Una lettera di Papa Adriano I a Carlo Magno Cultura

Tra la fine del 787 e l’inizio del 788, quando ormai il regno longobardo di Pavia era caduto e Carlo Magno era divenuto re dei Franchi e dei Longobardi, il nuovo papa Adriano I gli scrisse una lettera per informarlo che il figlio dello sconfitto re Desiderio, lo scelleratissimo Athalgiso (quell’Adelchi che il Manzoni fa morire nella finzione dell’omonima tragedia) era venuto in Italia per cercare di riprendere il trono perduto e si era fermato in Calabria, ai confini col ducato di Benevento. Tali notizie erano state comunicate al papa dal vescovo di Gaeta, Campolo.

Athalgiso cercava alleati tra i Bizantini. Dunque il papa chiedeva a Carlo di farsi sentire, in modo da scoraggiare alleanze pericolose per lo Stato della Chiesa e, in particolare, occorreva minacciare il principe beneventano Grimoaldo III, figlio di Arechi II, che era stato tenuto a lungo in ostaggio dai Franchi, che non venisse a Benevento. I Beneventani confidavano nel fatto che l’esercito dei Franchi non sarebbe intervenuto tra maggio e settembre per evitare la morbosità dell’aria dei domini longobardi durante il periodo estivo. Il papa sarebbe stato quindi esposto alle minacce dei Beneventani alleati coi Greci Bizantini di Napoli e chiede a Carlo di intervenire celermente.

Probabilmente, la morbosità dell’aria era dovuta alla malaria che dominava i territori del Sud, spesso paludosi e infestati di zanzare. Inoltre Adriano I afferma di aver saputo alcuni segreti da un vescovo di nome Leone, circa il fatto che Adelperga, vedova di Arechi, principe di Benevento, aveva concepito un piano mentre aspettava che il figlio Grimoaldo tornasse nei confini beneventani: ella con la scusa di pregare sarebbe andata con le sue due figlie a Monte Sant’Angelo sul Gargano e di lì a Taranto, dove ella conservava i suoi nascosti tesori. Quindi la principessa Adelperga, a dire del papa Adriano, aveva portato, per così dire, i suoi capitali all’estero e con essi voleva finanziare la rivolta contro Carlo, affidandone il comando a suo figlio Grimoaldo, una volta lasciato libero da Carlo di tornare in patria.

I vescovi, in questo resoconto del papa, sembrano più una rete di agenti segreti che uomini in missione pastorale, perché riescono a raccogliere forse confidenze o addirittura confessioni dai personaggi più altolocati, per poi informarne subito il papa. Drammatica appare la vicenda del principe Grimoaldo, che, nato a Benevento, fu tenuto dal 774 fino al 787 in ostaggio presso la corte franca come garanzia del fatto che Arechi non si sarebbe ribellato a Carlo Magno. Alla morte del padre Arechi II, egli poté tornare in patria, ma la famiglia si era trasferita a Salerno, dove come si è visto, Adelperga reggeva da sola il principato e cercava di favorire il rientro del figlio. Preoccupato della presenza del giovane principe Grimoaldo, in concomitanza del tentativo di Athalgiso di riprendere il regno longobardo, Adriano I si preoccupa di bloccare la venuta almeno di Grimoaldo.

Pare che Carlo Magno invece lo lasciò venire, con la promessa di combattere contro Athalgiso, cosa che egli fece. Athalgiso si ritirò a Bisanzio e non fece altri tentativi di riconquista. Grimoaldo III sposò poi Wantia, figlia dell’imperatore d’Oriente, Costantino VI, ma dopo la prima notte di nozze, Grimoaldo la ripudiò, rispedendola in fretta a Bisanzio, per misteriosi motivi.

PAOLA CARUSO