Salotto letterario alla Biblioteca Pacca. La Libreria-Edicola Podio nel racconto di Mario Pedicini Eventi

Fino agli anni Sessanta (1967), lungo Corso Garibaldi all'altezza di Piazza Roma, di fronte a Palazzo Paolo V, è stata attiva una edicola molto particolare.

Parliamo dell'Edicola - Libreria Podio che - fondata nel 1884 - era molto di più di una edicola perché qui per anni ed anni si riuniva il fior fiore della cultura locale e dei giornalisti. Ed è da questo luogo che partì l’idea di fondare addirittura l’Associazione Stampa Sannita nel 1950.

E’ stata così proprio questa Associazione a prendere l’iniziativa di ricostruire la storia dell'edicola Podio grazie ad un input dell’on. Roberto Costanzo, che nel frattempo era venuto in contatto con alcuni eredi della famiglia Podio.

Occorreva fare però una ricerca, certamente non facile perché bisognava raggiungere gli eredi della famiglia sparsi per l’Italia e contattare i protagonisti dell’epoca.

E chi meglio di Mario Pedicini poteva fare una cosa del genere?

Con l’entusiasmo, la passione e la competenza che gli sono propri, Mario Pedicini si è messo all’opera ed in poco tempo ha realizzato un lavoro di grande pregio.

La sua indagine naturalmente si è allargata all’ambiente dell’epoca e persino alla conformazione della città nella sua struttura urbanistica, intervenendo qua e là con chiose e simpatici aneddoti.

Purtroppo una fastidiosa influenza gli ha impedito di essere presente alla manifestazione per cui la relazione è stata letta dall’attuale presidente dell’Assostampa Sannita Giovanni Fuccio che ha ringraziato il dott. Pedicini per l’impegno profuso e naturalmente si è complimentato con lui per l’ottimo lavoro svolto.

L’incontro si è svolto nella prestigiosa Biblioteca Pacca mercoledì 25 febbraio 2015 messa gentilmente a disposizione dal direttore mons. prof. Mario Iadanza che ha introdotto i lavori unitamente all’on. Roberto Costanzo.

La manifestazione è stata organizzata dall’Associazione Stampa in collaborazione con l’Associazione Editori Sanniti, il Centro Studi del Sannio e la Biblioteca Arcivescovile “F. Pacca”.

Molto gradito dal folto e qualificato pubblico l’intervento musicale al pianoforte del prof. Gianluca Podio, docente del Conservatorio musicale di Benevento, che è stato vivamente applaudito con richiesta di bis.

Per la famiglia Podio sono intervenuti provenienti da Roma Roberto e Caterina Podio, da Napoli Biancamaria e il figlio Gianluca e da Piedimonte Matese Giovannella Podio.

ANNAMARIA GANGALE

Pubblichiamo qui di seguito, integralmente, la relazione di Mario Pedicini

Per quasi un secolo Podio è stato sinonimo di edicola. Ancor oggi io sono solito dire “da Podio” per indicare quel preciso punto del Corso Garibaldi, poco al di sotto del quadrivio di piazza Roma, “dominato” da quel negozio che non vendeva solo giornali ma anche libri e vocabolari della lingua italiana.

Per questo, non a caso, intitolato Libreria.

Gennaro Podio (nato il 2 luglio 1840 - musicante, sposa Assunta Addabbo), nel 1884 apre a Benevento la Libreria e Cartoleria del Sannio a piano terra del Palazzo dei Marchesi Parisio, edificio a tre piani stretto tra Via 3 Settembre e Piazza Papiniano. Giusto al centro della città, quasi di fronte a Palazzo Paolo V e al Seminario Arcivescovile (potere civile e potere religioso), mentre l'obelisco egizio di piazza Papiniano ricordava il potere imperiale dell'antica Roma, e il 3 settembre (sostituiva l'antica Via della Neviera) rievocava la data della liberazione della città dal dominio del Papa, qualche giorno prima che Garibaldi mettesse piede a Napoli nel 1861.

