La musica di Luca Alemagna. Napoli, Venezia e America passando per Benevento In primo piano
Confesso che a leggere questa intervista, rilasciatami dal M° Luca Alemagna, mi sono commossa. Un incontro nato da un social, ascoltando la sua musica e rimanendone estasiata. Ondate di note che si sprigionano dal pianoforte con una potenza e con una levità inusitata. Luca è un ragazzo del Sud, che vive di musica e questa sua storia mi ha sempre incuriosita, ben sapendo quanto sia difficile inserirsi a pieno titolo in questo mondo e nel settore artistico in generale. Ma, soprattutto, perché nel corso delle nostre chiacchierate, mi ha parlato più di una volta dell’affetto che prova per la nostra Benevento, uno dei luoghi da lui incontrati nel corso della sua formazione. Ed è proprio su questo periodo che ho chiesto a Luca di soffermarsi un po’ di più in questa bella intervista, che ha anche lo scopo di fornire uno sprone ed un esempio ai giovani che vogliano intraprendere il faticoso mestiere della musica. L’occasione per chiedere a Luca di parlarci un po’ di sé e del suo brillante percorso professionale, è nato dal fatto che è stato recentemente in America, dove ha chiuso in bellezza il 2024, con un concerto di gran prestigio.
Lo scorso 6 dicembre 2024 hai tenuto un concerto pianistico all’Istituto Italiano di Cultura a New York. Vorrei che ci parlassi brevemente di questa esperienza e delle circostanze che ti hanno portato fin lì.
Nel 2020, nel periodo in cui tutto il mondo era in lockdown, avevo ovviamente molto tempo libero ed era oltremodo difficile far passare le giornate nell’attesa che quell’incubo finisse; studiavo, suonavo in casa condividendo la mia musica sui social, ma soprattutto leggevo molto. Un pomeriggio, sbirciando su Google, mi capitò di leggere un articolo che parlava dell’esodo di immigrazione che ci fu negli Stati Uniti soprattutto nel dopoguerra. In quegli anni ci furono soprattutto molti campani che lasciarono la loro terra in cerca di una vita migliore, e così, il primo punto di approdo in America avvenne a New York, a Mulberry Street, nella ormai famosa “Little Italy”. Con sogni e speranze, molti campani iniziarono una nuova vita portando con sé le loro tradizioni e soprattutto la loro musica; allo stesso tempo, queste stesse persone cominciarono a scoprire la bellezza delle intramontabili melodie americane. Così mi venne l’idea di fondere le due culture musicali e scrivere degli arrangiamenti sui brani più famosi della tradizione napoletana e americana, e nel settembre di quello stesso anno il mio programma “Napoli incontra New York” fu scelto per il Concerto finale del Festival Internazionale “Piano City Napoli”, la cui prima esecuzione avvenne per la prima volta all’interno del Castello Maschio Angioino. Infine, questo stesso progetto, nel 2024 è stato ascoltato da un produttore che l’ha proposto al Direttore dell’Istituto Italiano di New York, ed è dunque così che sono approdato in America, chiudendo finalmente il cerchio di un’idea cominciata stando seduto alla mia scrivania cinque anni fa.
Tu sei un ragazzo del Sud, da alcuni anni vivi in Veneto ed hai fatto una dura gavetta per raggiungere dei risultati professionali così elevati. Hai un curriculum eccellente, ma vorrei che raccontassi ai lettori come è cominciato il tuo percorso.
