Tre generazioni tra divieti e sapori dell'ignoto Cultura

Ridipinto un muro, non trovo più la scritta VIETATO VIETARE in un vicolo intorno al Largo Feuli, centrale ma appartato, caratteristicamente beneventano per i suoi archi medievali. Rimane così cancellata anche la memoria di quell’anelito, diffuso in città alla fine degli anni ’70 dagli studenti ventenni che con lo sguardo rivolto oltre l’Europa utilizzavano il graffitismo libertario hip hop americano. Non avendo ancora i social a disposizione si esprimevano con scritte occasionali sui muri, sui vagoni dei treni, sui cartelloni, sulle camicie. La parola del momento era ‘libertà’, in una utopia collettiva di liberazione individuale.

Cominciarono a frequentare il Museo del Sannio a gruppetti, sorpresi da tante unicità d’arte e di storia, la più gettonata una foto di primo Novecento di Piazza Santa Sofia tutta alberata, che avevo esposto nel 1979 nella mostra Benevento com’era. Ansiogeni per il pubblico tradizionale dell’Istituto, apparivano numerosi nelle occasioni di arti visive e concettuali, teatro d’avanguardia e design, immaginario tecnologico e fotografia, body art e jazz. Non protestarono quando seppero che i rappers rifiutavano Benevento, si sentivano dalla loro parte. Dialogavano senza remore con gli artisti loro coetanei, da me individuati in area napoletana-salernitana ma non solo, artisti a loro volta alle prime armi ma che sarebbero diventati famosi, Mario Martone, Tony Servillo, Antonio Sixty, Antonio Biasiucci, per ricordarne qualcuno. Non del tutto sessantottini, erano comunque inebriati dal recente rivoluzionario ‘68 in una città che, a loro dire, “arrancava nell’abbordare il contemporaneo”. A Bruxelles ho ritrovato poi i volti sbarbati di quei ventenni di fine anni ’70 e inizi ’80 in una mostra fotografica delle primissime attività teatrali anche a Benevento di Mario Martone, che me l’aveva segnalata.

In seguito, nel primo decennio del Duemila, con universitari ‘millennial’ nati cioè negli anni ’80, discutevo delle scritte contro i divieti con cui i loro… quasi padri s’erano fatti sentire a Benevento. Per discuterne fotografavano quelle scritte ma le avvertivano come residui di una generazione troppo illusa di cambiare le cose, specialmente quando raccontavo che dal Nord Italia per posta ricevevo ancora lettere con l’indirizzo ‘Benevento (NA)’, vale a dire ‘Benevento in provincia di Napoli’. I millennial erano convinti che lottare contro i divieti fosse “una autofregatura, perché le proibizioni servono a far nascere i desideri di costruire quello che non c’è”. Altro che abolire i divieti, dovremmo chiederne di più, mi dicevano, perché fanno pregustare i sapori dell’ignoto, come accadde già a Eva e Adamo: il Padreterno mise un giardino meraviglioso a loro disposizione, vietò soltanto i pomi di un albero, e i due cominciarono ad avere voglia proprio di quei pomi dal sapore sconosciuto, e sbloccarono una situazione che altrimenti sarebbe rimasta statica in eterno Adamo ed Eva, di Nicole Anne Chew-Helbig, artista digitale).

Quindi, chiedevo, voi scrivereste sui muri “VIVA I DIVIETI”? Oggi per niente, rispondevano, perché il ‘VIETATO VIETARE’ scritto dai ventenni degli anni ‘80 sarebbe stato inutile nella realtà del Duemila basata sulla valorizzazione delle differenze individuali. Arretrati per loro erano soprattutto i politici, preoccupati per chi si fa le canne tra foglie, fiori, profumi, sogni afrodisiaci, ma smarriti nei dubbi: aumentiamo i divieti o chiudiamo un occhio? o tutt’e due? e se poi scateneremo di più le cattive voglie? e cosa succederebbe se invece permettessimo ai fruttivendoli di vendere quelle erbe sul banco del prezzemolo, del basilico e dei mazzetti di sedano? passerebbe la voglia di farsi una canna ai ragazzi in fila con le signore che fanno la spesa?

Oggi i nati dal Duemila in poi, ragazzi della ‘generazione ZETA’ (zoomer, digitarian, post-millennial…), sui social definiscono i millennial “cheugy”, obsoleti. A Napoli, a Roma, a Milano, come a Benevento, non ancora maggiorenni, sembrano liberi da dubbi. Alcuni di loro però arrivano a chiedersi se sono le donne che se la cercano o sono i divieti di legge a renderle tentatrici come i pomi del Paradiso Terrestre. Se è un violento chi le molesta con qualche complimento o regala una manata sul sedere. Però dipende da quale parte stai, dicono.

Sentendo le loro espressioni “dipende da quale parte stai”… manate “regalate” alle donne, qualche volta ho aperto sul cellulare la scena di un ragazzo e una ragazza a stretto contatto fisico dipinta nel Settecento dal francese Jean-Honoré Fragonard, che la intitolò Un bacio rubato”: un ragazzo ruba un bacio a una ragazza non consenziente, tirandola a sé (immagine di apertura). Per qualche ZETA è forse la ragazza che offre la guancia, la bocca, preoccupata solo di non essere spiata dalle signore dell’altra stanza. Un altro ha citato ridendo la nonna: “per educazione si deve restituire subito quello che è stato rubato”... Restituire i baci rubati tra la folla?

ELIO GALASSO