Ne dà notizia la Gazzetta di Benevento del 26 ottobre di quell'anno 1884.

Benevento, però, non dimenticò che a Garibaldi si rivolse Salvatore Rampone per chiedere per la antica capitale del Ducato Longobardo la creazione di una nuova provincia e che Garibaldi esaudì la richiesta. Quindi l'antica via Magistrale fu allargata con la conservazione degli edifici più significativi e il sacrificio di quelli più modesti. Con la nuova strada - intitolata Corso Garibaldi - anche il centro commerciale, poco alla volta, si spostava (o, almeno) si estendeva da piazza Orsini e il Corso diventava l'arteria del passeggio, degli incontri, delle conversazioni. Insomma la Libreria Podio nasceva come simbolo ma anche come elemento di una trasformazione che contrassegnò il ventesimo secolo sotto il dominio delle accelerazioni. Oltre a vendere libri e giornali la Libreria e Cartoleria del Sannio produsse sul finire del secolo XIX delle magnifiche cartoline illustrate con immagini irripetibili della città. Le cartoline della Libreria e Cartoleria del Sannio sono tra le più ricercate (e costose) tra i collezionisti di tale articolo: chiedere informazioni a Franco Morante, Luigi Garofano e ad Angelina Russo.

L'ingegnere Enrico Franchini, nel 1910, comprò parte del palazzo Parisio, segnatamente la parte che da via 3 settembre (l'ex Vicolo delle Neviera) andava al vicoletto Alfieri. Qui, in fondo al vicoletto, dove prima si apriva il portone del palazzo Parisio, si mise Miele a vendere frutta e verdura. In quel negozio nella strozzatura del vicoletto Alfieri, i miei occhi videro per la prima volta le banane.

E' Gennaro Podio ad avere l'intuizione della libreria. Ma è da suo figlio, Enrico, che deriva la passione per la scrittura e per quella attività nuova, che consisteva nell'esprimere, nella immediatezza, commenti e riflessioni. In questo consisteva il giornalismo quale veniva enfatizzato dai grandi scrittori (Victor Hugo, Emile Zola).

Il cognome Podio, forse di provenienza piemontese, se non proprio spagnola, appare a Benevento nella seconda metà del 1700. Baldassarre Podio (nato nel 1775) sposa Raffaella Busicchio: dal loro matrimonio nascono Giovan Lorenzo Cesare (18.01.1807), Nicolangiolo Lorenzo (15.12.1808), Francesco Paolo Saverio Angiolo (12.12.1812) e Pasquale Gaetano Raffaele (04.03.1816). Stando alla ricerca operata da Lamberto Ingaldi, finisce qui la storia di Baldassarre Podio

Più articolata e ricca, giungendo fino ai nostri giorni, è la vicenda che prende avvio da Giacinto Podio (nato nel 1777), il quale sposa Beatrice Calantriello. Dalla loro unione nascono Luigi Raffaele (nato l'11.10.1807 e morto il 2.02.1877), Antonio (1810), Luigi Lorenzo Raffaele (24.05.1815) e Luigi Raffaele Vincenzo (01.06.1816).

Da Antonio (che sposa Angiola Bellino) nasce il 02.07.1840 Gennaro Giacinto Giuseppe che è definito musicista e sposa Assunta Addabbo.

Dal loro matrimonio nascono Giuseppe Luigi Vincenzo Antonio (03.01.1870), Eugenio Amedeo Manfredo ( il 16.10.1872) il quale è definito musicante, nonché Errico Tommaso Antonio (20.05.1867). Errico è il punto fermo della nostra storia.

Ma non meno interessante è la personalità di Gugliemo, anch'egli musicante (nato il 20.07.1874 e morto il 24.03.1948) che sposa Erminia Romano e mette al mondo nove figli. La prima, Assunta (02.05.1900), sposerà Cosimo Russo titolare di una segheria/falegnameria nei pressi della chiesa della Madonna della Libera, dove lavorerà nell'ufficio amministrativo anche la sorella Maria (la signorina Podio).

