Un maestro e un soldato sul campanile del Duomo Cultura

Il campanile del Duomo è ornato di numerose sculture di età romana e oltre, reimpiegate come ornamenti della facciata. In particolare, stando di fronte al Duomo, proprio sotto il tetto del campanile, è possibile osservare una statua a circa 30 m di altezza, la cui testa è alloggiata in una nicchia ricavata nella moderna trabeazione del tetto, poiché supera in altezza l’ultima fila di blocchi di pietra.

Dobbiamo ringraziare Cesare Mucci e Raffaele Pilla, che hanno realizzato con l’ausilio del drone una foto di questa statua, ci hanno permesso di usare la foto e ammirare così i particolari del monumento. La statua, anch’essa in pietra calcarea, risulta un assemblaggio di una testa e un corpo, realizzati in epoche diverse, essa manca della parte inferiore delle gambe ed è appoggiata su una mensola.

La testa, secondo Marcello Rotili, sarebbe un raro esempio di scultura a tutto tondo di età longobarda, risalente al IX-X sec., con i grandi occhi a mandorla, il naso poco prominente e i piani appiattiti del modellato del volto ricorda la testa cosiddetta di Teodolinda, ancora più legnosa della nostra, anche perché più arcaica, conservata a Milano, nel Museo d’Arte Antica del Castello Sforzesco. La nostra testa è leggermente ruotata verso sinistra e sembra avere un copricapo con una fascia prominente sulla fronte, da cui a sinistra si può notare una banda triangolare che copre l’orecchio. Sembrarebbe un copricapo simile a quelli usati dai poeti medievali; potrebbe quindi raffigurare un intellettuale.

Un’ipotesi circa la sua identità fu divulgata tra l’altro da Goffredo Coppola, filologo classico e papirologo di Guardia Sanframondi, divenuto più celebre per essere stato fucilato insieme a Mussolini. Coppola, nell’ articolo Il gobbo al sole del 5 luglio del 1939, apparso su Il popolo d’Italia, a p. 3, riferisce che quella statua sarebbe, secondo i beneventani, un ritratto di Orbilio Pupillo, nato appunto nella nostra città e divenuto il famoso maestro di Orazio. Che gli fosse stata eretta una statua dai Beneventani, infatti, è noto dal testo di Svetonio, che lo ricorda tra i grammatici.

La statua descritta da Svetonio, però, vedeva il plagosus Orbilio seduto e con due scrigni pieni di libri ai suoi lati. Come si è detto, invece, la testa non è di età romana e quindi non può essere quella di Orbilio; se è il ritratto di un intellettuale, visto che si tratta di un’opera di età longobarda, propenderemmo per Paolo Diacono, il celebre autore della Historia Langobardorum, vissuto in città a lungo come istitutore di Adelperga, principessa moglie di Arechi II.

Invece il corpo rappresenta un soldato romano acefalo, che indossa il pesante mantello militare detto paenula, spesso portato risvoltato sulle spalle, come nel nostro caso, in modo da lasciare scoperte le braccia per un pronto uso delle armi; sul lembo inferiore del mantello è distinguibile una nappa, che costituisce un ornamento tipico di questo tipo di indumento.

Sotto la paenula, sulla spalla destra, si può vedere il margine di un linothorax, un particolare tipo di armatura di origine greca formata da strati di lino incollati che andavano a formare un corpetto rigido che raggiungeva il basso ventre. Si possono osservare sulla coscia sinistra del nostro personaggio le strisce delle pteryges, delle strisce che permettevano il piegamento e fungevano da parziale protezione delle cosce.

Una sottile linea su entrambi i bicipiti, distingue le maniche della tunica, cioè la veste portata sotto il corpetto militare. La mano destra del legionario tiene saldo il pomo della spatha, portata a sinistra, di cui è visibile solo l’elsa, mentre la lama è nascosta dal braccio sinistro e dal mantello. Nella mano sinistra il legionario ha un oggetto, di cui si distingue bene l’impugnatura, una cordicella intrecciata, mentre il resto è appena distinguibile come un rilievo sulla coscia sinistra, che quasi si confonde col panneggio.

Quest’oggetto è una custodia per tavolette di scrittura. Essa viene spesso raffigurata nell’equipaggiamento del soldato, per sottolinearne la missione di corriere porta ordini. In questo caso il contenitore raffigurato doveva essere una borsetta di pelle, con un laccio di sospensione. In altri casi essa è un cestino. Per il tipo di resa del panneggio, in cui le larghe pieghe sono come appiattite, sembra un’opera di IV o V sec. d. C., ma sulla identità del personaggio resta il mistero.

Perché mettere quella statua a quell’altezza? Difficile dare una risposta.

Essa, di certo, si trova lì almeno dalla fine del XIV sec., da quando fu disposta la ricostruzione del campanile dal vescovo Romano Capoferro. Probabilmente l’elevato doveva continuare, almeno superando la testa della statua, ma probabilmente i lavori si fermarono prima e il campanile fu ornato del fastigium solo nel 1690 dall’arcivescovo Orsini, all’altezza che vediamo anche oggi. Fortunatamente il campanile del Duomo non fu toccato dai bombardamenti del 1943 e ha potuto conservare i numerosi reperti antichi che lo decorano come una sintesi della storia della città

PAOLA CARUSO