Iside, Madonna e strega Cultura

Un misto di divinità e magia avvolge da sempre la dea egizia Iside, infittendo di mistero la sua figura che si intreccia nei secoli con quella della Vergine Maria.

È proprio dal voler fare luce sull’ambiguità che aleggia intorno al culto isiaco a Benevento che ha preso le mosse il viaggio storico-culturale presentato con maestria e dovizia di particolari, nel convegno ”Iside: madonna e strega di Benevento”, dal prof. Elio Galasso presso l’Associazione AUSER-USELTE.

Leggenda, misticismo, razionalità si contrappongono in un itinerario fatto di date storiche, importanti reperti archeologici e dipinti che raccontano la storia di una delle più grandi dee egizie appartenente all’Enneade- le nove divinità alla base della nascita del mondo secondo la mitologia egiziana. Dea della luna e della terra, del ciclo della fertilità, della maternità. Spesso raffigurata mentre allatta il figlio Horus in braccio, simbologia che richiama la Madonna con il bambino Gesù.

Una memoria storica - a tratti sconosciuta - le cui tracce sono disseminate tra strade, piazze, chiese e porte antiche che attraversano Benevento rendendola un vero e proprio patrimonio ricco di tesori in parte ancora nascosti.

Venerata dal 2500 a.C. in Egitto e in tutto l’Impero Romano, Iside è stata raffigurata nel tempo in varie forme. La più conosciuta la rappresenta con le ali legate alle braccia, due corna bovine sul capo che rappresentavano la fertilità e un disco tra le corna ad indicarne il potere totale sulla terra insieme ad Osiride suo marito, dio del sole.

Maestose le opere scultoree dedicate ad Isi o Isis - Aset in egiziano - la cui idolatria fu istituita nel Sannio dall’imperatore Domiziano nel I secolo d.C. che la consacrò Signora di Benevento, e poi portata avanti da Caracalla nel II secolo d.C. fino alla comparsa della religione cristiana.

I numerosi ritrovamenti conservati presso il Museo del Sannio sono riconducibili al famoso Tempio Isiaco, ormai scomparso, eretto per conto di Domiziano da Rutilius Lupus grande imprenditore beneventano dell’epoca romana - come dimostrano le traduzioni delle iscrizioni geroglifiche sugli obelischi. Il Tempio con tutta probabilità si trovava nei pressi della Cattedrale, alle porte della città. Alcuni dipinti dei primi dell’800, infatti, raffigurano sul sagrato del Duomo l’obelisco isiaco. Obelisco posizionato dopo l’unità d’Italia in piazza Papiniano. Sulle scalinate del Duomo, inoltre, erano collocate due sfingi egiziane che si guardavano l’un l’altra. Le uniche due sfingi che hanno conservato la testa - ha sottolineato il prof. Galasso - poichè tutte quelle ritrovate in seguito risultano decapitate. Tra i secoli IV eV d.C. le sculture isiache sono state sfregiate nel tentativo di distruggerne il culto, in seguito alla diffusione del Cristianesimo ed alla sostituzione delle immagini sacre ad Iside con quelle della Madonna.

Altro dipinto risalente allo stesso periodo del Tempio, ad opera di Carlo Labruzzi, raffigura il toro Apis situato appena fuori porta San Lorenzo - presso il Monastero di San Lorenzo - attuale Basilica della Madonna delle Grazie dove tuttora è posizionato.

Il toro, erroneamente definito bue e oggetto di tante denunce per la situazione di degrado in cui riversa - anche da parte di questo giornale - non presenta tutte le caratteristiche dell’effige egizia connesse al culto di Iside. La statua, in granito rosa, è stata importata dall’Egitto e l’epigrafe mostra che il suo rinvenimento risale al 1629 nella Valle del Sabato - presso Casale Maccabei. Tuttavia, il toro alias bue, non presenta la rimarcazione del sesso, fondamentale per gli egiziani per la forte valenza simbolica attribuitagli come dio della fertilità.

Tale mancanza - ha motivato il prof. Galasso - è dovuta all’epoca più tarda in cui è stato scolpito quando si era persa gran parte della precisione iconografica.

Nel corso degli anni sono centinaia i reperti e i frammenti di sculture venuti alla luce che ricostruiscono il culto di Iside a Benevento, come quelli emersi in seguito al grande terremoto del 1688 che fece crollare la Basilica di San Bartolomeo - a quell’epoca attigua alla Cattedrale - dalle cui macerie furono rinvenute tre parti di un obelisco, custodite presso il Museo del Sannio.

Anche l’obelisco dell’attuale piazza Matteotti è legato alla dea egizia ma fu innalzato tra il 1806 e il 1815 dai francesi, che con il principe di Talleyrand occuparono Benevento.

In epoca più recente, nel 1903, sotto la chiesa di Sant’Agostino furono ritrovati svariati manufatti realizzati in Egitto e trasportati a Benevento.

Tutti i reperti, nonostante l’appartenenza ad epoche e a templi diversi, riportano la raffigurazione della luna inequivocabile simbolo isiaco.

La leggenda delle Janare che hanno reso Benevento la città delle streghe - per secoli attribuita erroneamente ai Longobardi che giunti a Benevento erano già cristianizzati - è da ricondurre all’aspetto magico che ha accompagnato la venerazione di Iside. Aspetto che in tempi moderni è stato spezzato dagli artisti, primo fra tutti il pittore Goya, che hanno reinterpretato la stregoneria in maniera ironica, umoristica e giocosa, contribuendo a “sdemonizzare” le streghe e conferendo alla storia quel fascino che continua a suscitare l’interesse di turisti e cittadini.         

ALESSANDRA GOGLIANO

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