Un figlio di Guglielmo, Errico, nato il 07.02.1907 e morto il 05.03.1982 sposa Antonietta De Lipsis e mette al mondo tre figlie femmine: Anna, professoressa per molti anni alla Scuola Media Bosco Lucarelli che sposa il collega Armando Albino; Erminia che sposa Tonino Iannotti e Cecilia che sposa Errico Viggiano.

Anna, rispondendo alle miei richieste di notizie sui rami musicali dei Podio, per arrivare al nostro pianista Gianluca, ha candidamente affermato di Gianluca non sapere niente; ma ha potuto asserire che “tutti i fratelli di mio padre” erano stati avviati allo studio della musica (ognuno uno strumento diverso) e che in famiglia c'era l'abitudine di fare musica d'insieme.

Ma è l'altro Errico (fratello del Guglielmo musicante e padre di musicanti) che maggiormente ci interessa per il suo protagonismo nell'ambiente giornalistico.

Abbiamo detto che è nato il 20 maggio 1867.

Enrico Podio, letterato e notaio, sposa nel 1892 Virginia Imperlino. Dal matrimonio vennero fuori

Giovanni (Manni - 10.03.1895 ) sposa Rosa Ciliberti - figli Anna, Virginia e Errico;

Gennarino (20.12.1893 /10.07.1970) trasferitosi a Roma - figli Luigina, Graziella e Gianni;

Anna (Ninuccia - 01.11.1899/25.10.1982) che sposa in Argentina un giornalista ebreo Fausto Levi, che cambierà cognome in Luxich. Anna non ebbe figli, per cui quando divorziò, se ne tornò a Benevento e divenne il perno principale dell'attività di distribuzione dei giornali nell'intera provincia;

Maria (08.09.1905) non si sposò;

Immacolata (07.17. 1901/12.12.1980) fu poi cuore e mente dell'azienda libraria;

Infine Antonio (30.08.1906/ 02.09.1991), con le figlie Bianca Maria e Giovanna.

E' Antonio quello che non si interesserà mai direttamente della Libreria ma che mette salde radici nella vita sociale beneventana e napoletana, per le sue attività sportive esaltate, del resto, dal regime fascista come palestra di virtù morali. E' lui che attraversa tutto il “secolo breve” con il fascino di un uomo di successo.

La libreria si apre ai nuovi prodotti della stampa. Da Podio si vendono giornali quotidiani, periodici, riviste. Arrivano i fumetti, che attirano una clientela giovane.

Non erano tanti quelli che sapevano leggere e scrivere. Erano comunque molti quelli che seguivano le notizie, come raccontate e riferite di seconda mano soprattutto negli ambienti dei circoli politici e sindacali. La buona borghesia non poteva snobbare la lettura se poteva (e doveva) approvvigionarsi di quella agilità intellettuale e di quel bagaglio di cultura necessari per affrontare con spirito imprenditoriale la scalata sociale, non esclusa - si capisce - la tenzone politica.

Soprattutto nel mondo dei giornali entra con la sua autorevolezza culturale e con la curiosità di chi vuole “raccontare il mondo” il notaio Enrico Podio, destinato all'avvocatura ma propenso a stare nel bel mondo e a impegnarsi come giornalista. Sarà lui a portare nella Libreria di famiglia il fior fiore degli intellettuali o, comunque, degli uomini attivi nella politica e quindi attenti alle idee che la stampa poteva veicolare.

