Mario Pedicini ai giovani: ''Per riuscire nella vita bisogna avere la vista lunga, i piedi per terra e coltivare ambizioni'' Cultura
Eccoci tornati nello spazio dedicato al rilancio dei nostri beni culturali e ai sanniti che si fanno onore nel mondo. Protagonista della nostra intervista è in questo numero il dott. Mario Pedicini, già Provveditore agli studi di Benevento, uomo di solida e ampia cultura, storico, saggista, giornalista, amante dello sport, cultore della lirica, della fotografia, uno dei più fedeli, storico pubblicista della testata di Realtà Sannita, grande amico del compianto direttore Giovani Fuccio, lo ringraziamo per aver accettato il nostro invito a raccontarsi. Gli esprimiamo, inoltre, a nome di tutto il Sannio, l’immensa riconoscenza per aver scritto pagine indelebili della storia della scuola del nostro territorio e di aver regalato a tanti giovani occasioni preziose per sperimentare, crescere in armonia, vivere la creatività da protagonisti e …pensare in grande.
Dott. Pedicini, da dove cominciamo? Lei si è reso protagonista per la sua poliedrica versatilità in tanti contesti da quello culturale, a quello sportivo a quello artistico…e per molti anni ha ricoperto l’incarico di dirigente dello stato al servizio del Ministero dell’allora Pubblica Istruzione. Cosa sognava, davvero, di fare da giovane?
Ho fatto il Liceo Classico perché all’epoca era l’unica scuola che apriva le porte di qualsiasi facoltà universitaria. L’idea di fare Giurisprudenza mi veniva un poco da mio fratello più grande, molto dal fatto che non era obbligatoria la frequenza. La mia famiglia (numerosa, dieci tra sorelle e fratelli) non poteva garantire spese…superflue. Cominciai a scrivere già durante il ginnasio, partendo dallo sport (la Sanvito in serie C, l’atletica leggera di Padre Antonio Bevilacqua, il basket alla Colonia Elioterapica. Quella di fare il giornalista era una ambizione. Mi posi una asticella alta per una prova. Niente Napoli, vado a Milano a bussare al Corriere della Sera. In caso di fallimento, però, non avevo paracadute. Così, realisticamente, abbassai l’asticella. La laurea in legge e il giornalismo come esercizio quotidiano. Prima Il Quotidiano, poi Messaggio d’Oggi, poi Il Mattino e dalla fondazione il mio matrimonio con Realtà Sannita.
Ci racconta in breve la sua esperienza da Provveditore agli studi di Benevento?
In Provveditorato avevo messo piede come vincitore di concorso ai primi di novembre 1969. Erano gli anni della scuola media obbligatoria, si rompeva il destino di restare nell’ambito familiare. Cresceva la fascia delle scuole superiori. In Provveditorato si lavorava con una visione politica del ruolo della scuola. La scuola sottraeva braccia da lavoro all’agricoltura, le famiglie si trovarono a riorganizzarsi al proprio interno. Il Provveditorato agli Studi “produceva” posti di lavoro e stipendi dignitosissimi. Abbandonai qualsiasi ambizione verso altre amministrazioni, tanto per dire il concorso per giudice. Il mio lavoro non era solamente burocratico, fare concorsi, firmare gli incarichi, orientare le sedi. Anni dopo, mi trovai in anticamera dal Prefetto con alcuni direttori di banca. Ci presentammo ognuno vantando il proprio ruolo. Io mi presentai come il “principale datore di lavoro per numero di addetti”. Un bancario quasi mi fece le fusa, per saperne di più. Sì, ogni anni faccio nuove assunzioni. Purtroppo, non nell’industria, ma non è male se le facciamo nella scuola.
Sì, ma da Provveditore agli Studi…
Dopo una supplenza in casa, ho fatto esperienza di capo a Foggia e a Vibo Valentia. Rientrato a Benevento nel 1998, ripartenza senza freni. Il Ministero lanciava la Giornata della creatività studentesca. L’anno successivo a Benevento partiva la Settimana della Creatività e della cultura scientifica. La Rai faceva in diretta un incontro Nord-Sud. Ogni giovedì pomeriggio la provincia di Benevento (alunni di tutte le scuole a turno, non una “classe di bravi” come faceva Milano) si confrontava e…cresceva.
