L'epigrafe dei Nasellii Cultura
In un precedente numero di Realtà Sannita, abbiamo parlato degli antichi medici beneventani di età romana. I nomi di alcuni di essi sopravvivono in 6 iscrizioni. Una di queste è particolarmente interessante. Si tratta dell’iscrizione CIL IX, 1618, una lastra di pietra alta 64 cm e larga oltre un metro, con uno spessore di 26 cm. Essa fu trovata presso il fiume Calore, sotto il ponte Vanvitelli e poi conservata lungo tempo nel cortile dell’arcivescovato. Oggi è esposta nel lapidarium del Museo del Sannio, nel Chiostro di Santa Sofia. I dati che abbiamo riportato sono presi da Epigraphic Database Roma, nella scheda dell’iscrizione redatta dalla dott.ssa Gemma Corazza, allieva del prof. Giuseppe Camodeca dell’Università “L’Orientale” di Napoli. Questo il testo dell’iscrizione che appare nel suddetto database, corretto rispetto alle precedenti pubblicazioni.
I nostri concittadini protagonisti dell’epigrafe, che risale all’età di Adriano, sono appartenenti al ceto dei cavalieri: un padre, Marco Nasellio Vitale, e un figlio Marco Nasellio Sabino. La loro appartenenza alla tribù Palatina fa pensare che i Nasellii fossero originari di Roma, perché la tribù dei Beneventani era la Stellatina. Vitale era stato per due volte augustale quinquennale, un sacerdote cioè che era preposto al culto del genio dell’imperatore (una categoria piuttosto numerosa a Beneventum), che durava in carica 5 anni. Il figlio, Sabino era prefetto della prima coorte dei Dalmati, soldati ausiliari dei romani, che erano stati inviati in Inghilterra (ricordiamo che Adriano è l’imperatore che mise fine alla conquista della Scozia, erigendo il famoso Hadrian wall, il muro di Adriano). I due Nasellii, come ricorda in un suo studio Umberto Scarinzi, avevano deciso di erigere l’iscrizione per ricordare le opere che essi avevano fatto costruire in un pagus (una sorta di frazione) di Beneventum, il cui nome era pagus Lucullanus, a proprie spese e dalle fondamenta, un portico con una sala per preparativi di cerimonie religiose, una sorta di sagrestia, e inoltre una cappella per il culto dei Lari compitali, le divinità protettrici degli incroci stradali.
Come dice Antonella De Carlo, nel suo studio sul ceto equestre beneventano, spesso i cavalieri ricoprivano cariche pubbliche e in occasioni particolari erano soliti mostrare la loro munificenza offrendo spettacoli pubblici o elargendo alla comunità banchetti (epula) o cestini di vivande (sportulae). Anche i due Nasellii, infatti, avevano istituito una fondazione con un reddito annuo in perpetuo di 125 denari (= 500 sesterzi, equivalenti all’incirca a 1000 € odierni, il che corrisponde, calcolando un interesse del 5%, a un capitale impiegato di 10000 sesterzi, circa 20000 €) a favore dei pagani del pagus Lucullanus di Beneventum, per festeggiare ogni anno, con un banchetto, il compleanno (dies natalis) di Sabino, che cadeva l’otto giugno. Il cinque giugno, gli abitanti del pago, avrebbero dovuto effettuare anche una cerimonia religiosa per purificare gli ambienti dove si sarebbe tenuto il banchetto. Se gli abitanti del pago non avessero celebrato degnamente quella ricorrenza, i Nasellii avrebbero allora destinato la cifra annuale al collegio dei medici e agli ex schiavi di famiglia.
Dove si svolgeva questa festa? E i pagani Lucullani avranno tenuto fede all’impegno di festeggiare per tre giorni Nasellio Sabino, ogni anno? E per quanti anni ciò avvenne? Di tutto questo resta solo la stele commemorativa. Sic transit gloria mundi.
PAOLA CARUSO