Sono gli anni in cui la Libreria Podio diventa luogo di appuntamenti di personalità della cultura, della politica, della economia. Qui s’incontrano gli onorevoli Nazareno Cosentini, Luigi Basile, Giovanni Battista Bosco Lucarelli, l’editore Giuseppe De Martini, il dottor Mario Verrusio (divenuto proprietario di un appartamento nel palazzo Parisio), l’avv. Giuseppe Rossi, il notaio Nicola Jelardi, i Conti Collenea, Raffaele De Caro e Antonio Lepore, Antonio Cifaldi e Alfredo Zazo, il canonico Ignazio Carrano, l’ing. Enrico Franchini, il dott. Giuseppe Moscati e Mario Meomartini. E, per via di parentele di cui sarò costretto a dirvi appresso, lo scrittore Elio Vittorini, e con lui illustri napoletani protagonisti del giornalismo post-bellico come Giovanni Ansaldo, Domenico Mancuso padroni in tutti i sensi de “Il Mattino”.

Ne è testimonianza un prezioso cimelio. Una sorta di verbale, con il quale gli amici solennizzano l'onorificenza di “Cavaliere del Regno” appena conferita ad Enrico. E' la sera del 16 gennaio 1921 e gli amici sottolineano di trovarsi nella libreria là dove si sta tutte le sere a dire verità e bugie sul conto di tutti ed anche del neo cavaliere e questi si trovava circondato da tutta la sua simpatica famiglia e cari parenti”.

Seguono le firme: V. Silvestri, Almerico Meomartini, Antonio Campese, Luigi Lapolla, Alfredo Fierro, Tommaso De Simone, Fr. Cantarella, Francesco Celentano, Stanislao Zazo, Giovanni Principe, Luigi Riccardi, Mario Meomartini, Eugenio Podio, Giovanni Chiariotti, Guglielmo Podio, Manfredi Romano, Mario Podio.

Venuti meno il fondatore Gennaro e il figlio Enrico, l'edicola-libreria passa sotto la direzione della “mite e fragile” (Maria Teresa Rossi dixit) Donna Virginia Imperlini. La quale, originaria della Sicilia, aveva un fratello (di nome Aminta) che sposò Maria Sgandurra (con la g perché con la c sono quelli di Catania). Dal loro matrimonio (di Aminta con Maria Sgandurra) nacquero Aldo (che sposò Maria Pia Fierro) e Angelina che fu adocchiata dal principe ereditario Umberto in visita in città ma restò fedele alla sua indipendente bellezza e non si sposò. Angelina è stata la cugina che più ha influito sulla crescita di Elio Vittorini, inviato qui a Benevento per fargli respirare aria moderna.

A Siracusa, infatti, lo studente Vittorini partecipò alle agitazioni promosse nel gennaio 1923 contro la proposta di riforma della scuola propugnata da Giovanni Gentile. Fu punito con 65 giorni di sospensione dalle lezioni e con il rinvio a ottobre di tutte le materie. Ce la fece a superare gli esami, ma l'Istituto Tecnico Rizza che avrebbe dovuto continuare a frequentare ridusse l'organico e fece fuori gli alunni che avevano conseguito la promozione nella sessione autunnale. La famiglia lo spedì a Benevento, dalla zia Maria Sgandurra (sorella di sua madre). Qui non è che facesse sfracelli a scuola, ma cominciò ad interessarsi di letture e la vita coi cugini Aldo e Angelina lo aiutò a crescere. Al punto che quando rientrò a Siracusa “era un giovane pieno di fermenti, che faceva letture importanti”.

E' chiaro che quando Vittorini era ospite della amata cuginetta (prima alla Stazione, poi a Via XXIV Maggio), era assiduo frequentatore della libreria dove troneggiava la zia Virginia.

Appena in età entrano nell'azienda familiare le figlie Maria e Immacolata, che diventeranno, dopo la guerra, con l'arrivo di Anna (l'Americana) le mitiche signorine Podio, alle quali verso la fine degli anni '50 venivano a dare una mano le giovani nipoti Virginia e Anna (quest'ultima sposò il centravanti della Sanvito Passariello). Una azienda commerciale gestita da donne: anche questa è una peculiarità di questa storia straordinaria.

