La politica e la formazione dei giovani In primo piano

La conversazione è piacevole. Non ci s’incontrava da un po’ di tempo. Tanti gli  ideali in comune. L’impegno nel sindacato, la politica come passione, il lavoro nel sociale. Ci si poteva  non soffermare sull’attuale momento politico? Lui vecchio militante di sinistra. Chi scrive da sempre legato all’area cattolica. Una volta le ideologie ci avrebbero indotto al solito braccio di ferro. “Colpa della sinistra se le cose non vanno nel Paese”. Per converso la risposta sarebbe stata scontata: “Con Roma e San Pietro sono i cattolici  che paralizzano il mondo”. Cose del genere, alla Peppone e don Camillo usciti dalla penna dell’indimenticabile  Giovannino Guareschi. I tempi cambiano e la discussione si concentra sull’attuale momento politico. Nessun rimpianto per i tempi che furono, certo sconcerto per il modo con cui sono state confezionate le liste elettorali, su come vengono gestiti i partiti “personali”.

Sono credibili i sondaggi elettorali? La buona volontà dei sondaggisti c’è tutta ma l’elettore è diventato un soggetto strano in base alle logiche di un tempo che fu. Una volta quando entrava nella cabina elettorale aveva in testa due passaggi. Il primo, il simbolo del partito per cui votare, poi venivano i candidati. Oggi pare sia proprio l’inverso. L’uomo di destra, e viceversa, che non ha mai votato per la sinistra, se in lista trova un “soggetto di cui si fida”, perché lo conosce personalmente o per aver saputo delle sue qualità, è pronto a votarlo. E serve la “mediaticità” in base alla quale alcuni candidati sono stati scelti? Certo, ma fino ad un certo punto. I big ovviamente traggono vantaggio dall’esposizione mediatica. Non sempre però tutto fila liscio. A volte la  nausea da sovraesposizione fa scattare il rifiuto che si può trasformare in non voto. Anzi, anche in aperta campagna ostile per quel determinato big. L’antipatia e la simpatia vanno al di là dei programmi elettorali. Non è vero come qualcuno potrebbe sostenere che è stato sempre così. Una volta l’appartenenza ad uno schieramento politico attenuava le logiche empatiche, che comunque ci sono sempre state.

Non possono non preoccupare le ipotesi di astensione al voto. Pare che siano all’incirca 17 milioni gli italiani che potrebbero disertare i seggi il 4 marzo. Secondo alcuni sondaggi 13 milioni di elettori sono determinati a non andare alle urne. Quattro milioni, invece, potrebbero cambiare idea di astenersi all’ultimo momento. Non ci si deve meravigliare che tra i dati di non partecipazione al voto tanti, ma proprio tanti, sono giovani. Il tema è spesso sottovalutato. Torna in campo nelle tornate elettorali la disaffezione dei giovani alla politica, nell’ottica però della non partecipazione al voto. Il problema invece è come interessare le giovani leve a confrontarsi ed apprezzare la politica  se è vero, e lo è, come sosteneva alla fine dell’800 lo scrittore e aforista francese Jules Renard, che “non mi occupo di politica, è come dire non mi occupo della vita”.

I giornalisti, e non solo, ogni anno devono frequentare un certo numero di corsi di “aggiornamento” per mettersi al passo con i tempi. Per essere sempre informati, anche sulle materie più varie, compresa la politica. Potrebbe essere interessante, ed estremamente utile, se la scuola, ma anche centri culturali e via dicendo organizzassero corsi di formazione per avvicinare i giovani alla politica, ma non nell’ottica di parte, ma nella visione che non possiamo non occuparci della politica senza trascurare la costruzione della nostra vita. I corsi potrebbero prevedere anche dei “crediti” formativi.  

Il ritornello che spesso sentiamo ripetere che i “giovani non hanno interesse per la politica”, come una colpa grave a loro carico, andrebbe rimodulato. Bisognerebbe aggiungere la frase “… perché non sono incentivati a capirla”. Insomma, troppo comodo addossare a loro responsabilità che non hanno.

La professoressa  Franca Di Blasio, insegnante di Italiano sfregiata con un coltello da un  suo alunno, ripete dal letto dell’ospedale dov’è ricoverata: “forse abbiamo fallito”. Non addossa colpe al suo aggressore. Non lo chiama delinquente o cose simili. Non si sente una “martire”, ma una docente che non è riuscita a fare al meglio il suo lavoro. Per il disinteresse dei giovani verso la politica noi tutti “abbiamo fallito”. E’ una triste realtà che può essere ribaltata.

ELIA FIORILLO