto riconoscimento economico per chi lavora la terra - in nome di un progetto contestato, calato dall’alto e percepito come estraneo al territorio?
DOMENICO ROTONDI