Longobardi, genìa di lebbrosi: una lettera di papa Stefano III a Carlo Magno Cultura

Alcuni miei articoli, usciti su questa testata un po’ di tempo fa, cercavano di approfondire i motivi per cui Benevento nel corso dei secoli aveva acquisito la sinistra fama di città delle streghe. Il mio studio era volto a dimostrare che tale fama era dovuta a precise situazioni storiche, che avevano caratterizzato Benevento.

Ci sono documenti molto importanti a prova di questo nei Monumenta Germaniae Historica: alcune lettere inviate dai pontefici a Carlo Magno che testimoniano la diffidenza che la Chiesa nutriva verso Benevento, ritenuta una pericolosa minaccia per l’integrità territoriale dello Stato Pontificio.

La prima di queste lettere è di papa Stefano III (768-772), risalente al 770-771, indirizzata a Carlo Magno, che era ancora solo re dei Franchi.

In quegli anni, l’Italia del Nord era dominata dal Regno longobardo, retto dal re Desiderio; alcune zone costiere della penisola e la Sicilia erano nelle mani dei Bizantini, governate da rappresentanti dell’Imperatore d’Oriente; le altre zone erano in mano ai duchi longobardi indipendenti: quello di Spoleto, a Teodicio e quello di Benevento, ad Arechi II. Lo Stato della Chiesa si veniva così a trovare schiacciato dalla presenza longobarda a Nord e a Sud. E infatti i Longobardi avevano continuamente cercato di impadronirsi di Roma e di intromettersi nell’elezione del papa.

Poco dopo la sua elezione, papa Stefano III fu informato che si stavano preparando due matrimoni, le cui conseguenze sarebbero state assai preoccupanti per la Chiesa di Roma, quelli tra Carlo Magno o suo fratello Carlomanno con Ermengarda e della loro sorella Gisela con Athalgiso, entrambi i promessi sposi, Ermengarda e Athalgiso, erano figli del re longobardo Desiderio. Un’altra figlia di Desiderio, Adelperga aveva sposato il signore di Benevento, Arechi II.

Il papa, vedendo in questi matrimoni un pericoloso sistema di alleanze, che lo avrebbe privato della protezione del re franco, inviò una lettera di fuoco a Carlo Magno sconsigliandogli vivamente di imparentarsi con una stirpe odiata da Dio e addirittura contaminata nel fisico come quella longobarda.

La lettera, che traduco per sommi capi, inizia con un preambolo in cui il papa dice che il diavolo approfitta delle debolezze umane per insinuarsi e impadronirsi delle anime e soprattutto della debole natura femminile, come fece nel paradiso terrestre in cui sedusse Eva, causando la condizione di peccato per tutto il genere umano. Passa poi alla questione che gli sta a cuore: “È stato portato a nostra conoscenza un fatto che certamente diciamo con grande dolore, che Desiderio re dei Longobardi vuole indurre l’eccellenza vostra a unire in matrimonio sua figlia a uno di voi due fratelli, se ciò è vero è certamente una intromissione del diavolo, e non tanto il matrimonio sembra che sia un mezzo della sua malvagità, ma il consorzio, perché vediamo molti, siccome siamo edotti dalla storia della divina scrittura, che a causa dell’ingiusto accoppiamento con una stirpe straniera, deviano dai precetti divini e cadono in grande peccato”.

Quale mancanza di saggezza è quella - dice in sostanza il papa - che fa contaminare una stirpe gloriosa, illustre e che brilla al di sopra di tutti i popoli come quella dei Franchi, con la perfida e fetentissima gente dei Longobardi, che non ha nessuna importanza tra i popoli e dalla cui nazione è certo che sia nata la genìa dei lebbrosi? Consiglia perciò di volgere la scelta su bellissime spose della stessa nobilissima stirpe dei Franchi. Infatti, nessuno degli avi di Carlo ha mai sposato una donna straniera, quindi a maggior ragione chi mai degli avi avrebbe voluto contaminarsi e mescolarsi con l’orrida gente longobarda?

A voi che seguite la legge di Dio (i Franchi, infatti, erano cattolici, mentre a lungo i Longobardi erano rimasti ariani) - continua Stefano III - non conviene compiere una tale azione infamante; simili unioni le possono fare queste genti pagane, ma ciò sia lontano da voi, che siete il perfetto popolo di Cristo. Ricordatevi che siete stati unti col sacro crisma e che papa Stefano II non permise che vostro padre ripudiasse la vostra signora madre ed egli ubbidì ai moniti salutiferi. Vi prego di ricordare che mentre l’imperatore Costantino (imperatore d’Oriente) tentava di convincere il mitissimo vostro padre di santa memoria a concedere la mano della vostra sorella la nobilissima Gisela a suo figlio, egli non la concesse in ossequio alla sede apostolica, mentre voi osate perpetrare ciò che non fece il vostro genitore?”

Il papa fa presente che sono stati stabiliti dei patti tra la Chiesa e i Franchi, ora disattesi da Carlo e ciò fa trionfare i nemici Longobardi aumentando la ferocia della loro superbia. Infine c’è la minaccia: se Carlo non ascolterà le richieste del papa per lui ci sarà l’anatema e sarà condannato a bruciare nel fuoco eterno col diavolo e tutte le sue atroci schiere. Se seguirà i consigli del papa riceverà le celesti benedizioni e le gioie dei premi eterni. Conclude con l’augurio che la grazia divina custodisca il re franco incolume.

Inutile dire che Carlo sposò Ermengarda figlia di Desiderio, per poi ripudiarla quando mosse guerra al suocero e distrusse il Regno longobardo del Nord Italia. Di lei ci restituisce un’immortale ritratto Manzoni nell’Adelchi.

Benevento, dove i Longobardi resistettero molto più a lungo, era terra contaminata dai Longobardi “genìa dei lebbrosi” e chissà se Ponte Leproso (in latino lepra è la lebbra) non debba a questa calunnia il suo nome?

PAOLA CARUSO