La sorpresa dello spumante sannita Cultura

Con l’ultimo Capodanno anche a Benevento “botti” augurali dei fuochi d’artificio e più ancora delle bottiglie di spumante, che, a sorpresa, sono state molto spesso sannite!

Nella nostra provincia, in cui il vino è la prima fonte di reddito agricolo per vocazione del territorio, è conseguente la produzione di spumante, vino addizionato con lieviti e zuccheri come da disciplinare che poi fermentano e producono le bollicine. Ma l’impresa è partita in sordina molto tempo fa per arrivare oggi a più vasta produzione per qualità e quantità di bottiglie.

Non parliamo dei tempi in cui i contadini curavano la propria vigna amorosamente per litigare poi su quale vino fosse riuscito migliore, di quando parlavano del vitigno Malvasia di Candia o del vitigno Piedigrosso che veniva “maritato” variamente, ma proprio quella passione ha veicolato una migliore e più moderna organizzazione della produzione e vendita di ottimo vino, con conseguente affermazione anche dei consumi delle “bollicine”.

E ancora oggi gli amatori sanniti curano “il vino spumante” familiare di cui offrono orgogliosamente il saggio agli amici.

Nel passato si stappava spumante solo a Capodanno e in occasione di particolari festeggiamenti, e si capisce come il Sannio arrancava nel rincorrere la concorrenza di chiara fama, sia italiana che estera, soprattutto francese.

L’evoluzione dei tempi ha stimolato il valore aggiunto, essendosi sviluppata nell’ultimo decennio la consuetudine di consumare spumante in ogni occasione, anche di semplice incontro per aperitivo o pasto: ormai si stappa spumante durante tutto l’anno, pur se i picchi riguardano il momento finale.

La possibilità di un eccellente vantaggio economico ha incentivato i produttori sanniti ad accelerare il miglioramento del prodotto e, quindi, della competizione, per mezzo di cooperative, del Consorzio, di partecipazione agli eventi di genere su scala nazionale, per esempio il Vinitaly. Con supervisione della Coldiretti locale. Cosi continuano a nascere aziende vitivinicole determinanti anche per l’evoluzione sociale degli addetti ai lavori.

Le grandi aree italiane dello spumante sono quelle dell’Asti in Piemonte, della Franciacorta in Lombardia, del Trento DOC, tutti riconosciuti dalla Comunità Europea.

Su 350 milioni di bollicine italiane che lo UIV - Ismea conteggia stappate il tutto il mondo nel 2022, si afferma il Prosecco.

La grande locomotiva, spiega il direttore del Sannio Consorzio Tutela Vini Nicola Matarazzo, è il Prosecco dell’area Veneto, di rifermentazione dai 15 mesi a salire, così da vantare vette di qualità, sulla base di vino Chardonnay e di Pinot bianco e nero. Non per niente è diventato Patrimonio dell’UNESCO.

Uno spumante secco che, incentivando i consumi al Nord e avviandosi ai 600 milioni di bottiglie all’anno dirette soprattutto verso gli Stati Uniti, ha provocato un’azione riflessa negli altri territori italiani vocati.

Così anche nel Sannio si sono sviluppate numerose aziende produttrici e altre continuano a nascere, anche se spiccano le più note e datate della zona di Guardia Sanframondi, di Castelvenere, di Solopaca, di Torrecuso.

I metodi sono quello classico di rifermentazione in bottiglia, e quello Martinotti (o Charmat) di rifermentazione in autoclave, diciamo in cisterna, con risparmio di lavoro rispetto alle singole bottiglie.

Per esemplificare, lo champagne francese matura in bottiglia, come il nostro Franciacorta, mentre il Prosecco è rifermentato in autoclave.

Nel complesso, il prosecco sannita, sempre ottimo, produce bollicine a prezzo contenuto ma anche di particolare qualità e piuttosto costose a seconda del tempo di rifermentazione!

Circa 110.000 bottiglie consumate in Italia, e altre 150.000 bottiglie che possono permettersi di mancare di certificazione, non rispettando alla lettera il disciplinare di produzione delle bollicine, perché provengono da vino ottimo che mantiene la qualità.

Quelle di rifermentazione non prolungata oltre i termini asssegnati, e quindi a prezzo alquanto contenuto, sono diffuse anche nella fascia giovanile e - udite udite! - utilizzate anche dalle nostre parti per nobilitare le carni nei piatti tradizionali di una certa pretesa, in sostituzione del vino. Vuoi vedere che alla fine lo spruzzo di spumante sannita arriverà anche sul tradizionale “carme di maiale e paparaccelle”?

La base dello spumante secco sannita è la falanghina, vino bianco interregionale di ampio successo, e ha superato la diffusione del Moscato d’Asti, rosato DOC, spumante dolce ancora molto diffuso.

Anche nel beneventano si continua a produrre uno spumante rosè a base aglianico Doc, il nostro ottimo vino rosso, mentre sulla base falanghina lo spumante bianco galoppa. Tanto che recentemente abbiamo visto che ha chiesto all’oste una bottiglia di falanghina (pubblicizzandola!) un personaggio della storia ambientata a Napoli “Diversi come due gocce d’acqua” trasmessa su Rai 1.

Nel complesso dei vini, il Sannio è arrivato nel 2022 a vendere 12/13 milioni di bottiglie Doc a cui si aggiungono 13 milioni di bottiglie IGP. In tutto siamo su 25 milioni di bottiglie. A cui potrebbe seguire l’incremento dello spumante.

Se non sono tanto diffuse le nostre bottiglie di spumante in bar e ristoranti d’Italia, è perchè ancora il nostro patrimonio vinicolo complessivo non è conosciuto, benchè ottimo. Non a caso si dice da noi “il vino sannita deve essere per forza buono, visto che abbiamo più vino che acqua”.

Al Consorzio, dice il direttore Matarazzo, rimane il grande ruolo di promuovere in ogni modo il patrimonio culturale sannita della vite, cioè dei nostri beni comuni che sono le denominazioni, tutti marchi europei, quali Falaghina del Sannio, Aglianico del Taburno e Benevento IGP.

ANGELA REALE