Acqua, aria e ambiente. La lettera dell'ambasciatore Enrico De Agostini In primo piano
Caro Direttore,
la cultura dell’inclusione prende sempre più piede nelle relazioni internazionali, così come nei dibattiti di politica interna. In Europa, come in Africa e altrove, ci si rende conto che nessuna reale forma di sviluppo è possibile senza tenere conto delle esigenze della popolazione residente. Sembra un principio scontato, ma quante delle mastodontiche opere che hanno devastato il Mezzogiorno d’Italia sono state realizzate seguendo questo elementare concetto? Quante di loro hanno effettivamente generato, come da programma, ricchezza e sviluppo?
Il principio che sinora ha prevalso, infatti, è ben diverso: “I soldi ci sono e si devono spendere”. I risultati, sono sotto gli occhi di tutti: al netto di oboli, indennizzi e prebende, al netto dell’indebitamento, di cui nessuno parla, il bene comune viene, in realtà, svenduto e la collettività nel complesso impoverita. Quello che le resta, spesso, è un paesaggio deturpato, con nessuna possibilità di sviluppo ulteriore. Nella sola Campania, gli esempi non mancano e fanno accapponare la pelle.
Per restare dalle nostre parti, il Sannio storico, cioè le provincie di Benevento, Campobasso, Isernia, Chieti e Avellino, possiedono ancora territori che hanno preservato la loro ‘struggente bellezza’. Le nostre colline e le nostre montagne hanno ancora un fascino straordinario, parola di chi - ogni anno - aspetta con trepidazione il momento di rivederle. Se ne sono accorti anche i turisti tedeschi, che per la prima volta, alla fine della scorsa estate, sull’onda della grande mostra archeologica “il Sannio e i Sanniti”, organizzata a Monaco, sono giunti dalla Baviera, dall’Assia, dal Brandeburgo nel nostro Sannio.
Le loro impressioni - le ho raccolte personalmente - sono entusiastiche: un angolo della nostra Penisola che non sospettavano nemmeno che esistesse.
Il vero problema, è che non lo sospettavamo nemmeno noi: nella inconsapevolezza delle sue potenzialità, abbiamo avviato processi che lo mettono in pericolo. Ovunque, le colline si “popolano” di giganti che roteano al vento le loro durlindane, pachidermi alti decine di metri sbarrano il corso dei fiumi, gigantesche fauci vengono progettate per inghiottire la nostra acqua, eserciti di immobili bipedi scaricano sulle falde acquifere la loro fetida vendetta.
Questo, ai nostri amici tedeschi non lo raccontiamo, per carità! Perché speriamo che la loro recente avanguardia si trasformi in pacifico esercito, perché desideriamo dare al nostro paesaggio un destino diverso da quello inflitto ad altre zone della nostra amata Campania. Perché speriamo che l’antidoto funzioni.
L’antidoto, sta negli appelli di “Italia Nostra” per impedire che nel territorio di Morcone vengano costruite altre pale eoliche (ce ne sono ottanta, realizzate o in fase di realizzazione, solo nel piccolo fazzoletto rappresentato nella foto) a far da sfondo al sito archeologico dell’antica Saepinum; nella mobilitazione per impedire che, in una sola Valle, sorgano ben due impianti di smaltimento dei rifiuti; in chi si batte per fermare la moria dei pesci nei fiumi, in chi desidera fermare la metastasi degli allevamenti intensivi.
Un ex poliziotto, organizza con grande passione passeggiate a cavallo in una Valle ancora incantevole, attraversando il corso di un fiume ormai spento, ma non si arrende. È il coraggio che questa bellezza sa dare, di lottare perché non ce la portino via. Nel Lago di Campolattaro si organizzano gare sportive di livello nazionale, si va in canoa; Saepinum, l’anti-Pompei dell’antica transumanza, incanta i suoi visitatori d’oltralpe; i nostri prodotti di eccellenza, si impongono sui mercati internazionali. Ecco l’antidoto. Sono certo, ce la possiamo fare. Eppure… qualcuno mi dice: “A lavare la testa del ciuccio, si perde tempo, acqua e sapone”. Ma chi è questo “ciuccio”? È la logica arrendevole che ha permesso ai predoni di trattare la nostra come ‘terra di conquista’. Finora.
È giunto il momento, caro Direttore, di assumerci le nostre responsabilità e difendere con coraggio, ognuno come può, il nostro territorio. Per fortuna, in questi giorni, alcuni Comuni e le Province di Benevento e Campobasso hanno finalmente dato segnali di voler prendere sul serio la gravità del rischio ambientale. È un primo passo, ma non basta.
Ci vuole - direi urge - un accordo tra chi vuole sfruttare le nostre risorse e le popolazioni che ne sono le legittime proprietarie. Un “Contratto di Lago e di Fiume” (io lo chiamerei addirittura “di Valle”). Esso viene da tempo invocato per il Lago di Campolattaro, che è stato incautamente ‘escluso’ dal progetto del Parco Nazionale del Matese. È necessaria un’analisi seria dell’impatto che le opere pubbliche progettate - con le annesse, ennesime promesse di “valanghe di milioni” - avranno sull’ambiente e, quindi, sulle prospettive di sviluppo del nostro Sannio. C’è bisogno, insomma, di buon senso e coesione. Perché quando si tratta di sfruttamento di beni comuni, quali l’acqua, l’aria e l’ambiente in generale, l’inclusione dei soggetti presenti sul territorio, non è un’opzione. È un requisito di legittimazione.
Enrico De Agostini
Ambasciatore d‘Italia in Zambia e Malawi
La carriera diplomatica di Enrico De Agostini inizia nei primi anni Novanta a Abu Dhabi, negli Emirati Arabi, per poi trasferirsi in Ghana, Mozambico e Sud Africa. Nel 2014 è nominato Ambasciatore ad Harare e successivamente Console Generale di Monaco di Baviera, dove si fa promotore della prima mostra archeologica sul Sannio e i Sanniti oltre i confini nazionali, dal titolo “Gli ultimi rivali di Roma”.