Un Museo egizio o una sezione egizia del Museo? Cultura
È una vicenda che ricorre ciclicamente a Benevento: quella di aspettare che qualcuno, non beneventano, ci ricordi che la nostra città possiede un patrimonio inestimabile dal punto di vista storico, archeologico e artistico. Solo allora noi beneventani, forse, ma non sempre, ci attiviamo per vedere di salvare il salvabile. E sì! Perché intanto eventi disparati (catastrofi naturali, eventi bellici, incuria, vandalismo) hanno prodotto danni a quel patrimonio di cui non ci eravamo assai interessati.
Naturalmente ci sono stati cittadini beneventani attenti al patrimonio storico-artistico: uno di questi fu l’ingegnere, architetto, archeologo Almerico Meomartini (che però era originario di Reino). All’illustre figura sono stati dedicati vari convegni in occasione del centenario dalla morte, il più recente dei quali è stato organizzato dall’Archeoclub di Benevento, il cui presidente, l’arch. Francesco Morante ha parlato del rapporto che Meomartini ha avuto con la nascita del Museo del Sannio al numeroso pubblico intervenuto, insieme agli altri ospiti della serata, i proff. Angelo Bosco, che ha illustrato le architetture presenti in città, ideate dal Meomartini, e Maurizio Cimino, che ha ricostruito la vicenda della scoperta e degli studi sul tempio beneventano di Iside, comprese le varie ipotesi sulla collocazione del tempio stesso.
L’incontro si è svolto presso l’auditorium “Gianni Vergineo” del Museo del Sannio ed è stato introdotto dal direttore scientifico, prof. Marcello Rotili, che ha evidenziato la poliedricità e versatilità di Almerico Meomartini, autore della clamorosa scoperta dei materiali egizi beneventani, anche se per la verità, come ha sottolineato Maurizio Cimino, la scoperta ebbe come ignari protagonisti gli asini che la Compagnia dei Regi Carabinieri, stanziata presso l’ex monastero di Sant’Agostino, non riuscivano a far passare con la nuova carrozza di servizio per la stretta porta posteriore della caserma, ritagliata nelle antiche mura.
L’ampliamento del varco della porta, con l’abbattimento di parte delle mura, cosiddette longobarde, ma in realtà risalenti al IV sec. d. C., come ha più volte documentato Marcello Rotili, portò nel 1903 al rinvenimento di alcuni reperti archeologici di indubbio valore artistico. Fu allora che intervenne Almerico Meomartini a chiedere e ottenere l’ampliamento dello scavo. Emersero allora dal sottosuolo beneventano le meravigliose statue di sacerdoti portatori di canopo in basalto, le numerose statue di cinocefali e di falchi in diorite, la statua di Domiziano in veste di faraone, le grandi sfingi guardiane sul viale d’ingresso al tempio della dea Iside, le due statue di adoratrici raffigurate in ginocchio, realizzate in uno splendido marmo pavonazzetto, con le vesti drappeggiate che recano sul petto il nodo isiaco, la mirabile nave di Iside Pelagia in marmo pario.
Tutte le statue, conservate oggi presso il Museo ARCOS, sono prive della testa, vittime della furia antipagana, conseguente all’editto di Teodosio del 380. Solo la testa della statua di Domiziano fu rinvenuta a poca distanza dal torso, privato dei piedi.
Altrove si sarebbe fatta una enorme propaganda di questa sensazionale scoperta: materiali dell’antico Egitto, ritrovati in una cittadina del Sud Italia, che si andavano a unire a due obelischi noti da secoli e conservati con alterne vicende in città. Accatastati alla bell’e meglio questi materiali, confusi con altri nell’androne della Rocca dei Rettori, unico spazio che a Meomartini fu concesso dalla Provincia, anche perché egli fu prima membro del consiglio e poi presidente della deputazione provinciale di Benevento dal 1910 al 1923.
Si dové poi aspettare il 1929, quando Alfredo Zazo poté poi allestire il Museo, stabilito per decreto nel 1873, nei locali dove è ancora oggi alloggiato. Oggi, solo dopo gli importanti studi della prof.ssa Rosanna Pirelli, professoressa di Egittologia all’Università L’Orientale di Napoli, che chiariscono quale fosse la solennità del tempio beneventano, istituito dall’imperatore Domiziano, forse riusciremo a dare a quegli affascinanti e misteriosi reperti una collocazione più degna in un Museo egizio di Benevento?
PAOLA CARUSO