Lettera a Francesco Rettore. L'amico di una vita In primo piano

Caro Francesco,

tu, che mi conosci bene, sai che quando il mare è in burrasca cerco di afferrare il salvagente.

Spesso sei stato il mio salvagente ed hai evitato che annegassi negli affanni della vita, ma quando ci hai lasciato, e non ci sono state più lacrime da versare, mi sono dovuto aggrappare a quello dei ricordi.

Non quelli della serata insieme al pub, qualche mese fa, o della telefonata in cui, con voce squillante, hai cercato di tranquillizzarmi.

No, il ricordo che emerge nella mente, nitido come una fotografia colorata e colorita, è un altro. Sono sicuro che è anche il tuo.

Pienza. Davanti al casolare immerso in quello spicchio di Paradiso che è la campagna senese siamo seduti su di un muretto a parlare.

Ripercorriamo episodi della nostra gioventù, che ci siamo raccontati mille volte, e ridiamo di gusto sempre allo stesso punto della narrazione di scherzi perfidi o di situazioni imbarazzanti.

I figli sono alla scoperta della campagna, finalmente liberi dopo l’interminabile viaggio in auto, e le mogli indaffarate all’interno della casa.

Dalla strada sterrata che conduce alla magione vacanziera vediamo sollevarsi una scia di polvere, color terra di Siena, lasciata dall’auto che viene verso di noi; un fumo che taglia in due il mare verde per disperdersi nell’azzurro.

Dall’auto scende Fiorenzo, proprietario del casolare e titolare di una bella azienda agricola, con quattro bottiglie di vino rosso ed altri prodotti. Si avvicina e dice: “Ho pensato che vi avrebbe fatto piacere. Assaggiate, domani porto gli altri prodotti e l’altro vino”.

Sorpresi per l’inaspettato regalo, lo ringraziamo declinando però l’ulteriore invito alcolico. Fiorenzo se ne va, invitandoci il giorno dopo a fare un giro in azienda con i figli, che porterà sul suo trattore.

Quando l’auto scompare fra le curve della strada, ci guardiamo e scoppiamo in una fragorosa risata. Quattro bottiglie di generoso vino rosso per una serata ci sembra un invito ad affogare … nelle braccia di Morfeo, tenuto conto che i bambini e mia moglie non bevono e Mariagusta al massimo ne avrebbe assaggiato un po’.

Poi, come d’incanto, non parliamo e restiamo in religioso silenzio ad ammirare il sole accarezzare le colline fino a scomparire.

All’imbrunire entriamo in casa a goderci le gioie della famiglia, la nostra indissolubile amicizia e un buon bicchiere (anche, due o tre) di vino.

E’ così che voglio ricordarti. Vero, sincero, affettuoso, coraggioso, robusto, come il vino rosso di Fiorenzo.

Sono sicuro che ci ritroveremo seduti sul quel muretto a stonare la poesia di un nostro illustre collega …..

E tramonta questo giorno in arancione

e si gonfia di ricordi che non sai

mi piace restar qui sullo stradone

impolverato se tu vuoi andare …vai”