Donne geniali Cultura
“Tu sai quand’è che le donne geniali modificano l'esistenza umana?”. Voleva continuare a parlare con me il grande scrittore Domenico Rea ma era arrivato il momento della “spartenza”, un vocabolo che usava per sottolineare che la vera causa delle nostre idee discordanti era il treno del mio ritorno serale a Benevento. Provai a salutarlo scherzando: “Io so che per te le donne geniali sono eterni dei”, e lui si accanì: “Non confondere la furbizia con il genio. Le donne furbe fingono di nascondere quello che fanno, per farlo scoprire subito. Quelle geniali invece rompono tutte le reti di cui sono prigioniere e creano cose di cui si accorgerà tutto il mondo”. Il treno era ormai partito.
Conversare con uomini come lui mi faceva immaginare dialoghi con altri talenti non solo della letteratura. Citai il punto di vista di Aristotele (“tutte le donne sono incapaci di controllarsi…”) e quello di Umberto Eco (“tutte le donne sono incontrollabili…), e Domenico Rea mi parlò di “maestre e maestri di ignoranza” che aveva raccontato nel romanzo Ritratto di maggio. Da ragazzino aveva abbandonato la scuola poco dopo le medie, senza tornarci mai più. Per lui Einstein era incomprensibile e Umberto Eco talmente accecato dalla ‘bellezza filosofica’ da non capire che le donne geniali affrontano le gabbie sociali ma sperano che ciò che producono col loro genio diventi una nuova gabbia contro cui le donne del futuro dovranno lottare: “Non c’è creatività senza norme vincolanti a cui sfuggire” mi ripeteva, un pensiero che ha orientato non poche mie idee sull’arte.
Sull’argomento Albert Einstein aveva intanto scritto che il genio è 1% talento e 99% lavoro duro, e Umberto Eco che le talentuose hanno fretta di ‘fare’, sapendo che i loro progetti potrebbero svanire. E non si esibiscono, rischiando di essere dimenticate.
Il talento indusse una donna ad imbarcarsi nel 1768 in una spedizione di studi scientifici che avrebbe attraversato oceani e continenti pericolosi, organizzata dal grande botanico Louis Antoine de Bougainville per scoprire piante ignote. Si chiamava Jeanne Baret (1740-1807) quella ragazza di famiglia povera, domestica del naturalista Philibert Commerson invitato a partecipare alla spedizione. Pur di non perdere l’occasione, Jeanne partì con lui lasciando in Francia un figlio appena nato. Fece di più. Poiché le leggi vietavano alle donne di viaggiare in contesti non familiari, per anni si travestì da uomo rischiando di essere scoperta dall’equipaggio e abbandonata su qualche isola deserta. Durante il lunghissimo itinerario qualcuno la intravide nuda nella sua cabina ma, protetta da Commerson, era ormai diventata indispensabile per la capacità di individuare erbe e fiori, conchiglie e animali d’altri climi, e di inventare sistemi per classificarli. Resta dimenticata, anche se il suo nome fu poi dato ad una pianta da lei scoperta, il Solanum baretiae, un riconoscimento minimale per Jeanne Baret, che non è stata geniale in quanto prima donna ad aver fatto il giro del mondo sfidando le regole sociali ma per aver compreso più di due secoli fa l’importanza delle diversità esistenti nella natura.
Folle sembrò anche l’impegno scientifico di Mary Wortley Montagu (1689-1762) (FOTO). Nel 1716 seguì il marito ambasciatore britannico in Turchia e da lì scrisse migliaia di lettere a familiari e intellettuali diffondendo riflessioni acutissime sulla mentalità delle donne islamiche, sugli harem, sui bagni turchi e sulla ‘variolizzazione’, antica tecnica curativa asiatica consistente nell’innestare sottopelle materiale infettivo estratto dal corpo di malati di vaiolo per stimolare l’immunità. In sostanza la vaccinazione. Sfidando i medici e le leggi inglesi la praticò sui suoi figli, come rivalsa per essere stata sfregiata lei stessa dal vaiolo l’anno prima della partenza. Gli scritti di Lady Montagu sulla cultura dell’Impero Ottomano affascinarono l’Europa dando origine alla moda dell’orientalismo che schiuse prospettive nuove all’arte occidentale, testimoniate da capolavori come Il bagno turco del pittore neoclassico francese Jean-Auguste-Dominique Ingres.
Viaggiare diventò una scienza sperimentale nell’Ottocento con l’austriaca Ida Reyer Pfeiffer (1797-1858), transitata dal ruolo di casalinga a quello di esploratrice di territori tra il Sud Africa e la California. Col cappello di bambù sul capo e una foglia di banano a proteggere il viso dal sole, in camicia e gonnellone alternato a pantaloni svasati, si lasciò attrarre dalle varietà del mondo finché decise di approfondire lo studio dell’Isola di Borneo in Indonesia. La esplorò fin nel recondito delle foreste convivendo con i nativi e ne descrisse vita e usanze, tradizioni e religioni in libri ispiratori poi di scrittori come Emilio Salgari che in quegli stessi luoghi, senza mai esserci andato, ambientò alcuni suoi romanzi d’avventure, Le tigri di Mompracem e I pirati della Malesia, con personaggi come Sandokan spettacolarizzati dalla televisione.
Cambiavano i tempi ma restava ancora tanto da cambiare relativamente alle donne di talento se Lise Meitner (1878-1968), specialista di caratura mondiale in fisica e radioattività, nel primo Novecento veniva fatta entrare nei laboratori dell’Università di Berlino dalla porta di servizio, come addetta alle pulizie, perché in Prussia le donne non erano ancora ammesse agli studi universitari. Le sue ricerche di fisica nucleare, utilizzate da Albert Einstein, ottennero nel 1944 il Premio Nobel, consegnato però ad Otto Hahn direttore del laboratorio in cui lei guidava le scoperte scientifiche. Una consuetudine maschilista, questa, definita Effetto Matilda da Margaret W. Rossiter, che mediante analisi statistiche di oltre mille saggi pubblicati su riviste scientifiche tra il 1991 e il 2005 ha dimostrato che molti studi scientifici firmati da uomini sono invece dovuti a donne. A tale indegna consuetudine la Rossiter ha assegnato il nome di Matilda Joslyn Gage (1826-1898), una delle prime femministe statunitensi scese in campo per i diritti dei nativi americani e il voto alle donne.
Oggi però, anche se nella rete del web i cattedratici maschi definiscono l’Effetto Matilda una ipotesi assurda, le donne geniali continuano a ‘fare’ quello che sanno ‘fare’ soltanto loro. Fuori da ogni rete.
ELIO GALASSO