Il reddito di cittadinanza, pregi e difetti In primo piano

Reddito di cittadinanza, questo sconosciuto. È da sempre il cavallo di battaglia del Movimento 5 stelle, quello grazie al quale, in occasione delle elezioni dello scorso marzo, ha ottenuto risultati sorprendenti nel sud. E adesso, dopo innumerevoli discussioni e rinvii, questa misura è sul punto di entrare finalmente in vigore.

Dal 4 febbraio scorso è online il sito ufficiale (www.redditodicittadinanza.gov.it), ma solo dal 6 marzo sarà possibile presentare domanda per ottenere quello che non è solo un semplice sussidio di disoccupazione.

Nonostante il nome, il reddito di cittadinanza non è legato soltanto al possesso della cittadinanza italiana (in questo caso alla cittadinanza comunitaria), ma anche ad altri requisiti. Si tratta di una misura che va a sostituire sia il reddito d’inclusione introdotto dal precedente governo, sia il sussidio di disoccupazione vero e proprio (NASpI), ma con una platea leggermente differenziata.

Requisito fondamentale per aver diritto al reddito di cittadinanza è un ISEE (indice della capacità contributiva) inferiore ai 9.360 euro annui, calcolato sulla base del nucleo familiare, considerando anche altri fattori quali i beni immobili posseduti e il patrimonio finanziario.

Senza scendere in dettagli tecnici, coloro i quali ne risulteranno aver diritto, riceveranno non solo un finanziamento mensile fino a 780 euro, ma saranno inseriti in un database a cura dei centri per l’impiego. Questi ultimi avranno il compito di seguire i percettori di reddito di cittadinanza nel percorso verso il reinserimento nel mondo lavorativo, proponendo loro corsi di formazione e trovando per ciascuno un’offerta di lavoro tramite la nuova figura del navigator.

In apparenza tutto ciò è ragguardevole, ma questa novità presenta alcune falle che sono state fatte notare a gran voce. Innanzitutto, i parametri stabiliti per fissare gli aventi diritto al reddito di cittadinanza penalizzano determinate categorie di persone: tutti coloro, giovani o meno giovani, che vivendo ancora con dei genitori lavoratori o pensionati, pur non lavorando si ritrovano con un reddito familiare superiore alla soglia fissata per il reddito di cittadinanza. Queste persone, ritenute non bisognose, sono così escluse non solo dal sussidio, ma anche dall’attività di ricerca di un lavoro da parte dei centri per l’impiego.

E qui salta all’occhio la lacuna più evidente: i centri per l’impiego, che in teoria dovrebbero rappresentare il punto d’incontro tra il mondo del lavoro e la platea dei disoccupati, sono ben lontani dall’essere delle macchine ben oliate. L’ex presidente dell’ANPAL (Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro), Maurizio Del Conte, che il governo in carica ha recentemente sostituito, ha dichiarato in un’intervista televisiva che i centri per l’impiego non sono in grado di gestire un tale carico di lavoro. Molti di essi, soprattutto nel sud Italia (dove risiede la maggioranza degli aventi diritto al reddito di cittadinanza, oltre che dei disoccupati in generale), sono dotati di computer vecchi, spesso rotti e privi di collegamento internet. Non esiste un database nazionale dei curriculum, che per lo più sono conservati ed archiviati in forma cartacea. Soltanto per digitalizzare questi ultimi occorrerebbe un lavoro di almeno due anni.

Infine, la figura del navigator nel momento in cui scrivo appare concreta quanto l’araba fenice. Fonti ufficiali annunciano che saranno assunti tra i seimila e i diecimila navigator entro il mese di maggio, ma non si sa ancora in che modo. Trattandosi di dipendenti pubblici (regionali, poiché i centri per l’impiego ricadono sotto la giurisdizione delle regioni), dovrebbero essere assunti mediante concorso, ma nessun bando è ancora stato pubblicato ed il tempo stringe. Alcuni dicono che saranno assunti a tempo determinato per due anni, che saranno selezionati tra i laureati, ma con competenze specifiche. Inoltre, prima di entrare in servizio dovranno attraversare anch’essi una fase di formazione. Tutto ciò dovrebbe avvenire tra marzo e aprile.

Senza di essi, anche se il reddito di cittadinanza venisse erogato già dal mese di aprile, come più volte annunciato, mancherebbe la componente fondamentale della ricerca di un lavoro. Il reddito di cittadinanza si ridurrebbe così, diversamente da quanto promesso in campagna elettorale, in un semplice sussidio di povertà temporaneo senza una reale prospettiva d’incentivo all’occupazione.

CARLO DELASSO