Rosina non smette di stregare Cultura

I due più famosi manifesti del Liquore Strega non avrebbero avuto la stessa efficacia pubblicitaria se il loro Autore non fosse stato affascinato dalla modella. Le accattivanti forme di lei hanno continuato per oltre un secolo a sottrarre interesse alla sua identità, volutamente resa poco riconoscibile. Fino alla scoperta imprevista. Accadde in una passata edizione di Arte Fiera, l’iniziativa bolognese che promuove la diffusione di opere d’arte moderna e contemporanea con l’intento primario di vendita sostenuto da incontri culturali tra studiosi internazionali e Direttori dei Musei attivi in quei settori. Entrambi i manifesti erano lì proposti in vendita.

Me ne chiese un parere critico una giornalista emiliana che aveva letto “Benevento.” sul mio cartellino di invitato annuale. Non li avevo mai avuti tanto a portata di mano, su un tavolo. Con le loro tinte vivaci a confronto diretto sembravano appena usciti dalla stamperia. Chiesi di poterne verificare l’autenticità sfiorando le superfici cartacee inchiostrate, li visualizzai in trasparenza. Erano originali, firmati dal triestino Marcello Dudovich (1878-1962), uno dei padri del cartellonismo pubblicitario italiano. Accanite le discussioni trai collezionisti. Il costo proibitivo non dava possibilità di acquistarli per il Museo del Sannio, che è tuttora privodi quei due capolavori, prototipi della pubblicità Liberty.

La provocatoria femminilità della modella aveva indotto l’Autore ad estenderele scritte fin sul suo corpo. Così, sul primo manifesto, non è protagonista il bicchierino colmo di Liquore Strega ma la Dama che si china al tavolo su cui è posato: stivaletti neri, una mano sul fianco, l’altra che tira quasi al ginocchio la gonna celeste e ocra, mentre la camicetta bianca scivola da una spalla scoprendo un profondo décolleté. Così sul secondo, in un’atmosfera di fuoco tra segnali erotici ancor più allusivi, la Dama in posa frontale, capelli sciolti, sontuosa rosa rossa all’angolo della bocca, trattiene con malizia la vestaglia che l’avvolge. E il liquore addirittura non c’è.

Sembravano rimandare a un’unica modella, ma non a Elisa Bucchi, giornalista della moda, conosciuta a Bologna agli inizi del Novecento da Marcello Dudovich, che all’apice del successone parla così:“Quando l’ho sposata, Elisa era una bella ragazza bruna. Fin dagli anni bolognesi ho ritratto soltanto lei nei miei disegni di donne, con la sua figura sottile, il suo portamento fiero, il suo impertinente naso aquilino”.

L’Artista mentiva, in precedenza aveva già ritratto più volte la misteriosa modella dei due manifesti Strega. Se ne accorge chiunque passa davanti alla parete esterna del Gran Caffè Gambrinus, lo storico locale napoletano frequentato dal 1860 da artisti e intellettuali, tornato proprio in questi giorni alla dimensione originaria col recupero di altre due sale decorate ad affreschi. Lì, a due passi dal Palazzo Reale e dal Teatro di San Carlo, un grande pannello espone l’immagine fotografica retroilluminata del manifesto con la Dama che s’inchina: risulta evidente che per Dudovich - Pittore delle donnine, come tutti lo definivano - la modella non era per lui soltanto una… modella. E non è sua moglie Elisa “con la sua figura sottile, il portamento fiero, il suo impertinente naso aquilino”.

Fu la giornalista emiliana a dirmi che dei due manifesti di Dudovich aveva parlato con Gualtiero Mingardi, “uomo curioso della natura e degli astri, scrittore, documentatissimo in materia di grafica Liberty”. Mingardi le aveva svelato che la modella era sua madre Rosa. Nata a Galliera nel 1884, Rosa si era trasferita con la famiglia nella vicina Bologna nel 1899, proprio quando vi arrivò anche l’Artista. Messa a lavorare nello stabilimento tipografico di Edmondo Chappuis, di fronte alla casa di Dudovich in Via Cartoleria, lo incontrava continuamente. Gualtiero Mingardi disse alla giornalista: “La chiamava Rosina, se ne innamorò. Mia madre Rosa era bella, aveva solo quindici anni quando, col permesso dei genitori, miei nonni, cominciò a posare per Dudovich. Lo raccontava vanitosa a tutti. Ebbe così origine l’espressione Rosina, mettiti in posa, con cui i bolognesi prendono in giro chi si dà troppe arie”.

Per consentirmi di far conoscere a Benevento la modella dei due manifesti del Liquore Strega creati nel 1905, l’ultimo anno in cui Dudovich abitò a Bologna, la giornalista mi mandò poi una fotografia di Rosina (nell’immagine) in abbigliamento quotidiano, dono della famiglia Mingardi, aggiungendo che era ricordata come “una donna tranquilla che nello studio del pittore triestino aveva imparato a cantare e danzare”. Nella foto Rosina è una ragazza di classica bellezza,ma il suo volto promette che non smetterà mai di ‘stregare’.

ELIO GALASSO