Ricordo esattamente il periodo della cosiddetta “gavetta”, e a tratti lo ricordo anche con un pizzico di malinconia, poiché in quegli anni ero un ragazzino pieno di sogni, sognavo ad occhi aperti mentre mi esercitavo al pianoforte, immaginandomi sui palchi a suonare per un pubblico lì seduto apposta per ascoltarmi, cosa che di fatto è avvenuta, e oggi da adulto mi commuove l’ingenuità e la purezza che si possiedono da adolescenti, quando si sognano certe cose. Non è stato semplice, non lo è per nessuno, e ancora oggi non lo è, poiché nella vita non ci sono punti d’arrivo, ma solo passi avanti. Tutto è cominciato così, mentre ero ancora uno studente, e con un’incisiva determinazione lavoravo e studiavo duramente ripetendo continuamente a me stesso che tutti quei sacrifici dovevano avere uno scopo, una finalità. Per un lungo periodo mi sono limitato all’insegnamento, cercando di trasmettere ai più piccoli tutta la mia passione, poi ho compreso che quel tipo di lavoro, seppur gratificante, non dava a me stesso la possibilità di esprimermi e far sentire agli altri ciò che mi porto dentro. Le difficoltà maggiori le ho incontrate soprattutto quando cercavo di inserirmi nel mondo del lavoro; in quelle circostanze ho dovuto dare fondo a tutte quelle che erano le mie capacità musicali, che hanno pur sempre dei limiti stilistici. Suonavo numerose volte gratuitamente, solo per farmi sentire, e serata dopo serata, concerto dopo concerto, accompagnamento dopo accompagnamento, sono finalmente giunto al punto di presentare le mie candidature e fare audizioni per agenzie artistiche e provini vari per essere scelto all’interno dei circuiti dei Festival pianistici. Non sempre le audizioni sono andate a buon fine, tuttavia non ho mai perso le speranze e con grande tenacia ho continuato a provarci, cercando allo stesso tempo di migliorare il “Luca pianista” con lo studio.
Oggi sei in Veneto, ma so che, dal punto di vista formativo, il tuo destino si è incrociato, seppur per brevissimo tempo, con la città di Benevento e con il suo prestigioso Conservatorio…
Da diversi anni sono entrato a pieno titolo tra i pianisti di una prestigiosa agenzia del nord Italia, e da qui la decisione di lasciare definitivamente il sud e di trasferirmi alle porte di Venezia. Attraverso questa agenzia nella quale tutt’oggi lavoro, ho potuto arricchire il mio curriculum artistico entrando come pianista intrattenitore all’interno di locations di fama internazionale, e questa ancora oggi è una di quelle esperienze formative che per me segnano una tappa importante nel mio percorso e che ricordo con maggiore piacere, ma tra le esperienze che ricordo con grande entusiasmo non posso certo tralasciare e dimenticare gli anni in cui sono stato uno studente del M° Marino Mercurio del Conservatorio di Benevento, al quale devo tanto, non solo sotto il profilo musicale, ma soprattutto umano, poiché la sua umanità e la sua sensibilità venivano fuori attraverso le note del pianoforte e attraverso ciò che mi insegnava sull’interpretazione dei grandi compositori di musica classica.
Visto che ti presentiamo ai lettori su una testata sannita, mi interesserebbe proprio che tu approfondissi con qualche dettaglio in più il periodo che ti ha portato a conoscere la realtà del Conservatorio di Benevento.
In quegli anni, sfortunatamente, a causa di problemi di natura personale ho dovuto abbandonare i corsi da studente interno del Conservatorio di Benevento, continuando a studiare e a formarmi privatamente col M° Marino Mercurio, e quindi sostenendo alcuni esami da privatista. Nel breve tempo in cui sono stato uno studente interno, ero iscritto al corso di Composizione e Direzione d’Orchestra nella classe del M° Girardi. Il Conservatorio in quegli anni era capitanato dall’allora Direttore M° Claudio Ciampa, un uomo il cui spirito artistico e la cui vitalità e voglia di fare era riuscito a creare un ambiente davvero interessante, dove si respirava davvero la musica! Venivo dalla realtà del Conservatorio di Salerno, in cui vivevo la vita accademica con distacco e troppa austerità, fin quando giunsi al punto di abbandonare tutto. A Benevento tutto era coinvolgente, emozionante, non ci si limitava alle lezioni e si faceva molta musica insieme agli altri studenti, erano numerose le attività musicali organizzate dal Direttore e ognuno aveva lo spazio e l’opportunità di potersi esprimere nei concerti di fine anno o in trasferta al di fuori delle mura della struttura. Non potrò mai dimenticare le lezioni di Lettura della Partitura nella classe della Maestra Adriana Accardo, ogni lezione finiva per diventare un dibattito in cui ci si scambiava opinioni sui grandi compositori e sui diversi stili interpretativi dei musicisti in attività nei grandi teatri del mondo; talvolta ci si incontrava con altri studenti nella classe della Maestra, e insieme a lei si discuteva di musica e soprattutto si faceva tanta musica. In generale, quella del Conservatorio di Benevento la ricordo come una magnifica realtà che con grande rammarico ho dovuto lasciare, ma credo che il piacevole e nostalgico ricordo di ogni minuto trascorso in quelle aule e in quei corridoi mi accompagnerà per il resto della mia vita.
