La cultura popolare e contadina di Molinara rivive nel libro di Cristina Addabbo ''Le Opere e i Giorni'' edito da Realtà Sannita Cultura

L’atmosfera: quella tipicamente deliziosa e avvolgente di una famiglia in una sera di festa.

La protagonista: una mamma, una nonna, un’amica Cristina Addabbo.

Il protagonista: il volume “Le opere e i giorni. Molinara racconta”.

I protagonisti: tutti i presenti.

Essì, perché quella che si è svolta la sera di sabato 29 ottobre nell’imponente Palazzo Ionni di Molinara non è stata la classica presentazione di libro, come ce ne sono tante, ma si potrebbe definire più una conviviale familiare, con quella voglia di raccontare e raccontarsi, con il desiderio manifesto di stare insieme ancora e ancora, con il guardarsi tutti occhi negli occhi… Merce rara oggigiorno, dove impazzano gli smartphone e le teste chine su di essi…

Ma dicevamo, il libro: “Le Opere e i Giorni, Molinara racconta”, scritto da una fiera molinarese Cristina Addabbo e pubblicato dalla Casa Editrice Realtà Sannita.

«Un lavoro completo e armonico», così lo ha definito l’assessore alla Cultura Lucilla Cirocco.

«Credo che il merito più grande di questa opera - ha spiegato ad un pubblico oltremodo attento e numeroso - sia quello di aver ridato alla comunità molinarese un pezzo della sua storia, perché “Le Opere e i Giorni” non è semplicemente un racconto della vita, dei lavori, dell’alternarsi delle stagioni e delle età, ma è una possibilità, una opportunità di immergersi e quindi di vivere quella vita da parte del lettore. E allora ci ritroviamo insieme a zi’ Rocco sul ballatoio di casa sua a chiacchierare in una sera d’estate o ci uniamo al coro delle donne in processione che invocano canti alla Madonna».

Non solo un libro da leggere e gustare, in quanto l’assessore ha anche annunciato: «Questo volume arricchirà le nostre visite guidate nel centro storico di Molinara, perché potremmo catturare ancora di più la curiosità e la meraviglia dei turisti che sempre più numerosi ci vengono a visitare e che restano affascinati dai nostri luoghi e dalla nostra accoglienza».

E ancora: «Da assessore con delega anche alla Scuola proporrò la lettura di queste pagine ai nostri alunni della scuola secondaria di primo grado per consentire loro di attuare quella sinergia con il territorio che vivono e che hanno necessità di conoscere, rispettare e valorizzare».

L’evento è stato anche l’occasione per ricordare Giovanni Fuccio, fondatore e direttore del periodico di informazione giornalistica locale Realtà Sannita (1978), editore della omonima Casa Editrice (1989), presidente per moltissimi anni della Associazione Stampa Sannita, consigliere nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e promotore di una moltitudine di iniziative culturali.

«È stato un punto di riferimento per tutta la Stampa e la Cultura sannita e noi tutti lo ricordiamo con immenso affetto», ha affermato il sindaco Giuseppe Addabbo, anch’egli giornalista.

Ma dicevamo in apertura, l’aria familiare…

Il sagace e brillante primo cittadino è anche il nipote dell’autrice del libro.

«Mia zia - ha detto - ha dato negli anni un contributo notevole alla comunità molinarese dedicandosi ad attività culturali, come convegni e spettacoli sulla storia del territorio e sulle tradizioni popolari, valorizzando soprattutto il repertorio dialettale, e collaborando altresì alla pubblicazione di opuscoli di rielaborazione storica su Molinara».

«La storia - ha sottolineato Addabbo - è anche quella che appartiene al quotidiano, alla vita delle comunità, piccole o grandi che siano, e questo libro è uno spaccato di ciò che era Molinara prima del terremoto del 1962, un sisma che ha segnato la linea di demarcazione tra il vecchio e il nuovo per tutto il territorio dell’Alto Sannio e del Fortore, ma soprattutto per la nostra piccola comunità che, fino agli anni ‘60, era rimasta legata ad antiche tradizioni che scandivano i tempi di eventi sociali e religiosi, nonché i tempi e le modalità delle attività produttive agricole ed artigianali».

