Dare torto a chi ha ragione Cultura

Nella Sala di Presidenza del Liceo Classico ‘Pietro Giannone’ di Benevento, tra persone in attesa, citai a bassa voce una famosa raccomandazione di Aristotele: “In situazioni difficili poniamoci domande su noi stessi, sul presente, sul futuro”. Un sorriso di consenso arrivò da una docente di filosofia che mi aveva sentito e capito: notavo che molti distoglievano e riportavano più volte lo sguardo alla parete su cui era esposta la ormai secolare bandiera tricolore dell’Istituto con al centro lo stemma dei Savoia e lo scudo col Fascio. Un ignoto militare inglese l’aveva portata via durante la Seconda Guerra Mondiale, i suoi eredi l’avevano proposta sul mercato antiquario di Londra, dove la rintracciai e acquistai per il Museo del Sannio col contributo del Comune di Benevento, per poi restituirla all’Istituto di origine. Quel documento storico attesta quanto sia impossibile rimuovere tragedie incise per sempre nella identità beneventana (FOTO).

Suonava la campanella, la professoressa tornò ai suoi studenti: “ricordatevi che la filosofia serve per la vita di ogni giorno, aprite la mente e chiedetevi sempre chi siete”. Uscendo dall’aula i ragazzi canticchiavano ridendo “io sono me stesso… io sono me stesso”, la più presuntuosa convinzione degli umani ridiscussa anche nella recente mostra  Me stesso e io mediante confronti tra ritratti d’epoca e di arte contemporanea (Venezia, Ca’ Pesaro, Galleria Internazionale d’Arte Moderna). “Ti porrai qualche domanda tu?” chiesi a uno studente. “Io nessuna, o forse la solita: dove posso incontrare amici ridicoli? A me piace ridere degli altri, è eccitante, mica è vietato” rispose. Bada che ridere è una cosa seria, gli dissi, e Socrate ha insegnato che è utile ridere anzitutto di sé. Andò via di corsa…

Spariti i maschi, restò qualche ragazza: “Voi ragazze preferite non ridere degli altri ma stare con gli altri, per farvi guardare, giusto? E discutete mai di bellezza?”. Mi salutava intanto la professoressa di filosofia, trattenuta da qualcuna che, incuriosita, adesso voleva sapere la sua e la mia idea in proposito. Più che una lezione fuori orario, consigliai, sarebbe efficace sceneggiare in classe il divertente racconto di Senofonte su Socrate che partecipò ad un… concorso di bellezza. Me ne chiesero un cenno, e lì in Piazza Risorgimento restammo ancora un po’.

Sappiamo che Socrate era ben diverso da come appare nei fantasiosi ritratti antichi. Molto brutto, non si lavava, si vestiva in modo indecente, andava troppo discinto a fare la spesa, litigava con la moglie Santippe… Eppure, si inseriva facilmente tra giovani e anziani raccontando le proprie vicende militari e questioni intime, frequentava donne e uomini di ogni tipo anche per incontri erotici, proponeva ragionamenti su qualunque argomento, divertendosi e divertendo.

Le persone cascavano nella rete dei suoi affascinanti stratagemmi discorsivi perché sfruttava il fatto che tutti si credono sapienti. Quando l’enigmatico Oracolo di Delfi gli rivelò che il più sapiente degli uomini era lui non ci credette, continuò a ripetere di non sapere. Ma il suo amico Critobulo - racconta Senofonte - era sicuro che si ritenesse intelligente e bello. Un giorno lo sfidò a una gara, con estranei invitati a giudicare. “Accetto la sfida - rispose Socrate - ma prima dimmi se stiamo parlando soltanto di persone”. “No, la bellezza è per tutti, ce l’hanno anche i cavalli, i buoi e molti oggetti - rispose l’amico - perfino uno scudo, una spada che uccide, una lancia militare”. “Come mai tante e tante cose possono essere belle? La bellezza è infinita?”. “Certamente: se sono cose funzionali allo scopo per cui sono state fatte, allora sono sicuramente belle”. “Ti sbagli, secondo me la bellezza dipende da ben altro - disse Socrate - facciamo qualche esempio e capirai che hai torto, tu sai a cosa servono gli occhi?”. “Per vedere”. “Se servono per vedere, i miei occhi sono più belli dei tuoi!”. “E perché?”. “Perché i tuoi occhi guardano soltanto davanti, i miei invece sporgono molto dalle orbite e quindi funzionano di più, io vedo anche in alto in basso e di lato senza muovere la testa”. “Non dirmi che il tuo enorme naso è più bello del mio” gli disse Critobulo innervosito. “Stando al tuo ragionamento il mio è più bello - rispose Socrate -, gli dei ci hanno dato il naso per odorare ma le tue narici sono strette, rivolte soltanto verso terra, le mie invece si allargano di lato e verso l’alto, così io sento più odori di te, quindi il mio naso è più bello del tuo perché molto più funzionale”.

Critobulo non riusciva a contraddirlo, rinunciò a continuare. Al grande filosofo non interessava vincere la gara ma solo dimostrare che una cosa può essere molto funzionale e utile, una persona più gradita di un’altra, ma questo non ha nulla a che vedere con la bellezza, altrimenti sarebbe da considerare bello anche ciò che tutti vedono brutto. Socrate aveva ragione, ma i componenti della giuria gli diedero torto perché le sue presunte capacità fisiche di cui aveva parlato non nascondevano quanto fosse veramente brutto.

ELIO GALASSO