Personaggio anch'egli al centro dell'interesse cittadino divenne Tonino Podio, classe 1906, cassiere del Banco di Napoli, il quale esibiva una curata eleganza. Donato Spina, tra il 1947 e il 1951 collaboratore a “Il Risorgimento” e, poi, aiuto-corrispondente a “Il Mattino” dell'avvocato Michele Portoghese (il quale aveva casa e bottega a via 3 settembre, a due passi da Podio) ricorda lucidamente questo Tonino uomo dedito allo sport, amante del motociclismo, con una chioma sempre tirata, molto stimato” (conversazione telefonica del 23 dicembre 2014). Spina mi ha inviato una caricatura di Tonino Podio, opera di Calan, pseudonimo di Giovanni Calandriello, brillantissima “matita d'oro” che amava fare caricature a beneventani illustri e a chiunque passasse da queste parti. Ho riscontrato la caricatura di Podio sul catalogo della Mostra organizzata dal Museo del Sannio dal 20 dicembre 1993 al 20 gennaio 1994.

Tonino ha sposato Maria Teresa Tedesco, da cui ha avuto due figlie: Bianca Maria e Giovanna.

Bianca Maria vive a Napoli.

Giovanna (Giovannella per gli amici) è stata insegnante ed ha seguito il marito Silvio Vitagliano con il quale vive in quel di Piedimonte Matese (allora d'Alife). Le sue due figlie le ha chiamate Virginia e Anna.

Durante il fascismo l'edicola libreria Podio divenne un vero centro culturale. Quando a sera si tirava a mezz'asta la saracinesca, una scelta combriccola di amici commentava i fatti del giorno e consolidava amicizie. In termini un po' più elevati, si replicava ciò che accadeva nei “Saloni” di barbiere dove, al calar delle saracinesche si accendeva il sacro fuoco della musica con chitarre, mandolini, fisarmoniche per accompagnare voci tenorili nelle interpretazioni delle canzoni più in voga.

Dal punto di vista del giornalismo locale, Podio fu un punto privilegiato di incontri per i giornalisti, perché Podio era diventato anche il distributore delle edizioni per le edicole cittadine e per tutta la provincia. Calan, morto nel 1945, decise di immortalare lo strillone Giovanni Santilli. Mitica ai miei tempi giovanili divenne la venditrice-strillona Vicenza a' giurnalista, che ben presto assunse una aiutante di cui non ricordo il nome ma che faceva tappa la sera, negli anni '60, al Bar Orsini per prendere l'ultima corsa dell'autobus numero 7 che doveva condurla a casa in contrada Epitaffio. Ci teneva a far sapere di temere molto una ipotetica, per lei possibile, violenza carnale.

Ma torniamo a Podio.

Dovendo ricevere, alle prime luci dell'alba (e d'inverno a notte fonda) i giornali da distribuire, poteva Podio raccogliere i fuori-sacco delle redazioni locali da far pervenire alle redazioni napoletane e romane. Diventava così il distributore non solo dei giornali stampati ma anche dei materiali diretti ai giornali che sarebbero ritornati stampati l'indomani.

Per chi non lo sapesse, i fuori sacco erano dei plichi contenenti gli articoli dattiloscritti, che avevano il diritto di viaggiare senza francobolli e e senza annullo. Sulla busta era impresso bello grosso Fuori Sacco, a significare che doveva viaggiare “fuori dall'ordinario sacco della posta”, che nel carro postale aggregato ai treni “veniva lavorato” dagli addetti delle Poste e Telegrafi che provvedevano allo “smistamento” per destinazioni.

Era posta a tutti gli effetti, ma aveva la precedenza. Quindi, per esempio, a Milano si mandava per fuori sacco, andando a consegnare la cosa alla ferrovia (stazione centrale) direttamente al treno. Ben presto divenne più conveniente consegnare i fuori sacco agli autisti che ritornavano in sede da dove erano partiti per consegnare i giornali da distribuire.

