L'orgoglio di essere Benevento In primo piano

Nell’esprimere soddisfazione per le coinvolgenti esibizioni canore il sindaco, secondo una usanza che lo gratifica, ha voluto darsi una assoluzione piena con una affermazione suicida. Benevento - ha detto - è sembrata una città del Nord. Tanto per l’effetto degli abeti portatori di lucette.

Non entriamo nel merito. Ci permettiamo di affermare, solamente, che Benevento non ha bisogno di assomigliare a nessuna città del Nord. E neanche del Centro e del Sud. Benevento è Benevento, punto a basta.

Gustavo Adolfo di Svezia, il re archeologo ci veniva ogni anno. Napoleone, quando la tolse al Papa, per lei ripristinò il titolo di Principato (affidandone l’onore di portarlo a un tal Charles Maurice di Talleyrand di Perigord, il quale aggiunse il titolo di I Principe di Benevento). Al Congresso di Vienna del 1815 si discuteva di Benevento, riportata al Papa. La storia dell’umanità deve fare i conti con qualche piccolo episodio vissuto a Benevento, che so le Forche Caudine, la vittoria di Pirro, il ruolo strategico per l’Impero Romano che costruì la Via Appia e la Via Traiana per collegare la capitale ai porti dell’Adriatico, indispensabile collegamento con la civiltà greca.

A Benevento ha preso piede una delle culle del cristianesimo, con una Arcidiocesi che rivaleggiò con Milano per la produzione di musica sacra e si ampliò fino a toccare Monte Sant’Angelo con la bellezza di 22 diocesi suffraganee.

Si parla tanto dell’isolamento di Benevento durante il periodo della sua appartenenza al Papato, ma un motivo ci sarà se il Papa Re teneva tanto a questa pertinenza.

Benevento non fu peraltro solo strade, ponti, chiese, mulini, calcare e feracità del suolo. Oggi si direbbe che fece nascere, coltivò e attrasse un capitale umano di prim’ordine. Pur travolta da guerre, terremoti, inondazioni e pestilenze, seppe rialzarsi mantenendo un profilo che si meritò l’ammirazione di sapienti.

Benevento, caro sindaco, non deve assomigliare a nessuno. Benevento deve essere solamente sé stessa. E sarebbe compito di chi la vive e amministra di non dimenticare mai questo basilare punto di partenza.

Benevento possiede cose che stanno solo qua, testimonianze irripetibili che attraggono studiosi (ultimo esempio quello del professor Kelly per lo studio della scrittura musicale beneventana, antecedente Guido d'Arezzo). Ma i tedeschi sanno che la scrittura beneventana ha uno stile preciso e solenne che, ecco, loro potrebbero dire che la loro grafia è così bella che “somiglia a quella di una città chiamata Benevento”.

E’ su questa straordinaria identità che gli uomini del nostro tempo devono lavorare, affinché l’indispensabile apporto della modernità valga a valorizzare ed evidenziare la peculiarità di una stratificazione di secoli di storia.

Benevento non deve assomigliare a nient’altro che a sé stessa. Ecco perché (in contrasto anche con giudizi diversi apparsi su questo giornale) gli abeti natalizi che hanno chiuso alla vista le architetture del Corso Garibaldi, con gli inserti di reperti di preesistenti edifici, mi hanno indotto a scrivere quel che ho scritto nell’Appunto al volo sullo scorso numero del giornale.

Le toccherà in sorte di inaugurare opere pubbliche fantasiose e slegate a questo mio discorso. Appena potrà, però, riconsideri, nella sua sensibilità culturale, il terribile destino che la sorte le affida.

Quello di mettersi al servizio di una città straordinaria e di esserne orgoglioso.

MARIO PEDICINI

Nella foto di Realtà Sannita il Serralium. Antico quartiere ebraico di Benevento