''Fattura con Iva o senza? ... A prescindere. Una occasione di giustizia fiscale persa?'' In primo piano
Si sa l’Italia è il Paese dei luoghi comuni.
La professione legale non fa eccezione, essendo da tempo caduta in questo buco nero dove il lavoro autonomo ha un posto di rilievo.
Oramai fa parte della vulgata l’amnesia degli avvocati per la … fatturazione; un’allergia all’emissione del documento fiscale.
E’ vero che in ogni categoria ci sono coloro adusi a siffatto praticare, per dirla con il Poeta, ma la questione non può essere liquidata con un’alzata di sopracciglio.
Provo a sfatare la favoletta, affondare il coltello nella piaga e proporre delle soluzioni di giustizia fiscale.
Il diritto alla difesa, al pari di quello alla salute, è uno dei diritti fondamentali scolpiti nella nostra Magna Charta. L’articolo 24 della Costituzione statuisce: “La difesa è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”.
Quindi, deve essere assicurata ad ogni cittadino l’opportunità di una difesa tecnica.
Non si comprende, allora, perché le prestazioni dei medici costituiscono operazioni esenti dall’applicazione dell’imposta indiretta dell’IVA (imposta sul valore aggiunto), a differenza delle prestazioni degli avvocati, alle quali si applica l’IVA nella percentuale del 22 %.
Se si tratta di eguali diritti fondamentali, costituzionalmente tutelati, a cui lo Stato deve consentire l’accesso a tutti i cittadini, ne risulta inspiegabile il diverso trattamento fiscale sull’IVA, rendendo di fatto più oneroso quello alla difesa.
Oltre al differente trattamento fiscale fra pari diritti fondamentali, vi è, nell’ambito di quello alla difesa, una ulteriore distonia dettata dal regime fiscale, ordinario o forfettario a cui accede l’avvocato.
Infatti, mentre nel regime ordinario il cittadino è tenuto al pagamento dell’iva al 22 % sulla prestazione legale, in quello forfettario (trattandosi di regime agevolativo) sulla prestazione non è dovuta l’imposta.
Ad esempio, nell’ipotesi di una prestazione legale di euro 1.000,00 il cliente pagherà:
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Nel regime ordinario la somma totale di euro 1.268,80, di cui: (A) euro 1.000,00 per il compenso della prestazione professionale; (B) euro 40,00 per il contributo dovuto alla cassa di previdenza forense, pari al 4 % di A; (C) euro 228,80 per iva, pari al 22 % sull’imponibile di A + B.
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Nel regime forfettario la somma totale di euro 1.040,00, di cui: (A) euro 1.000,00 per il compenso della prestazione professionale; (B) euro 40,00 per il contributo dovuto alla cassa di previdenza forense, pari al 4 % di A.
Con una differenza, fra i due regimi fiscali, di euro 228,80, pari a più di un quinto del totale di euro 1,268,80.
Dal 2023 in Italia la platea degli avvocati con ricavi massimi non superiori ad euro 85.000,00 (in precedenza, non superiori ad euro 65.0000,00) può accedere al regime forfettario, beneficiando delle relative agevolazioni, tra le quali, come visto, la mancata applicazione dell’IVA sulle fatture.
Dal rapporto “Avvocatura 2022”, svolto dalla Cassa Forense in collaborazione con il Censis, risulta che nel 2021 il volume d’affari medio degli avvocati italiani è stato pari ad euro 62.888,00 ed il reddito medio pari ad euro 42.386,00.
In esso emerge la situazione di difficoltà di gran parte degli avvocati, dei quali il 34,2 % dichiara redditi compresi tra lo 0 e 10.300 euro annui ed il 19,9 % redditi compresi tra i 10.300 e i 19.931 euro annui.
Pertanto, si può dire che la maggioranza degli avvocati italiani ha aderito ai benefici assicurati dal regime forfettario e solo una parte minoritaria è rimasta in regime ordinario.
Ciò determina una differenza sostanziale per il cittadino, in quanto se l’avvocato al quale si rivolge è in regime fiscale forfettario otterrà la fattura senza l’applicazione dell’IVA; se, invece, l’avvocato è in regime ordinario otterrà la fattura con l’applicazione dell’IVA, nella percentuale del 22 % dell’imponibile.
Ergo: per il privato cittadino l’IVA si traduce in un costo onerosissimo, indetraibile ai fini fiscali.
Alla differenza di trattamento fra cittadino e cittadino, per l’accesso al diritto di difesa, si aggiunge la differenza di trattamento fiscale fra avvocato ed avvocato, a fronte delle stesse prestazioni professionali.
Ulteriore incongruenza si verifica fra i committenti italiani dotati di partita IVA e fra i committenti esteri dotati di partita IVA.
Nel primo caso, l’avvocato in regime fiscale ordinario dovrà emettere la fattura con l’applicazione dell’IVA; nel secondo caso, dovrà emettere la fattura senza l’applicazione dell’IVA.
Per eliminare questo ginepraio di incongruenze e di non più giustificabili differenze di trattamento delle medesime situazioni si può pensare a soluzioni semplici e pratiche.
Una prima soluzione consiste nell’eliminazione dell’IVA sulle prestazioni legali, in modo da uniformarla alle prestazioni mediche, essendo la giustizia, al pari della sanità, un servizio pubblico essenziale che lo Stato deve (rectius, dovrebbe) assicurare al cittadino.
Non sono un economista, ma se oramai quasi l’85 % degli avvocati italiani dichiara ricavi massimi al di sotto della soglia degli 85.000,00 euro, potendo accedere al regime fiscale forfettario, il gettito dell’IVA sulle prestazioni svolte dal restante 15 % in regime ordinario si è di molto ridimensionato. Ciò senza tenere conto anche delle prestazioni svolte in favore di committenti esteri dotati di partita IVA.
Pertanto, non ci dovrebbero essere difficoltà finanziarie al riguardo, seppure la coperta delle risorse dello Stato è sempre corta.
Si sono buttati miliardi di euro in reddito di cittadinanza, banchi a rotelle, mascherine, e via cantando; non credo che trovare le risorse per coprire il mancato gettito IVA dalle prestazioni legali costituirebbe gran problema.
Ci vogliono persone di buona volontà che se ne facciano promotrici (nell’ambito del Consiglio Nazionale Forense, della Cassa Forense, di qualche Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, delle Associazioni Forensi) e persone di buona volontà che prendano in carico il problema (nell’ambito del Ministero dell’Economia; del Ministero della Giustizia; della Presidenza del Consiglio dei Ministri).
Una seconda soluzione, alternativa a quella precedente, consiste nell’abbassare l’IVA sulle prestazioni legali, dalla onerosissima percentuale attuale del 22 % dell’imponibile a quella, più consona ad un servizio pubblico essenziale, del 5 %, dando la possibilità al privato cittadino di detrarla ai fini fiscali, in tutto o in parte.
In modo che ci si possa finalmente affrancare dal luogo comune dell’amnesia di una fattura diversa che non sia quella … del mago Otelma.
Nella coraggiosa ingenuità di queste proposte lancio il sasso nello stagno con la speranza che non cada subito sul fondo, anche se conoscendo l’approccio … ascetico dei rappresentanti dell’Avvocatura non nutro speranze.
UGO CAMPESE