Stupidaggini in rete... e un bimbo muore Cronaca
Alla periferia di Roma, in un incidente d’auto ha perso la vita un bambino di 5 anni. La vicenda, che normalmente sarebbe rimasta nei confini della cronaca locale, ha invece ottenuto risalto su tutti i mezzi d’informazione per la dinamica dell’incidente. L’auto su cui viaggiava il bambino, insieme alla madre ed alla sorella minore, entrambe rimaste ferite ma non in pericolo di vita, si è infatti scontrata con un SUV di una lussuosa marca italiana a bordo del quale viaggiavano cinque ragazzi, tutti ventenni o poco più, cinque youtuber che stavano riprendendosi mentre svolgevano una challenge.
Il ragazzo al volante del SUV ha solo vent’anni e per legge, in quanto neopatentato, non potrebbe guidare veicoli con potenza superiore a 95 cavalli. L’auto era stata presa a noleggio, ma i responsabili dell’autonoleggio non possono essere accusati di nulla. La legge infatti vieta a chi ha conseguito la patente da meno di tre anni di guidare automobili oltre una determinata potenza, ma non vieta di noleggiarle (poiché non è detto che la persona che noleggia l’auto sia poi la stessa che la guiderà).
Ma l’aspetto che più ha colpito l’opinione pubblica è che i cinque ragazzi a bordo del SUV sono un gruppo famoso su Youtube per le loro sfide online. E nel momento in cui è avvenuto l’incidente, stavano filmando, con più videocamere accese contemporaneamente, ciò che accadeva per poi caricarlo in rete. Avevano infatti lanciato una sfida ambiziosa ai loro numerosi follower: percorrere le strade di Roma su di un’auto di lusso presa a noleggio per 50 ore di fila, guidando a turno e senza effettuare soste, a parte alcune brevi fermate per fare benzina, andare in bagno e rifornirsi di snack e bibite. Avrebbero anche dormito in auto a turno. La sfida, come tutti sappiamo, è andata a finire molto male.
Gli abitanti del quartiere di Roma in cui è avvenuto l’incidente hanno dichiarato che quell’auto era già stata vista più di una volta sfrecciare in zona, ad una velocità di gran lunga superiore a quanto consentito.
Mentre scrivo, gli esiti della vicenda sono ancora incerti. Si sa che il ragazzo alla guida dell’auto al momento dell’incidente è indagato per omicidio stradale. Nessuna accusa è ancora stata sollevata contro gli altri occupanti del veicolo. Il canale Youtube dei cinque giovani, dopo aver subito un’impennata di follower in seguito alla vicenda, è poi stato chiuso di comune accordo dai ragazzi, che in un comunicato hanno espresso il loro dolore per il tragico esito della sfida.
Restano così tante domande, tante considerazioni da fare. Da che mondo è mondo, i giovani commettono delle stupidaggini. E qualche volta purtroppo le stupidaggini finiscono in tragedia, come in questo caso. Ma adesso le stupidaggini vengono filmate, pubblicate in rete e fanno persino guadagnare soldi a chi le compie. Molti di noi oggi proverebbero imbarazzo nel ripensare a certe azioni avventate, insensate, compiute quando eravamo ragazzi. Mai e poi mai vorremmo rivederle in video o mostrarle a migliaia di estranei, neanche se ci pagassero.
Eppure viviamo in una realtà in cui le aziende, gli sponsor, sono disposti a pagare chi crea contenuti. Ma non qualsiasi contenuto: bisogna attirare visualizzazioni, incuriosire il pubblico della rete che ormai ha visto tutto e non si stupisce più di niente. Ecco dunque che per monetizzare (il termine con cui si indica il ricavare un profitto dai video pubblicati su Youtube) bisogna eccedere.
E così, se andiamo a scavare, scopriamo dunque che in questo caso un bambino è morto non solo per l’irresponsabilità di alcuni ragazzi, per la noia, per il desiderio di trasgressione o per la voglia di adrenalina, ma anche o soprattutto per denaro.
CARLO DELASSO