Simone Foresta, l'impegno e le prospettive della Sovrintendenza per il patrimonio Archeologico di Benevento Cultura

Nel 2025 la prima esplorazione dei paesaggi culturali del Sannio va ‘Oltre lo specchio’, come accade alla piccola Alice Liddell di Lewis Carrol. Nella sua seconda avventura la bimba non si addormenta ma, ben sveglia, oltrepassa la superficie che la riflette dalla parete di una stanza chiusa, per scoprire cosa ci sia dietro. Lo specchio di Alice diventa vetro trasparente di una teca, nel caso dei reperti antichi custoditi nell’ex convento San Felice, oggi Centro Operativo della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Caserta e Benevento, diretta dall’arch. Mariano Nuzzo. Il 13 dicembre l’evento Futuro Remoto che ha coinvolto i capoluoghi campani, ha spalancato le porte di questo mondo a tutti: ‘Alla scoperta di Ciro’, ‘Scavo nel chiostro’ e ‘Alla scoperta dei depositi’ i temi delle visite guidate ideate e coordinate da Simone Foresta, con Olga Pingue, Vincenzo Iasiello, Gerardo Monaco, Gerardo Panella, Nicola Zotti, Francesco Balletta, Roberto Rinaldi, Mario De Bellis, Monica Colloca, Paolo Parrella, Francesco Iampietro, Renato Marucci. Mi avventuro lungo il percorso, nelle stanze dove Simone Foresta ha predisposto, con l’aiuto degli addetti, la sala di accoglienza al fossile più piccolo e meglio conservato al mondo. Milioni di anni fa, 113 per la precisione, Scipionyx samniticus, un cucciolo di dinosauro, cadde accidentalmente nel placido specchio di una palude. Le onde del tempo lo hanno sospinto fino al nostro secolo, rendendolo il più studiato tra i fossili esistenti. Proprio come Alice alle prese con il ‘Jabberwocky’, piccoli visitatori studiano la storia di Ciro, arrivando a frotte, consapevoli di incontrare un mito. A noi adulti un po' sfugge questa loro percezione – spiega Simone Foresta, Funzionario archeologo responsabile del patrimonio antico di 60 comuni nelle Province di Caserta e Benevento. Gli adulti tendono a semplificare, mentre i bambini vogliono cose complicate, e Ciro è una di queste. Studiandolo a scuola vengono già molto preparati, perché è su tutti i manuali di scuola elementare. Conoscono benissimo il mondo dei dinosauri e dei fossili, riescono a collocarli; sono sempre molto emozionati nel vedere Ciro. Dal canto loro gli adulti pensano che si tratti di un semplice divertimento per bambini. Agli adulti risulta complicato pensare che si stia guardando il reperto di un essere vivente 110 milioni di anni fa. Si tende a banalizzarlo o a non coglierlo appieno. Abbiamo la necessità di creare una visita a misura di bambino ma anche di adulto, con una riflessione temporale su ciò che accade, anche toccando temi molto attuali come i cambiamenti climatici e le trasformazioni sulla terra. Il 13 dicembre sono arrivate varie classi. Decisamente arrivano più bambini delle scuole elementari, - conferma Foresta - perché ci sono maestre molto sensibili sul tema. Nelle scuole di Benevento studiano e fanno ricerche su Ciro come passaggio obbligato del programma didattico. La visita qui, dove possono vedere l’originale, è il passo finale. Nella sala sono esposti anche altri reperti della sezione paleontologica, elementi vegetali e animali ritrovati a Pietraroja: pesci in buono stato di conservazione in cui si osservano le squame fossilizzate. Alle pareti grandi fogli stampati e illustrati, voluti da Foresta. La predisposizione della sala è molto semplice, non solo per un motivo economico – spiega. L’idea è di affiggere alle pareti fogli che sembrano pagine di un libro, che si sfogliano con le notizie di base e molte illustrazioni tratte da volumi su Ciro. Lo sforzo tende a restituire tutta questa conoscenza: ci si può vedere una pietra oppure un essere vivente con una sua storia: un cucciolo che dopo aver mangiato scivola in un lago d’acqua salata, la sua vita, il momento della scoperta del fossile, le trasformazioni geologiche dell’area di Pietraroja, gli studi. È un po' complicato ma l’importante è che ci sia curiosità. Anche dietro questo specchio si gioca a scacchi con la conoscenza: la mossa successiva è l’esperienza di laboratorio. I bambini scavano, analizzano i reperti trovati per gioco, compilano schede, studiano modellini di dinosauri. Ma trovano anche reperti presi illecitamente e recuperati, imparando l’importanza della sicurezza. Altro obbiettivo cruciale per la Soprintendenza è valorizzare l’archivio che custodisce la documentazione di tutti gli scavi effettuati da decenni in territorio sannita; noto subito una piccola, interessante sezione dedicata all’arco di Traiano: fotografie storiche degli anni Settanta e Ottanta, alcune documentano gli interventi di restauro degli anni Novanta. La documentazione fotografica serve a individuare il degrado delle superfici scolpite dell’Arco, per restaurarle.

