Catello Maresca a San Giorgio La Molara: Nessuna comunità è nata mafiosa In primo piano
Il dottore Catello Maresca nasce a Napoli nel 1972 e consegue la laurea a soli 23 anni. Dal 1999 è in Magistratura, prima alla Sezione competente per i reati finanziari e poi, dal 2007 al 2018, alla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, dove si è occupato delle principali inchieste contro i più pericolosi clan camorristici. Il suo nome, resterà inciso negli annali dell'informazione come colui che ha catturato Michele Zagaria, capo dei casalesi, all'epoca il latitante più pericolosi in Italia dopo Messina Denaro. Ma è anche il magistrato che ha fatto imprigionare killer sanguinari e troncato, con l'operazione Gomorra, un traffico internazionale di merce contraffatta. Più volte minacciato di morte, vive sotto scorta dal 2008 ed è da sempre impegnato, attivamente, in azioni e campagne di volontariato al fianco di associazioni che si occupano della cura delle persone bisognose.
Di recente, con l'Accademia delle arti, mestieri e professioni sostiene fattivamente il recupero dei minori nella vita sociale delle comunità, attraverso l'apprendimento di un lavoro, di un'arte o di un mestiere. Alla presentazione del suo ultimo libro Lo Stato vince sempre. Quando capisce e vuole, promossa dalla Pro Loco di San Giorgio La Molara, Catello Maresca ha esordito con queste parole: La cultura fa sempre bene: la cultura fa riflettere, la cultura crea anticorpi naturali che anche in Comunità sane sono utili per evitare di correre rischi che magari oggi nessuno immagina.
L'abbiamo intervistato a fine incontro e prima di assaggiare, of course, dell'ottima carne: una delizia culinaria che rende il piccolo centro del Fortore capitale della ″Marchigiana″ nel Mezzogiorno d'Italia.
Lei ha combattuto e sconfitto uomini pericolosi, gente
senza scrupoli che però hanno grande presa su quei giovanissimi che aspirano ad
avere tutto e subito. Stasera ha ripetuto che non è colpa loro: un ragazzo
di 8 anni non può avere colpa. È così: è lì che bisogna investire. Oggi un trentenne, ma
forse anche un ventenne, già è autodeterminato, ha già scelto la sua strada, ha
già le sue convinzioni, il suo modo di pensare. Invece un bambino no. Un
bambino può essere orientato, può avere anche la possibilità di scegliere,
perché purtroppo, in molte realtà e per tanto tempo, tanti bambini non hanno
avuto l'alternativa: hanno avuto un'unica strada, che spesso è stata prima quella
della devianza e poi della criminalità.
Cosa immagina che si potrebbe fare? Io credo che oggi, investendo seriamente e anche in maniera... (dirò una parola forte) strategica, credo debba essere una prospettiva per il futuro. L'educazione non è solo la matematica, non è solo l'italiano ma è anche -ed io partirei da questo- la storia; però deve essere la nostra storia, la nostra storia anche recente, la storia dei nostri errori. Perché probabilmente, se siamo diventati un Paese ad alta densità mafiosa, qualcosa non ha funzionato e quindi, probabilmente, da lì bisogna ripartire. Io ci credo molto e vedo anche che i ragazzini, già alle elementari, sono molto recettivi e riescono anche a cogliere l'importanza di questi messaggi.
Al suo fianco sul palco c'era Antonio Campese, presidente degli artigiani. Lei individua la riscoperta dei mestieri come un antidoto al mondo criminale. Io vedo l'impegno a tutto tondo, quindi anche del mondo artigianale; ma l'impegno a tutto tondo porta ad altro piccolo passaggio: la cultura non deve significare per forza cultura scolastica, può essere anche una formazione sana, di chi ha scelto una strada che magari non è quella del laureato, ma è quella dell'impegno quotidiano... e della soddisfazione anche. Forse abbiamo perso la bontà di questo messaggio: per realizzare le tue aspirazioni, non devi per forza laurearti. Abbiamo tanti laureati magari insoddisfatti, che potevamo diventare bravi artigiani, che tra l'altro servivano alle comunità: oggi trovare elettricisti o idraulici un po' più evoluti è molto difficile.
Le difficoltà ci sono sempre, anzi a volte vengono dal di dentro per cui ci vuole tanta perseveranza, tanta fiducia e tanto ottimismo. E allora qual è il messaggio per trasmettere alle persone questa sua fiducia affinché, quando capisce e vuole, lo Stato vince sempre? Il messaggio è semplice: bisogna combattere e non rassegnarsi di fronte alle difficoltà; avere sempre degli obiettivi che siano alti, che siano obiettivi importanti. Io spesso sollecito i ragazzini sui sogni, recuperare anche i propri sogni, le aspirazioni che si possono avere da piccoli, perché investendo su quei sogni e su quelle aspirazioni, si possono raggiungere grandi risultati.
Si è soffermato più volte sul cattivo utilizzo dello smartphone e dei social media, che stanno snaturando non solo il linguaggio ma proprio i comportamenti delle persone, in particolare dei giovani. Perché serve molta prudenza su questo tema, in particolare nelle famiglie. Perché è un mondo molto insidioso. È un mondo che trasmette messaggi spesso devianti o comunque a senso unico. È un mondo di cui bisogna prendere atto, perché non si può tornare indietro, però bisogna anche che venga riempito di contenuti diversi. Non possiamo lasciarlo magari solo a chi propaganda messaggi sbagliati, a chi fa passare l'idea che la criminalità sia qualcosa a cui aspirare, che i delinquenti siano persone diciamo da imitare. Dobbiamo anche noi preoccuparci e riempire questo mondo con messaggi alternativi.
GIUSEPPE CHIUSOLO