Giudici di Pace: il Tar condanna lo Stato al versamento di retribuzione, previdenza e risarcimento danno In primo piano

Dopo la procedura di infrazione della Commissione Europea e la sentenza della Corte di Giustizia dell’UE, arrivano le conseguenze economiche per lo Stato italiano, a seguito della prima condanna comminata da un Tribunale Amministrativo al Ministero della Giustizia.

La condanna è stabilita dal TAR di Bologna con sentenza del 17 maggio - affermano gli avvocati campani Giovanni Romano, Egidio Lizza e Luigi Serino - dopo che, a seguito di rinvio pregiudiziale, la Corte di Giustizia UE aveva dichiarato incompatibile la legge nazionale che disciplina la categoria dei giudici di pace con il diritto europeo, riconoscendone una tendenziale equiparazione alla magistratura ordinaria per ciò che concerne i diritti retributivi, assistenziali e previdenziali. È stato ormai da tempo accertato un palese contrasto tra le direttive UE in materia di lavoro subordinato e le norme nazionali che, da oltre vent’anni, non prevedono per i giudici di pace un compenso adeguato al loro ruolo giurisdizionale, oltre che il diritto alle ferie retribuite e a un regime assistenziale e previdenziale, analogamente a quanto previsto per i magistrati ordinari”.

La pronuncia ha un importante contenuto economico: la differenza retributiva tra un giudice di pace, come sinora prevista, e quella di un magistrato ordinario di prima nomina, per la durata di venti anni, può stimarsi in oltre 300.000 euro, e il mancato versamento dei contributi previdenziali in circa 200.000 euro.

Cifre che sono destinate ad aumentare ulteriormente, considerando il numero dei potenziali giudici onorari che sono stati oggetto del medesimo trattamento ora sanzionato, senza considerare che la mancata regolarizzazione dei lavoratori della Pubblica amministrazione, secondo i dettami dell’UE, potrebbe far saltare i soldi del Pnrr previsti per il Ministero della Giustizia.

Un avvertimento è implicito nella pronunzia del TAR di Bologna.

Ciò apre ampio spazio - concludono i legali di Benevento - all’introduzione di azioni risarcitorie e alla rideterminazione dei trattamenti retributivi e pensionistici, ma quel che maggiormente conta è che i principi giuridici così delineati dirigono in senso diametralmente opposto a quanto sino ad oggi concretamente fatto dal Ministero della Giustizia, con le recenti riforme del settore valutate insufficienti dalla Commissione europea che, nuovamente, con una lettera formale del 15 luglio 2022, ha messo in guardia il nostro Paese richiedendo un cambio di passo”.

In virtù della decisione, ottenuta dagli avvocati sanniti Romano, Lizza e Serino, ad un ex giudice di pace - riconosciuto come lavoratore dipendente del Ministero, sebbene fosse stato trattato a cottimo per oltre 20 anni - dovrà ora essere ricostruita la carriera, secondo i criteri di legge utilizzati per un magistrato ordinario di prima nomina, con condanna al pagamento delle rilevanti differenze retributive, oltre interessi. E non solo.

Al Ministero toccherà di versare all’INPS anche tutti i contributi assistenziali e previdenziali omessi per l’intera carriera ultraventennale dell’ex giudice.

Infine, il Tribunale dichiara illegittimo non aver assunto il giudice a tempo indeterminato ma con contratti precari, rinnovati di anno in anno e, dunque, condanna il Ministero a risarcire i danni.

Nella foto gli avvocati sanniti Giovanni Romano ed Egidio Lizza