Qualcuno ci ha detto che ama particolarmente il ciclismo. Da dove è nata la sua passione per lo sport in genere?
Il ciclismo è sport di fatica. Non è una condanna, si fatica nel lavoro, in vista della libertà, della dignità, della autonomia. Lo sport è allenamento per la vita. Il ciclismo in modo particolare, in salita sei solo con te stesso e quando non ce la fai più accetti la sfida del tuo compagno per uno sprint a chi arriva primo alla fontana alla fin della salita di Ciardielli. Il ciclismo dà gioia a chi fa primo, ma riconosce anche all’ultimo di aver fatto fatica.
Lei è anche amante della Lirica. Ci aiuta a scoprirne l’origine?
La musica dal vivo della banda. Non mi basta di assistere quando passa, mi piace andarci appresso. Poi alla radio i Concerti di Martini e Rossi del lunedì sera, per imparare le romanze delle opere. Posso dire che le mie spese voluttuarie sono state tutte indirizzate ai libri e ai dischi di musica seria, soprattutto la lirica. La stagione lirica al Teatro Romano di Benevento dagli anni’60 a venire la seguivo anche nelle prove e nel lavoro di “costruzione” di Rigoletti, Tosche, Bohème, Aide e Trovatori…
Lei è da sempre una colonna della testata giornalistica di Realtà Sannita con la sua rubrica di attualità in prima pagina, colonna di estrema sinistra, senza mai saltare un numero. Impegno straordinario! Ce lo racconta?
Dovetti dire no quando Giovanni Fuccio mi chiese di partecipare alla sua “impresa”, perché stavo per uscire da direttore con una Gazzetta del Sannio, che abortì dopo i primi giri delle rotative. Sono in Realtà Sannita dal secondo numero. Saltare numeri? Fuccio non lo concepiva. Ero convinto di farla franca quando andai in delegazione ministeriale in Inghilterra a conoscere come avevano fatto gli inglesi la riforma della scuola con la fatidica “autonomia”. Fuccio fu perentorio anche in quella occasione: Scrivi quello che vuoi tu, non puoi mancare. Scrissi di come si faceva l’autonomia in Inghilterra. Ci fu chi si prese la briga di far stampare quel pezzo e farlo girare in tutte le scuole del Sannio. Con Giovanni, e ora con Maria Gabriella, godo della massima libertà. Se mi capita di sfogliare la collezione, magari per aiutare chi voglia fare una tesi di laurea, mi convinco che hanno ragione gli amici che mi ordinano di pubblicare un’antologia delle cose scritte. De omnibus rebus et de quibusdam aliis…
Spesso l’abbiamo vista a fotografare scorci e produrre reportage. Anche amante della fotografia?
Si, sono un fanciullino. Mi piacciono i bambini, ma mi piace afferrare la bellezza della natura e delle opere dell’uomo. Prima o poi devo pubblicare anche un libro di fotografie della nostra cara città.
Non ultima la sua attività di saggista. Faccia cenno ai suoi lavori.
Benevento è una città straordinaria. Sta nella storia del mondo. Raccontarla per spicchi di vite umane, personaggi, eventi, brandelli di umanità mi pare necessario e urgente. Ho cominciato con il racconto del Viale degli Atlantici, replicato con un altro volume scritto a quattro mani con Giacomo de Antonellis per ricordare la storia della Caserma Guidoni, poi la storia del viale Mellusi nel volume de I 50 anni della Meomartini, Il Rione Ferrovia per fermare le storie di personaggi del lavoro e dell’amministrazione, ho usato lo schema del libro intervista per parlare di Alfonso Tanga, di partigiano, di Peppino Donatiello, del sindaco Antonio Pietrantonio. Il Cappotto Verde per dare memoria di gente semplice…
E’ ancora convinto che occorra pensare in grande (PIG) per riuscire nella vita? Regalerebbe questo hashtag ai giovani beneventani?
Bisogna avere la vista lunga, i piedi per terra per non andare a sbattere. Ma coltivare ambizioni, misurarsi con chi è più bravo, guardare lontano è il più bel modo di guardare ai ragazzi, ai giovani
Come si fa? Cominciando da Realtà Giovani. Fatto da voi ragazzi. Rovinato da un vecchio che hai voluto far sentire giovane. Ah! Come sport formativo mettici pure il ping-pong, Ho la racchetta a manese.
Giuseppe Niccolò Imperlino