Iside, signora di Benevento. Nuovi studi chiariscono l'importanza dei reperti egizi Cultura

Una vera maratona isiaca è stata la due giorni di conferenze presso il Museo ARCOS, dedicate a questa importante sezione del patrimonio storico-culturale cittadino: i reperti del culto tributato a Iside a Benevento sin dal I sec. d. C. La Cooperativa Sociale I.D.E.A.S., presieduta da Mario De Tommasi, ha organizzato la VI edizione di un evento che ha chiamato “Vinimi ‘nzuonno. Il linguaggio della memoria”, articolato sia in incontri dedicati alla formazione di operatori turistici e sia da un incontro pubblico a sua volta articolato in due momenti.

Il primo, dal titolo L’onirico, i simulacri, i profumi e le atmosfere ha proposto un’immersione nelle atmosfere magiche create dai suoni musicali di antichi strumenti, che Marco Sciascia ha ricostruito in base alle raffigurazioni che di essi abbiamo nelle pitture antiche o sui pochissimi esemplari conservati emersi dagli scavi. Sciascia presso il Museo di Torino ha potuto ricostruire il Saibi-nay un flauto obliquo; il Mai, flauto a doppia ancia e l’Asi, un flauto a doppia canna ad ancia singola. In mostra un sistro, un cembalo e un timpano strumenti che accompagnavano le sacre processioni isiache, come quella del Navigium Isidis, durante la quale la statua della dea era bagnata in un corso d’acqua, presumibilmente a Benevento nel fiume Calore, per inaugurare in primavera la stagione propizia alla navigazione.

L’imprenditrice Petronilla Liucci ha mostrato come la presenza dei reperti egizi possano stimolare la cultura del fare, ricavando le idee per una serie di prodotti di alta qualità che possano veicolare l’immagine identitaria di Benevento nel mondo, proprio a partire da ciò che sappiamo intorno al culto della dea: dalla creazione di profumi, a quella di foulards e oggettistica, in una produzione di tipo artigianale, promotorice di bellezza e creatività raffinata.

Massimiliano Nuzzolo, ricercatore presso l’Università di Torino, co-direttore, con la prof.ssa Rosanna Pirelli, della Missione archeologica Italiana al tempio solare di Niuserra ad Abu Ghurab, presso Il Cairo, ha dedicato il suo intervento A Domiziano, l’amato di Iside. La venerazione che tutta la famiglia dei Flavi nutriva per la dea Iside comincia con Vespasiano, padre di Domiziano, al momento della sua ascesa al trono, acclamato imperatore ad Alessandria d’Egitto, addirittura aveva operato miracoli di guarigione; Domiziano, giovanissimo, era scampato a un attentato travestito da sacerdote di Iside.

Quando nell’81 divenne imperatore, Domiziano diede grande impulso al culto isiaco e fece costruire il grande iseo campense a Roma e il tempio di Benevento. L’importanza del tempio beneventano è stata intuita da Rosanna Pirelli, perché esso era l’unico altro tempio voluto dall’imperatore-faraone. Che Domiziano si sentisse investito di una missione sacra, come continuatore dei faraoni e dei sacri riti della dea è testimoniato dalle suppellettili del tempio isiaco ritrovate a Benevento nel 1903 da Almerico Meomartini sotto un tratto delle cosiddette mura longobarde.

Vittime di iconoclastia antipagana, i reperti sono perlopiù acefali, ma le statue in basalto di Domiziano in veste di faraone hanno conservato la testa e sono tra i pochi ritratti di Domiziano scampati alla damnatio memoriae, seguita alla sua uccisione nel 96 d. C. La cista in porfido è sicuramente successiva a questa data, testimoniando la sopravvivenza del culto almeno fino all’età di Caracalla, nel III sec. d. C. Tra le ipotesi più interessanti, ricordiamo la collocazione del tempio di Iside nella stessa zona dell’Arco di Traiano, presso la via Appia.

PAOLA CARUSO

Nella foto un momento della conferenza di Massimiliano Nuzzolo presso il Museo Arcos