Il sabba delle streghe nell'arte del '600 Cultura

Il grande interesse suscitato per il disegno di Guglielmo della Porta, la cui datazione viene fissata tra il 1534-77, raffigurante le streghe al noce di Benevento, conservato presso il Museum of Art di New York, mi ha spinto a ricercare ulteriormente il sabba delle streghe nel seicento, dove appunto era molto diffuso nei testi demonologici e letterari oltre che nelle opere teatrali.

Partendo dalla Francia, scopro una prima raffigurazione del rito di carattere stregonesco nell’incisione di Jan Ziarko, inserita nell’opera di Pierre de Lancre del 1607 dal titolo: Tableau de l’inconstance et instabilité de toutes choses. L’incisione mi colpisce per la presenza di rospi, simbolo di lussuria molto legato alla stregoneria. I rospi si possono osservare sullo schienale sinistro del trono della regina del Sabba, altri nello stagno pronte per essere pescate da un gruppo di giovani, per poi essere gettate nel calderone magico. Seguono immagini di banchetti, orge e streghe volanti su animali mostruosi.

L’autore dell’opera, Pierre de Lancre, fu un magistrato e inquisitore francese, ossessionato dell’onnipresenza dei demoni dopo aver assistito a una serie di esorcismi. La sua opera attirò l’attenzione di Enrico IV, il quale poi incaricò il magistrato di indagare sui casi di stregoneria nella parte settentrionale dei Paesi Baschi.

Il terrore che fu in grado di scatenare in quel periodo fu tale che la popolazione scappò via da Labourd per rifugiarsi in Spagna.

Restando sempre nel nord Europa, visitando virtualmente il Rijksmuseum di Amsterdam, scopro il dipinto di Claes Jacobsz van der Hech dal titolo il Sabba delle Streghe, 1636 (nella foto).

Questo dipinto si inserisce nella tipologia delle inquietanti scene di stregoneria. L’iconografia rimarca il tema della lotta del bene contro il male. Tutte le figure infernali sono presenti in questa scena del Sabba: creature fantastiche e diaboliche, streghe e gatti neri si mescolano tra le rovine di alcuni edifici romani a simboleggiare la distruzione del cristianesimo. Nel riquadro destro una piccola schiera di religiosi intenti a pregare per la scacciata del maligno.

La mia ricerca termina inevitabilmente con il mito del noce di Benevento. Nel gennaio del 1690, nel teatro Colonna a Roma, venne rappresentata un’opera teatrale spettacolare dal titolo: La caduta del regno dell'amazzoni. Questo dramma fu commissionato dall’eccellentissimo ambasciatore di Spagna, per festeggiare e magnificare le nozze di Carlo II re di Spagna e della principessa Marianna, contessa palatina del Reno. Per l’occasione venne pubblicata un libretto accompagnato da tredici incisioni.

La mia attenzione cade per l’appunto sull’incisione di Girolamo Fontana, dove viene illustrato l’amore di due personaggi, Turpinoe e Tisbe, in tema stregonesco.

La particolarità di questo intermezzo magico-stregonesco, attribuito a Filippo Acciajoli è la rievocazione davanti agli spettatori della malia del noce di Benevento, dove il caprone porta in aria Turpino in forma di Nottola, intorno a cui compaiono diversi mostri, che formano vari balli, orge e banchetti in compagnia di altri diavoli, contraddistinto principalmente dal volo notturno delle streghe.

Da dove l’Acciajoli trasse ispirazione per l’insolita rappresentazione? Considerato il periodo storico in questione, la risposta potrebbe essere nella lettura del libro scritto dal medico beneventano Pietro Piperno: il De nuce maga beneventana, pubblicato a Napoli nel 1635, successivamente tradotto in italiano e ampliato in alcune parti nel 1640.

Al termine, per rendere suggestivo il racconto legato al mito delle streghe di Benevento, pubblichiamo sul portale on line www.realtasannita.it nella rubrica “Il Sannio visto da un drone” un nuovo video.

https://www.youtube.com/watch?v=hTJs2c6HfnA

CESARE MUCCI