Fu allestita, nel cortile del civico n. 3 di via 3 settembre, una cassettiera dove si imbucavano le buste marcate Fuori Sacco contenenti gli articoli dattiloscritti diretti a Roma (Il Messaggero, Il Tempo) e a Napoli (Il Mattino, Roma, Il Quotidiano, Il Giornale). Era quello anche il recapito di tutti i comunicati stampa e le lettere dei lettori. Podio era, dunque, il centro nevralgico di tutto il lavorio organizzativo della stampa quotidiana.

Al civico numero 3 corrispondeva l'uscita di servizio della edicola-libreria Podio, diciamo pure l'ingresso nel retrobottega. Nel secondo dopoguerra la lotta politica aveva bisogno di giornali. Soprattutto quando c'erano le elezioni, le vendite dei quotidiani si impennavano. Occorreva un aiuto al banco della vendita, ed ecco il primo non-Podio che si affianca (nel mese di febbraio 1951) alle signorine Immacolata, Maria e Anna.

Si chiama Gerardo Minicozzi. La famiglia aveva avuto un alloggio Gescal al viale Mellusi. Si dotò di un carrettino, poi di una bicicletta e, infine, di un “motorino” (forse un Gilera).

Era un ragazzo di dodici anni, pantaloni rigorosamente corti, molto sveglio e volenteroso. Lo aveva segnalato alle “signorine Podio” Aldo Gambatesa, una vita al Roma” (il giornale più antico del Mezzogiorno).

Grande lavoratore, Gerardo Minicozzi svolgeva compiti di fattorino factotum. La signora Virginia lo faceva andare a scuola con tanto di grembiule e lo aiutava a fare i compiti. Durante le campagne elettorali i giornali andavano a ruba. Minicozzi divenne il più svelto dietro il bancone e l'indispensabile coordinatore nel retrobottega. Dalla bicicletta al motorino il passo fu breve. Arrivò, infine, una vetturetta. Con la patente in tasca, Minicozzi non era più il ragazzino. Era diventato un personaggio di fiducia, serio e responsabile, conservando però del ragazzino l'entusiasmo con il quale lavorava.

E' stato Gerardo Minicozzi a chiudere l'epoca della famiglia Podio, quando nel 1967 giunse a Benevento un nuovo distributore, il romano Bruno Biagi. Minicozzi aprì la sua edicola in uno dei palazzo Cozzi al Viale Mellusi (di fianco a Manlio), pur continuando a dare una collaborazione a Biagi. Nell'edicola gli fornivano aiuto le due sorelle.

In quel piccolo cortile di Via 3 Settembre numero 3 si apriva anche il laboratorio del sarto Luigi Ricciardi. Ricciardi era originario della contrada Pezzapiana, al di là del Muro della Caccia, e per imparare l'arte (così si diceva) puntò decisamente in alto. Andò a lavorare a Napoli, proprio in quella via Calabritto (tra piazza dei Martiri e il mare della Riviera di Chiaia) che è ancor oggi sinonimo di classe e qualità. In quell'ambiente conobbe la napoletana Maria Pommella, si innamorarono e si sposarono nel 1934. A Via 3 Settembre si sistemarono nel 1936 (e ci sono rimasti fino al 1973). Lì sono nati Franco, Rosapina, Annamaria e, dopo una meditata pausa, Eva.

La sartoria Ricciardi, nelle due divisioni di sartoria per signori e per signore, non era solo un laboratorio di confezioni, era anche una scuola. Frequentata da una dozzina allievi, era convenzionata con la Scuola di Sartoria Scimonelli di Via Toledo a Napoli presso la quale si svolgevano gli esami finali per il conseguimento del diploma.

Dopo le delusioni del fascismo, Ricciardi divenne un fervente democristiano, mentre la moglie preferì la fedeltà alla Monarchia attraverso il partito di Alfredo Covelli, che aveva largo seguito in città.