La narrazione di alcune tradizioni popolari sono state lette da due giovani molinaresi: Edda Petito e Pellegrino Cirocco.

Tra il pubblico, ad applaudire, c’erano anche il sindaco di San Marco dei Cavoti, Angelo Marino, e la fascia tricolore di Reino, Antonio Calzone.

Simpatico quanto inatteso il fuori programma ad opera di una adolescente e due bimbe: Irene, Alice e Ambra, ovvero le nipoti dell’autrice, la quale è stata colta di sorpresa.

Tutte e tre, infatti, sono salite sul palco per ringraziare pubblicamente una orgogliosa ed emozionatissima nonna, che ha voluto dedicare loro questo libro: ‘A Irene, Alice e Ambra, giovani alberelli che crescono verso il futuro, perché possano alimentarsi anche alle radici del passato, così è scritto a pagina 3.

Gli interventi della serata sono stati affidati all’onorevole Roberto Costanzo, presidente della Fondazione Mario Vetrone, e ad Amerigo Ciervo, docente di Storia e Filosofia, presidente dell’Anpi sannita e cultore di musica popolare.

«Il terremoto del 21 agosto 1962 - ha narrato Costanzo - segnò non solo un dissesto geourbano, ma anche e soprattutto uno scossone socio-culturale. Quel giorno finisce un mondo e si chiude un’epoca e forse, dopo sessant’anni, non abbiamo ancora del tutto registrato che cosa fossero ai tempi, prima del terremoto, i nostri paesi, a cominciare da Molinara. Ciò che erano lo si vede attraverso le varie ricorrenze, espressioni dialettali, momenti di convivenza, di gioia e di sofferenza, riportati appunto nelle vivaci pagine di questo testo. Il lavoro di Cristina Addabbo ricostruisce testimonianze e memorie per ritrovare il passato di una comunità, un passato che altrimenti andrebbe inesorabilmente cancellato, un passato che può essere ancora utile al presente e al futuro».

Sull’importanza della cultura popolare ha posto l’accento Ciervo: «La cultura popolare non è un qualcosa di minore. Tutto ciò che gli uomini producono è cultura, quindi è cultura pure quella del contadino che, ad esempio, deve industriarsi per non far morire una pianta. Dopo il terremoto del 1962 cambia il mondo italiano, con il boom economico ci si comincia a vergognare della cultura contadina e così ci si libera della cassapanca, della credenza e di varie suppellettili per fare spazio al mobilio realizzato con la formica. Oggi, invece, tutto ciò che era stato gettato o dato al rigattiere lo ritroviamo nelle case dell’alta borghesia, magari acquistato dall’antiquario. Sempre dopo il terremoto del ‘62 - ha aggiunto Amerigo Ciervo - i Beatles prendono il sopravvento sui canti popolari, ma questo libro ci riporta al tempo circolare. Come diceva Ernesto De Martino - ha chiosato - Solo chi ha un villaggio nella memoria può avere una esperienza cosmopolita».

La serata si è conclusa con i ringraziamenti dell’autrice Cristina Addabbo a tutti gli intervenuti, non prima però di aver chiarito: «Queste pagine non sono il frutto di un lavoro d’archivio, ma rappresentano il mio forte legame con il territorio e possono comunque completare uno studio di ricerca storica», quindi l’appello: «Dobbiamo salvaguardare i dialetti, perché in essi c’è il dna delle popolazioni, il dialetto può ricostruire i vari passaggi di più popolazioni di una stessa comunità».

ANNAMARIA GANGALE

annamariagangale@hotmail.it

Nella foto di apertura, da sinistra, Cristina Addabbo con l’editore Maria Gabriella Fuccio, mentre nella prima foto in basso, sempre da sinistra, Roberto Costanzo con l’autrice ed Amerigo Ciervo 

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