Quando volevano abbattere la Rocca dei Rettori Cultura

Se ancora oggi ammiriamo il mastio medievale della Rocca dei Rettori e i pochi turisti che abbiamo possono vedere un’architettura risalente alla “cattività avignonese” del papato, lo dobbiamo a un uomo, architetto per professione e archeologo per passione, Almerico Meomartini.

Il massiccio edificio era stato utilizzato sin dal Cinquecento come prigione papalina e aveva svolto questa triste funzione fino al 1860. Il 14 luglio del 1789 la Bastiglia a Parigi cadde, assalita a furor di popolo in quelle gloriose giornate della Rivoluzione Francese e ancora oggi il 14 luglio segna la festa della nazione. Come una piccola Bastiglia, anche la Rocca di Benevento simboleggiava l’ottusità di un potere tirannico, con la sua oscura massa incombente del donjon (si tratta, infatti, di una torre fortificata). I prigionieri del tetro carcere, in particolare quelli detenuti per motivi politici, hanno lasciato incise nelle pietre della Rocca le loro disperate testimonianze, la più interessante delle quali è stata scoperta un paio di anni fa da Cesare Mucci e studiata da me. Si tratta di una stanza dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, l’esatta trascrizione della seconda ottava del XLIV canto. Tali sentimenti avversi non si estinsero all’indomani del 1860, messo in fuga il governatore pontificio Edoardo Agnelli.

Venti anni dopo, col sindaco Giuseppe Manciotti, fu approvato il nuovo Piano Urbanistico a firma dell’arch. Pasquale Zoppoli, che studiò l’ampliamento della Via Magistrale, che sarebbe poi diventata Corso Garibaldi. Il nuovo percorso necessitava dell’arretramento dei palazzi che affacciavano sul lato sinistro salendo da Piazza Roma fino alla Rocca dei Rettori. Tutto ciò che si trovava sul nuovo tracciato doveva essere abbattuto. Un’operazione simile fu fatta a Napoli con il Rettifilo, nel periodo umbertino; a Roma con Via dei Fori Imperiali, in epoca fascista, quasi sempre a danno delle testimonianze del Medioevo. Al contrario, l’impianto medievale con le sue strade strette e tortuose oggi è la caratteristica di città italiane amate nel mondo: Firenze, Venezia, Perugia.

A Benevento, caddero sotto i colpi della modernità molti nobili palazzi; anche la Rocca, per la sua posizione sfalsata non allineata al nuovo asse viario, era tra gli edifici da abbattere. Per fortuna i lavori di ampliamento non erano ancora giunti a tanto, quando nel 1892, Almerico Meomartini fu incaricato di costruire il palazzo della Prefettura. Il nuovo grande edificio impose una variante urbanistica al Piano di Zoppoli, ciò consentì a Meomartini di far spostare verso sinistra l’asse viario del nuovo Corso Garibaldi, risparmiando di fatto la Rocca. Il mastio poi, grazie a lui, divenne la prima sede del Museo Archeologico Provinciale, di cui proprio Meomartini fu direttore oltre a essere ispettore onorario della Soprintendenza Archeologia. La Rocca fu poi restaurata da lui stesso e ancora oggi caratterizza il nostro paesaggio urbano. Prima di distruggere qualcosa in una città, bisogna studiare e capire. Meditate gente, meditate!

Paola Caruso

Nell’immagine la Rocca dall’esterno di Porta Somma, Achille Vianelli, disegno tra1848 e1850