Qual è la principale causa di degrado dell’Arco di Traiano?

Un’azione dello smog molto forte ma anche, per alcune parti, un problema di umidità con attacchi di muschi e licheni. A queste si aggiunge l’erosione del vento: in molti casi le superfici sembrano levigate. Le problematiche delle superfici dipendono anche da interventi di vario tipo, effettuati nel corso dei secoli: applicazione di stuccature, acidi, sostanze varie. Oggi si interverrà con il raggio laser. Non sono previste integrazioni di parti mancanti, perché la superfice decorata è complicata. L’Arco non presenta problemi strutturali; solo l’attico superiore è stato reintegrato, presentando un problema di infiltrazioni. È meglio fare in modo che non peggiori lo stato attuale.

Quanto tempo richiederà il restauro?

 Essendo finanziato con fondi del PNRR, la data di completamento è stabilita al 2026. Attualmente gli interventi sono in fase di progettazione, quasi ultimata.

Il deposito dei reperti sembra meno giocoso del laboratorio: una grigia cella frigorifera. Invece dischiude un mondo straordinario, fatto di oggetti, frammenti, testimonianze di miti, puliti e ordinatamente imbustati. Vengono da tutto il territorio provinciale, spiega Foresta, dagli scavi della Cattedrale, all’area del Teatro Romano. Mostra una testa di Sfinge: È l’unica che possediamo di una serie che si trovava lungo il vale d’ingresso del santuario beneventano di Iside, oltre a due obelischi. La maggior parte dei reperti egizi ritrovati sono al museo provinciale del Sannio, scoperti nel 1903. E aggiunge: A Roma conosciamo esattamente l’ubicazione del santuario di Iside ma non abbiamo la decorazione; qui non abbiamo la pianta, ma tutta la decorazione scultorea, perché reimpiegata nelle mura longobarde. I ritrovamenti sono consistenti quindi si riesce a ricostruire come doveva essere. A proposito di reperti, la tappa successiva è ancora più avvincente: il Lapidarium, inaugurato il 19 dicembre accanto all’Arco di Traiano. È un contenitore trasparente ben più penetrabile di uno specchio; ma riesce lo stesso a riflettere il passato e il futuro, raggi di consapevolezza sulla cultura locale. L’idea alla base della Soprintendenza era quella di restituire un quadro della presenza romana a Benevento e nel territorio, essendo il Lapidarium accanto all’arco di Traiano, che è il monumento principale della città e il più rappresentativo, spiega Simone Foresta. L’Arco segna anche un punto fondamentale legato alla via Appia, sia quella del tratto originario dell’Appia Claudia, sia quella del rinnovamento voluto da Traiano con la creazione della via Traiana. Una scelta coerente data l’importanza della Regina Viarium, cresciuta smisuratamente dopo l’inclusione nel patrimonio UNESCO dello scorso anno. Continua Foresta: Seguendo il ‘filo conduttore’ della strada, che conduce a questi territori e in altri contesti, abbiamo selezionato una serie di reperti, scegliendo nove opere. Otto di esse sono in calcare, che è la pietra locale lavorata a Benevento in età romana; una è in marmo pentelico, proveniente da Atene.

Il criterio di scelta delle opere è solo geografico?

Il criterio è anche cronologico: sono tutte databili tra tarda età Repubblicana e prima Imperiale. Un momento in cui tutte le città della Penisola si sviluppano grazie alla pace voluta da Augusto e alle trasformazioni avutesi nel passaggio dalla Repubblica all’Impero. La fase temporale del I-II secolo dopo Cristo è quella meglio documentata della città, proprio per questa presenza romana molto forte associata all’Arco di Traiano e alla connessione tra paesi. Oggi ci sembrano molto distanti ma in realtà in età romana erano tutti molto vicini. Sono reperti particolarmente significativi, perché recepiscono i modelli sociali romani. Ci sembravano tutti molto interessanti, punto di partenza per altre riflessioni.

Come riflettono e come fanno riflettere i reperti del Lapidarium?

