ESCLUSIVO: una sannita sulle tracce di Talleyrand, principe di Benevento In primo piano

A Valençay, graziosissima località francese situata tra il Berry e la Val di Loira, tutti sanno che Talleyrand fu principe di Benevento, ma nessuno sa dove si trovi questa misteriosa città italiana.

Arrivo a Valençay in una fredda giornata di maggio, prendendo il trenino a due carrozze che da Gièvres ti porta qui in una ventina di minuti. Il mio scopo è dirigermi al castello del “diavolo zoppo” (“diable boiteaux”), come è storicamente noto Talleyrand, per via della sua astuzia politica e della sua capacità negli affari, entrambi conditi da una buona dose di cinismo. Porto con me anche la mia piccola bici rossa, per guadagnare del tempo prezioso ed avere la possibilità di visitare anche la città.

Il trenino della Rémi, la ditta di trasporti locali, dondola, sbuffa e fischia in continuazione durante il breve tragitto, che offre al viaggiatore la possibilità di immergersi nella sconfinata e dolce campagna della Loira e dell’Indra, con i suoi spazi aperti, tra i quali spiccano alle volte mucchi di case e bianche chiesine con i campanili aguzzi.

Sembra di essere sbalzati in un altro tempo e in un’altra dimensione, quando i treni andavano lentamente, collegando piccole stazioni come quelle che ho trovato in questo tragitto e che farebbero la gioia di qualsiasi cineasta che volesse girare una storia sul secolo passato.

Arrivo alla gare de Valençay. È piccola, bianca e bellissima. È stata costruita all’inizio del Novecento in stile rinascimentale, per ricordare la vicinanza con il castello. La costruzione fu finanziata in parte dal pronipote del diplomatico, il duca di Valençay, morto nel 1952, che donò il terreno necessario per la linea. È tra le stazioni ferroviarie più belle della Francia.

Il castello si trova a poca distanza dalla stazione. Per arrivarci, occorre attraversare il largo Viale della Resistenza (dove potete trovare il memoriale dei caduti morti per la patria e il museo dell’automobile). L’imponente château apre i suoi battenti ai visitatori alle dieci di ogni mattino. E, dunque, ho il tempo di farmi un primo giretto in ville.

Sulla piccola e graziosissima piazza centrale, spicca il busto di Talleyrand. Sulla colonna, è scritto che fu principe di Bénévent, nome in francese della nostra città di Benevento. Tutto, qui, parla di Talleyrand: le insegne sui negozi, la maglietta del barista che mi prepara il cappuccino, i medaglioni sulle strade con incisa la faccia del principe di Benevento, i quadri, gli specchi, le torte, i dolci e i disegni dentro pasticcerie e negozi. Attaccata alla mairie, cioè al municipio, c’è la tomba di Talleyrand. Al mausoleo si accede attraverso un piccolo cancello posto sul davanti. Faccio una silenziosa e devota visita al simulacro che conserva le spoglie del nostro e, poi, uscendo, sul libro delle firme scrivo “Realtà Sannita, 23 maggio 2023”, per rimarcare il fatto che la mia trasferta interessa, non solo me, ma i lettori di questo giornale per il quale il servizio che voi leggete esce in esclusiva.

Tralascio tutti i dettagli della visita (pasticcerie, ristoranti, le Halles (cioè il mercato coperto), la biblioteca municipale dove scopro che Valençay è gemellata con Cesano Maderno, la chiesa con il vicino ex ospedale). Vi posso solo dire che l’accoglienza è ottima. A Valençay sono lieti di sapere che vengo da Benevento per approfondire la storia di Tallyrand e si complimentano per il mio ottimo francese (almeno secondo loro).

Intorno al castello si diffondono delle musiche rinascimentali, che accompagnano il visitatore sulla porta di ingresso del monumentale edificio. Si tratta di un grande castello in stile francese, immerso in un parco alla francese di 53 ettari.

La costruzione inizia nella seconda metà del 1500 dall’importante famiglia d’Estampes.

Charles Maurice de Talleyrand Périgord acquistò l’intera tenuta nel 1803 con il sostegno finanziario di Napoleone Bonaparte. Abbellì e curò il castello e regnò per trentacinque sull’intera proprietà, che si estendeva su 23 comuni del dipartimento dell’Indre occupando una superficie stimata per difetto in 220 km². Non potette risiedervi tutto il tempo che avrebbe voluto, in quanto, essendo ministro di Bonaparte, era da questi continuamente richiesto nelle sue missioni politiche e militari in giro per l’Europa.

La scrittrice George Sand, di Valençay scrisse: «Questo luogo è uno dei più belli della Terra e nessun re possiede un parco più pittoresco».

Per contro, a Benevento Talleyrand non mise mai piede, ma assicurò a questo piccolo Stato indipendente istituito formalmente da Napoleone nel 1806 un periodo di floridità e splendore, riuscendo anche a prevenire l’invasione delle truppe francesi.

Se Valençay fu amore, Benevento fu un affare, in quanto, quando Talleyrand perdette il principato a causa dell’esilio di Napoleone e dell’occupazione francese di Gioacchino Murat, egli maneggiò per ottenere un sussidio in cambio della cessione di Benevento. E che indennizzo! Egli ottenne due milioni di franchi, pagati congiuntamente da Re Ferdinando e da Papa Pio VII, a cui si aggiunsero altri redditi e premi, che portarono l’indennizzo complessivo a quasi tre milioni e mezzo di franchi, cioè l’equivalente di 13 milioni di euro di oggi. Benevento fu senza dubbio uno dei migliori affari della vita di Talleyrand. Un affare scandaloso, dato che non solo alcun risarcimento gli era dovuto, ma che per di più gli fu elargito fino alla sua morte nel 1838.

All’interno del castello il nome di Bénévent ricorre nelle varie stanze, tutte riccamente arredate. Compare, ad esempio, nel Salone della musica ed anche nel pannello esplicativo sulla “chambre de la Princesse de Bénévent”, ossia madame Grand, la moglie bellissima e stupida come un’oca del principe (noto a Napoleone per le sue numerose relazioni con aristocratiche ammogliate, prima, durante e dopo il matrimonio). Ma il pezzo forte arriva quando mi sposto nel “cabinet de travail” del principe Talleyrand. Qui, in mostra su un lungo specchio, risalta una bella stampa del nostro Arco di Traiano, posto solennemente in cornice di fronte allo scrittoio che era la postazione di lavoro del diplomatico francese.

Che gli abbia portato anche un po’ di fortuna? Sì, perché la storia racconta che Talleyrand attraversò senza problemi tante differenti epoche della storia: l’Ancien Régime, la Rivoluzione francese, il Consolato, l’Impero, la Restaurazione, la Monarchia di Luglio. Insomma, tanti avvenimenti diversi che costarono la vita a tante persone e da cui lui uscì sempre ricco e indenne. Proprio come i politici più scaltri, che non prendono mai realmente le parti di nessuno, ma sanno stare abilmente solo dalla propria parte.

Quindi, capite? Talleyrand scriveva, riceveva e pensava con il souvenir di Benevento nella sua stanza. Il minimo, per la “piccola città del Sud Italia” - come è descritta sulle guide turistiche del posto - a cui egli doveva una si colossale fortuna economica.

LUCIA GANGALE  

Foto di L. Gangale per Realtà Sannita ©

 

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