Un sottano di qua e un sottano di là dell'uscita di Podio, era sufficiente per organizzare la presenza della portiera Teresa Polcari. In un altro locale ci fu per un certo periodo l'Ufficio del Dazio e al primo piano anche il Circolo degli Ufficiali in Congedo (UNUCI).

Ma con tutto il rispetto per Ricciardi, l'UNUCI e il Dazio in quel portone entrava per salire alla propria abitazione l'avvocato Enrico Rossi.

E' lui l'altro vero protagonista della nostra rievocazione che ricongiunge, in termini un po' approssimativi, la vendita dei giornali con la organizzazione della associazione professionale dei giornalisti.

Anche qui cerchiamo di andare per ordine.

Enrico Rossi aveva le caratteristiche somatiche e la buona educazione di un distinto borghese. Era, invece, un convintissimo socialista, intransigente più dei comunisti che invece usavano termini altisonanti di scuola ma saggiavano anche le tattiche per la scalata del potere. Enrico Rossi era avvocato, ma fin da giovane si era dato al giornalismo. Era entrato come generoso collaboratore nelle imprese editoriali del focoso avvocato Francesco Romano.

Uomo colto, non aveva le insegne populiste di certi compagni di viaggio e, pure, era inflessibile nella idiosincrasia verso gli ambienti democristiani o, comunque, clericali. La lontana (e profonda) origine di tale inimicizia va ricercata in un episodio traumatico che, in età giovanile, contribuì a cambiargli la vita.

A cambiargliela forse in meglio, ma che comunque va raccontato.

L'unica figlia vivente Maria Teresa (essendo morti in età ancor giovane i maschi Maurizio, magistrato, e Wladimiro, avvocato) sostiene che Enrico Rossi “fu concepito per essere sacerdote”.

In famiglia c'era uno zio, Raffaele, che era un sacerdote molto stimato, al punto che divenne arcivescovo di Matera in giovanissima età. Segnalato per le sue qualità, il Papa volle conoscerlo. Si diceva, insomma, che per monsignor Raffaele Rossi fosse pronto un incarico di prestigio presso la Santa Sede. Durante il viaggio da Roma a Matera, di ritorno appunto da quella visita al soglio di Pietro, il presule si fermò a Pontecorvo nel collegio dei Gesuiti per passare la notte.

La mattina non ci fu risveglio. Lo zio Arcivescovo era morto.

Enrico non ne volle più sapere di farsi prete, indotto anche da alcune dicerie che ipotizzavano una morte non proprio spontanea per il diletto zio.

Concepito per essere sacerdote, Enrico Rossi fu per tutta la vita perentorio osservatore e fustigatore di tutte le manovre del clericalismo di potere. La sua arma più efficace fu la penna. In mezzo ad Alberto Silvestri, Oscar Rampone, Salvatore Gramignazzi Serrone, Tonino Maffei, Michele Portoghese, Edgardo De Rimini, Aldo Gambatesa, Antonio Aulita, Luigi Vessichelli, Gennaro Pescitelli, Francesco Romano, Luigi Galasso, Guerino Pietraroia, Rossi era una sorta di battitore libero.

Per la sua figura di uomo libero e coerente fu il primo presidente della Associazione della Stampa Sannita, eletto all'unanimità da ventinove colleghi la sera dell'11 novembre 1950. Alberto Silvestri vice presidente, Michele Portoghese consigliere e Santo Nunziato segretario (e, si presume, tesoriere).

Enrico Rossi si trovò subito tra le mani la difesa di Enzo Rotondi, vicecorrispondente de “Il Mattino”, oggetto di una “ammonizione” ad opera del questore in virtù del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza del 1938. Non fu compito agevole far capire a un questore che la Costituzione è la legge fondamentale dello Stato. E se c'è scritta la libertà di manifestazione del pensiero e la libertà di stampare e diffondere giornali, il questore commetteva un abuso tentando di reprimere un diritto costituzionale. Rossi non ebbe tentennamenti. Diede una lezione al ligio funzionario.

