I dazi e la Trump economy Economia

Si sente molto parlare in questi giorni di dazi che il presidente neoeletto degli USA, Donald Trump, sta imponendo alle merci importate da mezzo mondo. Ma, cosa sono i dazi? Non sono altro che un sovrapprezzo che uno stato applica, nello specifico gli USA, ad una o più merci provenienti dall’estero per scoraggiarne il consumo interno ed incentivarne la produzione entro i propri confini. Tra i tanti dazi annunciati, poi entrati in vigore e dopo pochi giorni sospesi, vi è quello sul petrolio proveniente dal Canada. Gli Stati Uniti, grandi consumatori di combustibili fossili, importano petrolio da Canada e Mexico ma esportano lo stesso prodotto, estratto all’interno dei propri confini con la tecnica del “fracking”, ovvero della fratturazione di rocce del sottosuolo terrestre e marino. Il motivo di questo importexport, apparentemente senza ragione visto che si tratterebbe dello stesso prodotto, si trova nella differente qualità dell’idrocarburo estratto.

Come è ben spiegato in una intervista rilasciata al programma radiofonico “Il sole24 ore economia” dal professore Giovanni Andrea Blengini, esperto di tecnica dei materiali, lo “Shale oil” (petrolio da scisto), come viene identificato anche il petrolio estratto dalla frantumazione delle rocce, ha un prezzo di mercato superiore all’altro ottenuto con i metodi tradizionali. La domanda che viene naturale porsi è quindi: Perché intervenire con un dazio su un commercio che per la nazione americana già risulta molto profittevole? Siccome la situazione appare in continua evoluzione ritengo che nei prossimi giorni sarà possibile comprendere le ragioni di una decisione che al momento appare immotivata.

Altra cosa di cui si sente parlare con insistenza è la modalità di ripianamento dei debiti dell’UCRAINA verso gli USA, accumulato con le forniture militari, che dovrebbe avvenire mediante la concessione del diritto di estrazione delle terre rare (o meglio dei metalli rari), presenti nel sottosuolo ucraino, per una cifra complessiva di 500 miliardi di dollari. Il giornalista ed esperto Javier Blas scrive su “Bloomberg, in un articolo on line del 18 febbraio, che l’insistenza di Trump potrebbe essere una pura illusione. Infatti, al momento, l’Ucraina non ha miniere attive di metalli rari sebbene una valutazione molto datata delle riserve valuti in 15.000 miliardi di dollari il “tesoro” presente nel sottosuolo.

La valutazione delle riserve potrebbe essere una sovrastima degli ucraini per indurre il fornitore americano a continuare la fornitura di armi e supporto militare. Inoltre, ad oggi, l’estrazione dei metalli rari in tutto il globo assommerebbe ad un controvalore di 15 miliardi di dollari annui (l’equivalente della estrazione di petrolio di due giorni) dei quali il 50% circa in capo alla Cina. Anche ammesso che dal sottosuolo ucraino fuoriesca un ulteriore 20% annuo (cioè, 3 miliardi annui - si tratta di una stima generosa ) occorrerebbero oltre 166 anni per raggiungere l’ammontare preteso da Trump.

Vittorio Imperlino

Giuseppe Niccolò Imperlino

Foto: fonte Avvenire.it