Finanziamenti a valle di Campolattaro: se ne parla da cinque anni. A chi i costi, a chi i benefici? In primo piano
In questo mese di febbraio abbiamo letto su vari giornali, cartacei e on-line, numerosi articoli con grossi titoli inneggianti all’inizio dei lavori di grandi opere a valle dell’invaso di Morcone-Campolattaro. Investimenti di 700 milioni di euro per tre tipi di interventi: un campo di irrigazione agraria gestita dal Consorzio di Bonifica Sannio-Alifano; un centro di potabilizzazione dell’acqua raccolta nell’invaso; un impianto idroelettrico a monte di Morcone.
Opere immense, che certamente avranno un’utilità. Va detto che se ne parla diffusamente sulla stampa locale da almeno cinque anni, da quando venne ad annunciarlo trionfalmente il presidente De Luca, che arrivò a dire che, con quelle opere idrogeologiche, “Il Sannio potrà essere la nostra Baviera”… (Cosa intendeva dire: Baviera e beviera??).
Indubbiamente è un dato positivo l’avvio di grandi lavori che comunque interessano il nostro territorio, però andrebbe pure evidenziato che i soggetti gestori delle opere non parlano molto dei contenuti di questi progetti, e soprattutto delle aree geografiche cui sono destinati i conseguenti benefici. Le opere da farsi sono grandi e costose, ma chi fruirà dei loro servizi? Ma è vero che il campo di irrigazione agraria finanziato si stende su 19.000 ettari di terreni di cui circa 15.000 in provincia di Caserta e meno di cinque mila nel Sannio; fatto ancora più singolare è che neanche un metro quadrato interesserebbe l’area del Tammaro. E’ vero tutto questo? Sarebbe il caso di accertarlo. In quasi nessuno di questi numerosi articoli se ne parla.
Gli stessi dubbi potrebbero sorgere sull’annunciato centro di potabilizzazione dell’inquinata acqua raccolta nell’invaso. Potrà certamente essere utile potabilizzare l’acqua in Campania, ma per il Sannio il primo problema rimane quello di riparare gli acquedotti comunali, tutti vetusti ed inefficienti, che disperdono oltre il 50% dell’acqua che trasportano. Ed allora, prima di avviare i lavori di potabilizzazione dell’acqua dell’invaso, forse sarebbe il caso di concentrarsi sui lavori di riparazione degli acquedotti inefficienti i quali, se non venissero riparati, farebbero disperdere anche l’acqua potabilizzata.
E per quanto riguarda l’impianto idroelettrico, da costruirsi sopra Morcone, forse non si tiene conto che quell’area corre il rischio di subire tutti i costi senza alcun ricavo, e come se non bastasse il fatto che nelle colline e montagne sannite si produce già tanta energia elettrica con le migliaia di pale eoliche ivi istallate.
Basterebbe una generica riflessione sul dare ed avere della dorsale appenninica in materia di energia elettrica ed energia idrica: forse sarebbe il caso di proporre per questi Comuni almeno uno sconto del 50% sulle bollette di acqua e di luce. Tutto questo secondo la logica di Enrico Mattei. Difatti Mattei, 70 anni fa, andò in Medioriente a proporre - e raggiunse lo scopo - per quelle zone in cui veniva estratto il petrolio, un compenso pari al 50% del valore del petrolio prodotto. Se oggi quei Paesi sono diventati ricchissimi lo debbono innanzitutto al “Piano Mattei”.
A questo punto si potrebbe supporre che il presidente della Provincia, o il Sindaco del Comune capoluogo, convocasse un’apposita seduta di Sindaci, consiglieri regionali, parlamentari, leaders delle associazioni professionali e rappresentanti della stampa, non già per criticare i progetti delle opere previste a valle della diga ma per conoscere le aree che ne trarranno benefici e quelle che ne subiranno solo i costi. Sarebbe ora che qualcuno ne parlasse anche in Consiglio regionale…
La stampa locale forse dovrebbe approfondire anche questi aspetti senza fermarsi ai pur efficaci titoli: “La rivincita di Campolattaro”; “Coro di si”; “Mai più crisi idrica”; “Dopo 30 anni ripartono i cantieri”; “E’ un evento storico: la svolta per il Sannio”.
Abbiamo già pagato nel secolo scorso con la diga di Occhito che raccoglie l’acqua del fiume Fortore per donarla al Tavoliere di Puglia, senza alcun ristoro. E così l’acqua del povero Fortore alimenta i terreni del ricco Tavoliere.
Non è che stiamo correndo lo stesso rischio con l’acqua del Tammaro?
ROBERTO COSTANZO