Partiamo dal rilievo proveniente da Apollosa, ritrovato su segnalazione: è parte di un monumento funerario in cui sono raffigurati i gladiatori. A Benevento c’era l’anfiteatro, attualmente oggetto di intervento. Quindi si è voluto rappresentare tutta la complessità di questo mondo, le persone che promuovevano i giochi, finanziandoli. Probabilmente questa era la sepoltura di un ricco beneventano che ha voluto finanziare dei giochi gladiatori e che si è voluto far seppellire in una tomba rappresentativa della sua attività. C’è poi un’iscrizione che viene da Contrada Cellarulo, che ricorda l’importanza delle altre vie interne, rispetto al percorso principale dell’Appia. Vuole documentare una fitta maglia di strade che hanno permesso la comunicazione, non soltanto delle persone, ma anche delle idee, delle mode, degli stili artistici. La maestosa iscrizione ricorda l’attività del duoviro L. Pupio, capace in età augustea di promuovere la costruzione a proprie spese di una strada basolata. C’è una torre urbica, modello in miniatura di una torre-città, anche questo parte di un monumento funerario. Ci fa capire con quale importanza le mura venivano viste a Benevento. Per questo venivano rappresentate nei monumenti funerari, ed erano l’orgoglio, l’aspetto visibile della Benevento antica, rendendola riconoscibile come centro fortificato. Poi abbiamo dei busti di togati, uomini in toga provenienti da Paduli e da Benevento. Richiamano il modo di vestire del cittadino romano; quindi, i beneventani che, essendo nell’orbita romana, erano cittadini appieno di Roma, vestendo alla moda come nella capitale. Un simbolo della diffusone della cultura romana. A seguire un cippo della via Appia Claudia, segnato dal numero IV, collocato al quarto miglio: indicazione stradale per il viandante che si trovava a quattro miglia fuori dalla città di Benevento. Uno splendido frammento da Pietrelcina in marmo pentelico raffigurante parte di un tempio di un edificio sacro consente di comprendere i legami diretti tra Benevento, Roma e la Grecia. Infine, c’è una sfinge alata con varie mammelle, parte di un recinto funerario, simbolo di vigilanza sui luoghi. Siamo sempre più abituati a immaginare il mondo passato fatto esclusivamente di cose meravigliose, che spesso però non ci aiutano a comprendere tutta la complessità sociale, economica, politica di città e territori. Le opere esposte vogliono invitare l’osservatore a comprendere anche tutta la complessità non solo di Benevento ma del mondo antico.

C’è una successione logica per guardarli?

I reperti nel Lapidarium si trovano lungo un percorso pedonale. Possono essere osservati singolarmente, partendo da destra o da sinistra. Il filo rosso che le unisce è l’orizzonte cronologico della produzione delle sculture

I reperti scelti per l’esposizione all’interno del Lapidarium dove erano custoditi in precedenza?

I reperti esposti temporaneamente presso il Lapidarium erano custoditi presso i depositi del Centro Operativo della Soprintendenza. Sono stati portati alla luce durante le attività di tutela svolte nella città di Benevento e in tutto il territorio dall’ufficio periferico del Ministero della Cultura. Durante le attività di scavo archeologico o le ricognizioni di superfice, vengono solitamente recuperati materiali differenti, per tipologia e significati: dai frammenti di ceramica alle ossa; dai frammenti di sculture in marmo e calcare ai frammenti di affreschi. Dalle monete in argento alle fibule in bronzo. Tutte le testimonianze del passato permettono di ricostruire e comprendere la storia della città. Per il Lapidarium si è scelto di esporre una selezione di opere scultoree, rappresentative della monumentalizzazione della città e dei centri del territorio sannita in età romana.

L’esposizione temporanea nel Lapidarium riferita all’Appia fa parte di una rete di progetti simili?

La provincia di Benevento possiede un numero ridottissimo di musei, non solo di quelli archeologici. Sono presenti grandi realtà museali come il Museo Archeologico Nazionale del Sannio Caudino e il Museo provinciale del Sannio. Resta un bisogno diffuso di esporre le memorie del territorio nelle sue varie forme. Attraverso i fondi del PNRR, i Comuni di Paduli e Buonalbergo sono già in una fase avanzata di progettazione di nuovi spazi espositivi dedicati all’Appia. Un recente protocollo di intesa tra Comune di Benevento, Soprintendenza e vari enti locali è mirato ad offrire nuove forme di esposizione diffusa ai reperti archeologici conservati nei depositi della Soprintendenza.

Scopro l’attrattiva suscitata dall’esposizione sui passanti; leggono le didascalie, con riflessioni spesso disarmanti. Sulla parete vetrata si intravede una scarna vetrofania: un itinerario archeologico all’interno della città, che non indica le strade, ma i luoghi di interesse archeologico irradianti dalla piazza dell’Arco di Traiano. Già punto di arrivo dell’Appia, da quì parte anche uno sviluppo turistico futuro di alto livello, che infrange lo specchio appena oltrepassato. Come già fanno i bambini, anche le guide turistiche possono studiare e avviare un itinerario di scoperta. Sono utili i testi di Simone Foresta: “Le attività produttive a Benevento tra tarda antichità e alto medioevo: dati preliminari dall'attività di tutela del patrimonio archeologico”. E “Benevento e il fiume Calore fra età imperiale e medioevo. Osservazioni preliminari sui materiali e le strutture archeologiche individuate in corrispondenza del Ponte Vanvitelli”, consultabili liberamente sul sito Academia.edu. Si aggiungono gli interventi in “Spazio urbano e attività produttive: fra Tarda Antichità e Alto Medioevo”, Bari, Edipuglia, 2022, e in “Tecnologia e simbologia fra tarda antichità e medioevo”, a cura di Carlo Ebanista e Marcello Rotili, Bari, Edipuglia, 2024.

ROSANNA BISCARDI