Vorrei anche che ci raccontassi quali esperienze di lavoro ricordi con maggiore piacere.
Non posso dimenticare il già citato concerto all’interno del castello simbolo di Napoli, o di quando ho suonato nell’Orchestra Sinfonica Lucana o all’ombra delle guglie del Duomo di Milano e in una piazza gremita di gente nel centro storico di Palermo, fino alla recente esperienza in America. Ogni esperienza, ogni concerto, ogni serata musicale in cui mi limito a tenere compagnia alle persone con la mia musica, dalla più insignificante alla più importante, mi ha lasciato un ricordo incancellabile nel cuore, e questi ricordi sono il motore che ancora oggi mi spinge verso nuovi obiettivi, che hanno come unico scopo quello di comunicare agli altri attraverso la mia musica ciò che c’è nella mia testa e nel mio cuore. Circa un anno e mezzo fa, durante una delle mie semplici e comuni serate di intrattenimento in un hotel sulle Dolomiti, inaspettatamente sono stato ascoltato da un ospite che un istante dopo si è avvicinato per stringermi la mano, il Dott. Gianfranco Coccia, un artista visionario che con la sua inesauribile verve artistica, dopo alcuni mesi mi ha trascinato in sala di incisione permettendomi così di far nascere “Piano Soundtracks”, il mio lavoro discografico dedicato alle musiche da film. Sebbene il disco non scalerà mai le classifiche mondiali, mi commuove il pensiero che qualcosa di me resterà su questa terra quando me ne sarò andato, a testimonianza del mio passaggio, a testimonianza di quanto ho amato vivere e suonare per me stesso e per gli altri.
Cosa consiglia il M° Alemagna ai giovani che vogliano affermarsi in campo musicale?
Costanza, determinazione, l’audacia di spingere in avanti i propri sogni e la sensibilità che deve affiorare attraverso ogni singola esecuzione e che verrà senza dubbio trasmessa a chi ascolta, questo è sufficiente per emergere e affermarsi. Tutto questo dev’essere accompagnato anche dall’umiltà di riconoscere i propri limiti e sfidarli con lo studio, la consapevolezza che non si deve mai smettere di imparare, poiché in sette note è racchiuso un mondo senza confini; la capacità di pensare che la musica è un’arte che richiede grande rispetto, e per questa ragione bisogna trattare le pagine musicali meglio di come si tratterebbero i propri figli. Il desiderio di affermarsi richiede tanto coraggio, e soprattutto richiede uno spirito forte, in quanto può succedere talvolta che non sempre le cose girino come noi desidereremmo, ma questo non deve mai essere un motivo che inibisce il desiderio di affermarci come musicisti.
Ti farebbe piacere tornare a Benevento, magari come turista o magari per tenere un concerto pianistico?
All’ombra della piccola chiesetta di Santa Sofia ho lasciato un pezzo del mio cuore… là dove molto spesso mi sedevo per terra a fumare una sigaretta ascoltando Mozart con gli auricolari durante le pause tra una lezione e l’altra, là dove prendevano forma i miei pensieri e i miei sogni ad occhi aperti, là dove talvolta ho anche versato qualche lacrima quando ero sicuro di non essere visto da nessuno. In questo momento della mia vita e della mia carriera non so pensare a qualcosa che mi darebbe più gioia di un concerto nella città in cui resterà sempre una parte di me, ma se ciò non dovesse accadere, so già che Benevento sarà in futuro una tappa obbligata anche solo per fare una passeggiata, e sembra anche inutile precisare quanto mi batterà il cuore al mio passaggio nel piccolo vicoletto “Mario La Vipera”, fino a giungere davanti alla sagoma del Conservatorio “Nicola Sala”.
LUCIA GANGALE