In attesa di trattative per assicurarsi una sede degna (possibilmente a titolo non oneroso) Enrico Rossi per la neonata Associazione della Stampa (presto accorciata in Assostampa) mise a disposizione il suo studio privato, che si affacciava proprio sopra la libreria-edicola di Podio (e l'altrettanto famoso Bar Fucci, che faceva il miglior gelato della città).

Che, per chiudere in maniera inequivocabile la vicenda, era ciò che aveva comprato l'ingegnere Franchini nel 1910. Enrico Rossi di Franchini aveva, infatti, sposato la figlia. Un loro nipote, Enrico, che aveva sposato la professoressa Anzovino di educazione fisica, è deceduto da poco.

Giovanni Podio e Franchini avevano dato vita a due iniziative che si sarebbero incontrate e intrecciate.

Per me che, sbarbatello, cominciavo a scrivere sui giornali e a girare per consigli comunali, Podio e Rossi mi sembravano istituzioni antiche come il Campanile del Duomo. E invece avevano il sapore delle avventure tutte da vivere.

Podio chiuse e cedette la rivendita e la distribuzione nel 1967. L'avvocato Rossi fu presidente fino alla fine dei suoi giorni.

Tutti i giornalisti over 70 in data odierna (come direbbe Totò) sono debitori al duo Podio-Rossi di esemplari insegnamenti: di stile, di dignità, di indipendenza. E, quel che più conta, in quest'epoca di pazzesca impazienza, di saper tenere la penna in mano a stretto contatto col cervello e la coscienza.

Podio rappresenta il termometro di un'epoca che, forse, si è mitizzata e che certamente è durata troppo poco. Benevento non ha più niente che possa somigliare alla città di cento e cinquanta anni fa.

Il fervore di città divenuta capoluogo di provincia era tutto racchiuso nella congerie umana abbarbicata ai simboli della città medievale. Il centro anche economico era piazza Orsini e da lì si diramava la zona commerciale, verso Porta Rufina, oltre la quale la ricchezza era data dagli orti irrigati dalle acque del fiume Sabato. Dal Duomo a salire lungo il nuovo Corso Garibaldi si ebbe la prima esplosione anche estetica. I nuovi negozi con tendaggi a difesa del sole mostravano nuova mercanzia, alberghi e ristoranti e bar costituivano punti di ritrovo. Palazzo Paolo V svolgeva tutta intera la sua autorità, con gli uffici del sindaco e di tutto l'apparato burocratico. Nello stesso cortile del Comune il Monte dei Pegni fondato da Papa Orsini e la piccola banca sembrava un tutt'uno con la casa comunale.

La Libreria-Edicola Podio sembrò essere il fiore all'occhiello, ciò che mancava per fare di Benevento un centro di attrazione. Ebbene, il Corso Garibaldi divenne il cuore pulsante della città, il luogo del passeggio e della ostentazione ma anche il ritrovo della gente comune che andava a mescolarsi per quanto possibile alle fortune dei ricchi.

La parabola di Podio è la parabola della città.

Quando Podio chiude, il Corso Garibaldi non è più il centro. Piazza Roma, da luogo di ritrovo con il Bar Ristorante Pastore, era diventata capolinea delle corriere. Le lamiere non sono state mai amiche dell'uomo. Il centro stava spostandosi verso Santa Sofia, con il caffè e qualche tavolino.

Pochi anni ancora e sarebbe esploso il fenomeno di Via Perasso: il marciapiede della politica e del pettegolezzo, il Yolly Hotel e il Teatro Massimo.

Lo spianamento delle maceria attorno al Duomo completava l'opera di desertificazione.

Troppo tardi si immaginò la pedonalizzazione del centro storico.

La chiusura di Podio certificava che la Benevento otto-novecentesca non esisteva più.

Foto di Giuseppe Chiusolo. Per ingrandirle basta cliccarci sopra e poi spostarsi a destra o a sinistra con le freccette

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