Un insolito Grand Tour: due viaggiatrici a Benevento tra fine Settecento e inizio Ottocento Cultura
Due donne colte e temerarie, in tempi e modalità differenti, nel corso del Settecento si avventurano nella città di Benevento. È l’epoca dei famosi Grand Tours, cioè viaggi di istruzione sulle tracce della cultura classica, i quali vengono praticati quasi in prevalenza da uomini. Eppure, nell’ambito di una attività fortemente sessualizzata, si fanno spazio anche alcune donne, sulle quali studi e ricerche solo di recente cominciano a gettare una luce nuova.
Taccuino alla mano e tanta curiosità, le due donne di
cui fra poco vi diremo, documentano tutto quello che vedono con
piglio e uno sguardo fortemente personale, molto diverso dalla
generale impersonalità dei resoconti maschili.
Non ci sono i
social e, in particolare, non c’è Instagram a documentare che quel
viaggio è stato compiuto. È l’epoca dei diari e dei resoconti
scritti, che, praticamente, svolgono la stessa funzione: raccontare i
luoghi scoperti a chi non ci è mai andato.
Nella calda serata
estiva del 31 agosto 2024, nel gradevole spazio eventi dell’Hortus
Conclusus di Benevento, l’archeologa Luciana Jacobelli, che insegna
all’Università del Molise, e Aglaia McClintock, docente di Diritto
Romano e Diritti dell’Antichità presso l’Università degli studi
del Sannio, hanno parlato di due viaggiatrici d’eccezione: la
marchesa romana Margherita Boccapadule e la scrittrice inglese Maria
Starke.
La Boccapadule effettua un’escursione a Benevento
accompagnata dal suo compagno Pietro Verri, fratello del famoso
Alessandro Verri. Corre l’anno 1795 e la dama in questione ha già
sessant’anni.
Nel 1804 è la volta della Starke, che in
Inghilterra è già famosa per avere compilato le prime guide
“moderne” sull’Italia. La donna decide di avventurarsi da sola
a Benevento.
Nel corso di una vera e propria lectio magistralis,
supportata dall’ausilio di diapositive proiettate su uno schermo
gigante, Jacobelli e McClintock hanno guidato i presenti alla
scoperta della città settecentesca vista con gli occhi di queste
donne colte e raffinate.
Si tratta di testimonianze e scritti
finora inediti, che appartengono a donne e che si concentrano su uno
dei posti d’Italia davvero tra i più ignorati all’epoca del
Grand Tour. Infatti, la professoressa Jacobelli ha spiegato che le
mete previste erano Genova, Milano, Torino, Venezia, Firenze, Roma e
Napoli.
La marchesa Boccapadula, ad esempio, raggiunse Napoli attraverso la pericolosa strada degli Abruzzi. Al suo seguito, una scorta di “nove uomini di guardia, con fucile e bajonetta”. Nel suo resoconto, la marchesa dice che Benevento dista da Napoli 35 miglia ed è famosa per il suo arco trionfale. Racconta della pessima osteria di campagna dove ha mangiato e delle strade dissestate che ha percorso. Racconta di essere arrivata a Benevento alle due di notte e di avere alloggiato nella Locanda del Cardinale, dirimpetto all’arcivescovado. Si dichiara ammirata dal Duomo cittadino e dal Palazzo Vescovile. È anche stupefatta dalla bellezza dell’Arco di Traiano, che, all’epoca, si presenta come una Porta della città.
“Benevento ha un popolo che mi è sembrato docile e quieto”, dice
la marchesa, che riporta anche il numero degli abitanti: 24.000.
Parla del viaggio di ritorno con la carrozza guidata da un ragazzo
inesperto. In una carreggiata cupa la carrozza si ribalta, ma per
fortuna nessuno si fa male. Il punto descritto è la zona comunemente
chiamata “Sferracavallo”. La marchesa non conosce questa
denominazione, ma la descrizione che ne fa ha permesso di risalire
con esattezza alla zona da lei indicata nel suo racconto.
Passando
a Mariana Starke, di cui la professoressa McClintock, per la prima
volta in assoluto, ha tradotto molte pagine, è interessante rilevare
che questa donna intellettuale si faccia indicare l’albero del noce
di Benevento da un certo Mister Jordan, restando molto soddisfatta
della visita. Attraversa parte della Via Appia (non ancora devastata
dall’abusivismo edilizio), di cui ricostruisce la storia sulla
scorta delle testimonianze di Procopio. Dice che la distanza tra
Napoli e Benevento richiede sette ore di viaggio a cavallo. Descrive
nei minimi particolari la locanda dove ha alloggiato. A tale
proposito, afferma che essa ha due piccole camere matrimoniali,
un’ottima stalla ed un’ottima rimessa per i cavalli, ma, poiché
è poco visitata, non offre pasti agli avventori, per cui è
preferibile portarsi il cibo da sé.
Insomma, un mondo, quello
dei tour al femminile, pieno di soprese, curiosità e ancora tutto da
scoprire.
La lectio di Jacobelli e McClintock andrebbe fatta conoscere anche agli studenti delle scuole di ogni ordine e grado ed aggiunge un nuovo tassello agli studi di genere in questa provincia.
LUCIA GANGALE